La stanza del figlio

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Liscio in superficie, ma straripante di ricchezze. Valutazione 4 stelle su cinque

di Great Steven


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lunedì 31 ottobre 2016

 LA STANZA DEL FIGLIO (IT, 2001) di NANNI MORETTI. Con NANNI MORETTI, LAURA MORANTE, GIUSEPPE SANFELICE, JASMINE TRINCA, STEFANO ACCORSI, SILVIO ORLANDO, TONI BERTORELLI, CLAUDIO SANTAMARIA, SOFIA VIGLIAR, RENATO SCARPA, ROBERTO NOBILE, DARIO CANTARELLI, ROBERTO DE FRANCESCO, STEFANO ABBATI

Giovanni è uno psicanalista cinquantenne molto stimato nella sua professione e felicemente sposato con Paola, che gestisce una casa editrice. Insieme hanno avuto due figli, che ora sono adolescenti: Irene, appassionata di pallacanestro, e Andrea, fra i cui interessi si annoverano i fossili e il mare. La vita famigliare trascorre serena e tranquilla, e si mostra in una perfezione idilliaca grazie all’armonia che vi regna, ai pasti consumati insieme con gaiezza e al clima favorevole che arreca beneficio a tutti i suoi membri. Finché non accade l’inatteso: una domenica mattina Giovanni vorrebbe che Andrea venisse con lui a fare jogging, e il ragazzo inizialmente rinuncia all’immersione che aveva in programma per quel giorno, ma all’improvviso il dottore riceve una telefonata da un suo paziente in cattive condizioni e deve annullare la corsa, così Andrea va ad immergersi presso una grotta sottomarina e muore in seguito ad un banale incidente con le bombolette d’ossigeno. Il dolore che colpisce il padre, la madre e la sorella è immenso. Ognuno dovrà fare i conti con le proprie responsabilità, e le sofferenze metteranno a dura prova anche gli affetti più radicati e profondi. Perfino sul lavoro, Giovanni si accorge di non avere più quella prestanza e quell’attenzione che riusciva ad applicare con tanto savoir-faire in precedenza. Finché non compare Arianna, una ragazza coetanea di Andrea che il figlio scomparso aveva conosciuto anni prima in un campeggio: per la famiglia, sembra rispuntare un barlume di speranza in cui nessuno aveva dapprima investito. Accompagnando lei e il fidanzato girovago ad una fermata d’autobus in Liguria, la famiglia si affezionerà a questi due giovanissimi sconosciuti e, camminando sul litorale genovese mentre il loro autobus diretto in Francia si allontana, otterrà lo scopo di ricominciare un’esistenza all’insegna dell’ottimismo e a dimenticare un passato doloroso. Vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes 2001, a ben ventitré anni di distanza dall’ultimo successo italiano (L’albero degli zoccoli) alla kermesse cinematografica francese, insieme al Gran Premio Speciale della Giuria. Film che pone al proprio centro la storia di una famiglia, devastata dalla morte inaspettata e lancinante del suo componente più giovane, rievocato soprattutto attraverso la memoria dei bei momenti passati insieme, le emozioni positive convissute e anche le occasioni perdute, più che armonizzato mediante una recitazione non articolata in flashback e continui riferimenti al passato. Moretti ha raggiunto una maturità artistica che dà i suoi frutti nella contrapposizione narrativa fra la rappresentazione della disperazione e il racconto accorato della desolazione che permea tutti i rapporti umani basati sull’amore, sulla simpatia, sull’amicizia e sul mutuo scambio di sensazioni e sentimenti, trovando un punto d’appoggio nella mano soffice con cui l’attore-regista affronta la descrizione di un mondo in apparenza paradisiaco e incontaminabile, ma a conti fatti assai distruttibile anche con una determinata facilità e rendibile oscuro, deplorevole, deludente e inquietante da un qualsivoglia evento luttuoso. Un mondo popolato di sindromi, disturbi e malattie e da quelle persone (specialmente i pazienti di Giovanni) che ne sono affetti, e ne soffrono giorno dopo giorno senza trovare una via di scampo se non quella di agguantare evasivamente un appiglio evanescente che li illuda di aver afferrato una serenità interiore, magari pervasiva sulle prime, ma pronta a svanire nel nulla al primo fuoco incrociato di ritorno del male che li divora e sgranocchia da dentro. Ottimi i metodi psicologici usati dagli sceneggiatori (lo stesso regista coadiuvato da Linda Ferri e Heidrun Schleef) per non cadere nella banalità nella narrazione di un dolore collettivo che diventa anche ricerca della felicità, desiderio speranzoso di identificarsi con i genitori (visti come modelli), cammino intrapreso sulla strada della piena realizzazione personale e percorso imboccato in virtù dei valori intrinseci e delle ambizioni che si son sempre posti come faro illuminante dall’inizio al termine di una passione ben coltivata. Numerosi i riferimenti letterari, filmici e artistici in generale che nel film si annidano come bolle di una schiuma in una vasca ricolma, fra cui la poesia Le dita del piede di Raymond Carver, ma ci sono collegamenti, a detta di alcuni recensori dell’opera, anche col cinema di Krzysztof Kieslowski e Don Siegel. Di pregevole levatura le parti dei comprimari, fra cui un introverso S. Orlando, uno S. Accorsi preda di impulsi sessuali incontrollati, un giovanissimo C. Santamaria nei panni del commesso del negozio di articoli acquatici e R. Scarpa nel ruolo del preside che comunica al padre psicanalista del furto avvenuto nel laboratorio di scienze. Tutt’altro che pesante, anzi istruttivo ed educativo a piene mani, insegna molto anche al pubblico degli adulti, e rappresenta una pellicola formativa di considerevole spessore che va esaminata ed apprezzata anche per mezzo del veicolo che adopera per giungere al cuore degli spettatori: evita, in altre parole, di asciugarne gli occhi, ma di riempirli di lacrime per invogliare al cambiamento, per spingere a non guardare indietro e incentivare al superamento costruttivo delle sofferenze che arricchiscono un animo, anziché impoverirlo e svuotarlo di significati. 

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