paolo ciarpaglini
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domenica 27 gennaio 2008
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fino a prova contraria.
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Il Clint Eastwood scoperto da Sergio Leone ne ha fatta di strada e molta. Abbandonate le vesti western che lo hanno reso celebre ormai 35 lustri or sono, vere pietre miliari del genere. Lasciatosi alle spalle anche il commerciale, ma credibilissimo anti-eroe Callaghan ed alcune pellicole di basso spessore (eccezion fatta per 'Una calibro 20 per lo specialista'), sembra aver tirato fuori da un cappello magico o dai suoi anni, qualcosa di insospettabile. Dietro al 'Monco' fine anni '60, non c'era infatti solo la maestria del più grande regista italiano, ma anche un'attore con tante, tante cose da 'dire'. Divenuto anche regista Eastwood, ha infatti sfornato nell'ultima decina di anni alcuni frà i più bei film del panorama cinematografico.
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Il Clint Eastwood scoperto da Sergio Leone ne ha fatta di strada e molta. Abbandonate le vesti western che lo hanno reso celebre ormai 35 lustri or sono, vere pietre miliari del genere. Lasciatosi alle spalle anche il commerciale, ma credibilissimo anti-eroe Callaghan ed alcune pellicole di basso spessore (eccezion fatta per 'Una calibro 20 per lo specialista'), sembra aver tirato fuori da un cappello magico o dai suoi anni, qualcosa di insospettabile. Dietro al 'Monco' fine anni '60, non c'era infatti solo la maestria del più grande regista italiano, ma anche un'attore con tante, tante cose da 'dire'. Divenuto anche regista Eastwood, ha infatti sfornato nell'ultima decina di anni alcuni frà i più bei film del panorama cinematografico. Titoli come 'I ponti di Madison County' e 'Potere assoluto' sono infatti solo due di una nutrita schiera di pellicole indimenticabili, 'impegnate'. Questo, è la storia di un giornalista che dopo aver 'toppato' malamente, si è defilato, completamente perso. Trasmigrato in California, si ritroverà per le mani un'articolo da redarre in poco più di 12 ore. La giornalista incaricata del caso infatti, sua amica, muore in un'incidente stradale. Solo pochi minuti dopo averlo lasciato ad un bar e rifiutate, le gentili avance. La redazione del giornale lo assolda per occuparsi dell'intervista ad un'uomo di colore, che attende nella prigione di San Quentino l'esecuzione entro la mezzanotte. Ma Steve Everett(Eastwood) andrà ben oltre il mero colloquio. Nei 15 minuti infatti concessi, chiede al condannato (un grande Isaiach Wasingthon) se è veramente colpevole. Dalle fretolose indagini svolte infatti, è emerso un particolare. Sul luogo dove sei anni prima l'uomo, a detta dei due testimoni aveva sparato ed uccidendo la giovane cassiera, trova traccia di un'espositore rimosso in seguito. Comprende quindi la testimonianza del principale test d'accusa è falsa. L'uomo infatti 'un bianco', afferma di averlo visto accanto alla donna con una pistola in mano 'abbassata lungo il fianco. Ciò non può essere verità, poichè l'espositore di 'patatine' ne impediva la visuale. Il 'suo naso' (come lui dice), questa volta non sbaglia e dopo un'improbabile quanto rocambolesca corsa contro il tempo, riuscirà a fermare l'esecuzione appena in tempo. Film a sfondo razziale nonchè di forte denuncia, contro la pena capitale. Struggente finale sulle note preferite da Eastwood (grande amante del jazz) sulla voce di Diana Krall. Notevole lavoro, che seppur attraverso un'apparente 'semplicità', rivela tutto il talento registico di Eastwood. Nonchè un'animo combattuto frà solitudine, senso di giustizia ed una dolcezza insospettabile. Da vedere, assolutamente.
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cinemalife
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sabato 27 agosto 2011
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un film semplice ma perfetto
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Clint Eastwood torna a dirigersi in un film che lo vede questa volta nei panni di Steve Everett, un intelligente reporter che, in seguito alla prematura morte di una sua collega, ne assume le redini del caso alla quale la donna stava lavorando. Per un uomo di colore, ingiustamente condannato all’iniezione letale sei anni prima per l’omicidio di una cassiera in un negozio, è giunta l’ora della morte. Ma per Steve egli è innocente e inizia così una corsa contro il tempo per trovare una prova che lo scagioni.
Eastwood si conferma nuovamente un attore di grande spessore, capace di adattarsi agli più svariati generi cinematografici. La regia è lineare, scorrevole, mai pesante, ciò che caratterizzerà le sue pellicole nel successivo decennio.
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gianleo67
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giovedì 27 settembre 2012
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il quarto potere...secondo eastwood
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Cronista maturo e fedifrago dal fiuto infallibile e con trascorsi da alcolista, sostituendo una giovane e bella collega rimasta tragicamente uccisa in un incidente d'auto, deve intervistare un ragazzo nero condannato a morte nel giorno fissato per l'esecuzione. Diversi indizi lo convincono dell'innocenza del ragazzo: sarà una lotta contro il tempo e contro i suoi superiori per scagionarlo e fermare la mano del boia. Dramma carcerario che Eastwood costruisce con spiccato senso dell'azione e cinica riflessione etica sui meccanismi della giustizia americana, tra gli spunti di un cinema dinamico alla Don Siegel e l'impegno civile della tradizione liberal ma tenendo sempre salda la mano su di un timone che vira su istanze di solidità narrativa e sicuro impatto spettacolare.
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Cronista maturo e fedifrago dal fiuto infallibile e con trascorsi da alcolista, sostituendo una giovane e bella collega rimasta tragicamente uccisa in un incidente d'auto, deve intervistare un ragazzo nero condannato a morte nel giorno fissato per l'esecuzione. Diversi indizi lo convincono dell'innocenza del ragazzo: sarà una lotta contro il tempo e contro i suoi superiori per scagionarlo e fermare la mano del boia. Dramma carcerario che Eastwood costruisce con spiccato senso dell'azione e cinica riflessione etica sui meccanismi della giustizia americana, tra gli spunti di un cinema dinamico alla Don Siegel e l'impegno civile della tradizione liberal ma tenendo sempre salda la mano su di un timone che vira su istanze di solidità narrativa e sicuro impatto spettacolare. Maestro indiscusso di un cinema pragmatico e politicamente scorretto, l'autore imbastisce il tragico sviluppo di una vicenda esemplare dove il caso (la morte della giovane collega) e la necessità (gli imperativi etici di un professionista dell'informazione) sono il motore dinamico di un meccanismo narrativo che viene abilmente condotto alle sue inevitabili conseguenze e dove anche l'happy end non appare del tutto scontato e prevedibile. Le due tematiche portanti del film, tra la denuncia del sistema giudiziario americano (classista e razzista) e la anarchica libertà dei mezzi di informazione (il meccanismo di compensazione di una stampa libera e indipendente: principio inalienabile sancito dal 'quinto emendamento'),si sviluppano e intersecano nel parallelo ideale delle vicende di due reietti (entrambi con moglie e figlioletta al seguito): un meccanico nero ingiustamente accusato di omicidio in una società di bianchi ed un giornalista bianco 'non allineato' in un ambiente di gretti scribacchini di vacue amenità. Registro misurato sugli standard coerenti di un cinico sarcasmo che ne rappresenta il marchio di fabbrica, il vetusto'texano dagli occhi di ghiaccio' carica su si sè forse un eccesso di vizi e di virtù che non di rado lo rendono irritante e irriducibile fustigatore della società americana (il testimone inattendibile di esecrabile moralità, i carcierieri burloni che scaricano la tensione da 'miglio verde' con infantili pantomime e barzellette da caserma, il redattore capo cornuto e frustrato ma dall'impeccabile aplomb, il direttore del giornale esaltato pazzoide cioccolato-dipendente).A livello tecnico si rivela efficace la descrizione claustrofobica dell'abiente carcerario con l'uso del controcampo attraverso le sbarre della cella del condannato a morte e l'accurata ricostruzione dell'assurdo rituale che precede l'esecuzione capitale. A parte qualche raro eccesso melodrammatico è un film efficace e avvincente di uno dei pochi autori americani della vecchia guardia che non ostante la veneranda età riesce ancora a restare saldamente sulla breccia. Inossidabile.
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dounia
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domenica 21 agosto 2011
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verità, giustizia
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Il film racconta la storia di un giovane nero della California che viene condannato a morte e rinchiuso in carcere per avere ucciso la commessa di un negozio. Presenta la scena di quando lui entra, si salutano in modo amichevole, si assenta per alcuni minuti e nel frattempo piomba nel negozio una persona che deruba, uccide la donna e poi scappa. Lui riappare, la vede ridotta in condizioni a cui non crede e cerca di rianimarla. Arriva un uomo che vuole acquistare qualcosa, osserva l'accaduto e deduce che il colpevole del fatto è lui. Il giovane nero viene così accusato ingiustamente di furto e omicidio, e trascorre gli ultimi giorni della sua vita tra la tristezza della moglie che non si rassegna e lo va trovare con la loro bambina, e la sua visione dell'ingiustizia he gli è accaduta: essere condannato a morte senza avere commesso nessun reato.
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Il film racconta la storia di un giovane nero della California che viene condannato a morte e rinchiuso in carcere per avere ucciso la commessa di un negozio. Presenta la scena di quando lui entra, si salutano in modo amichevole, si assenta per alcuni minuti e nel frattempo piomba nel negozio una persona che deruba, uccide la donna e poi scappa. Lui riappare, la vede ridotta in condizioni a cui non crede e cerca di rianimarla. Arriva un uomo che vuole acquistare qualcosa, osserva l'accaduto e deduce che il colpevole del fatto è lui. Il giovane nero viene così accusato ingiustamente di furto e omicidio, e trascorre gli ultimi giorni della sua vita tra la tristezza della moglie che non si rassegna e lo va trovare con la loro bambina, e la sua visione dell'ingiustizia he gli è accaduta: essere condannato a morte senza avere commesso nessun reato. Clint Eastwood fa la parte dell'uomo incapace di essere il "bravo marito", alla moglie, da questo punto di vista, le sembra una "frana". Un giorno riporta a casa la loro bambina che gli affida, in pessime condizioni, perché è prima caduta dal passeggino e gli urla che non vuole più rivederlo. Lo spettatore vede così due famiglie opposte: quella del cronista che si sfascia e quella del giovane "nero" che diventa più unita. Il film è uno dei minori di Clint Eastwood, ma nonostante questo, lui vuole mettere in rilievo la sua contrarietà alla condanna a morte e al razzismo che sono fattori importanti da considerare nella società odierna. L'essere umano deve tenere presente che la sua libertà è segnata da questi due elementi e non può considerarli relativi, come invece si rivela. Ciò si nota nel film anche nei momenti trascorsi dai due uomini con le loro famiglie. Il lato positivo deve esserci anche per le persone nere. Clint Eastwood sembra dire: è giusto risolvere i problemi ai neri e ... attenzione ad accusare il prossimo!
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enzo70
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lunedì 12 ottobre 2015
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un canto contro la pena di morte
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Fino a prova contraria è un passaggio fondamentale nell’ambito del lungo viaggio che Clint Eastwood sta conducendo al cuore degli Stati Uniti. Il tema di fondo di questo film è la giustizia, nella declinazione statunitense, divisa tra le istanze populiste che legittimano la pena di morte, a maggior ragione se il condannato è nero, e la ricerca della verità. E Steve Everett, un cronista alcolizzato, prosegue con ostinazione sul percorso di libertà del pensiero tracciato da De Tocqueville, fino a prova contraria la presunzione di innocenza, anche se la gente vuole il mostro, anche se il mostro è stato additato come colpevole alla giuria da un contabile.
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Fino a prova contraria è un passaggio fondamentale nell’ambito del lungo viaggio che Clint Eastwood sta conducendo al cuore degli Stati Uniti. Il tema di fondo di questo film è la giustizia, nella declinazione statunitense, divisa tra le istanze populiste che legittimano la pena di morte, a maggior ragione se il condannato è nero, e la ricerca della verità. E Steve Everett, un cronista alcolizzato, prosegue con ostinazione sul percorso di libertà del pensiero tracciato da De Tocqueville, fino a prova contraria la presunzione di innocenza, anche se la gente vuole il mostro, anche se il mostro è stato additato come colpevole alla giuria da un contabile. Il mestiere di Clint si associa all’attualità del tema, ne esce un film avvincente, un thriller, ma pieno di contenuti. Per fare cultura si può usare un approccio elitario o partecipare al rodeo, Clint sceglie la seconda strada e lo fa con coerenza. E fino a prova contraria è l’ennesima conferma del percorso che Eastwood ha ben intrapreso da quando ha preso in mano la telecamera.
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elgatoloco
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lunedì 12 ottobre 2020
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the great clint
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"True Crime"(Clint Eastwood, 1999, dal romanzo"Before Midnight", sceneggiatura realizzata a più mani)è uno dei film-chiave, purtroppo spesso"bypassato"di Clint Eastwood. Oltre il romanzo(che non conosco)è un thriller esistenziale, volendo definirlo: un giornalista uscito in gran parte dalla dipendenza etilica, alla ricerca di sé, realizza, per"intuizione"uno"scoop"sulla supposta innocenza di un giovane negro condannato a morte: il giovane, che ha vari precedenti penali, risulta però innocente , a quanto il reporter può supporre, ma naturalmente la"prova provata"sembra non esserci, almeno per gran parte del fi,m, per cui si procede, appunto, inmtuitivamente o meglio"abudttivamente(Ginzburg-Eco, studiando Sherlock Holmes), ossia con indizi che rimandano sia a deduzioni sia a induzioni.
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"True Crime"(Clint Eastwood, 1999, dal romanzo"Before Midnight", sceneggiatura realizzata a più mani)è uno dei film-chiave, purtroppo spesso"bypassato"di Clint Eastwood. Oltre il romanzo(che non conosco)è un thriller esistenziale, volendo definirlo: un giornalista uscito in gran parte dalla dipendenza etilica, alla ricerca di sé, realizza, per"intuizione"uno"scoop"sulla supposta innocenza di un giovane negro condannato a morte: il giovane, che ha vari precedenti penali, risulta però innocente , a quanto il reporter può supporre, ma naturalmente la"prova provata"sembra non esserci, almeno per gran parte del fi,m, per cui si procede, appunto, inmtuitivamente o meglio"abudttivamente(Ginzburg-Eco, studiando Sherlock Holmes), ossia con indizi che rimandano sia a deduzioni sia a induzioni. Grande supsense, ma anche considerazioni esistenziali assolutamente priva di retorica verbalistica o di retorica di qualunque genere. UN film"secco", stile Clint, di granddissima umanità, però, dove anche la tematica ernica(non diremo certo "di razza"!)e quella della pena di morte, con tutto il"corteggio"di vistiatori/spettatori viene trattata, in mdo assolutamente anti e a.convenzionale. Film aspro, duro, dalla tematica che per quacuno(a) potrà essere"respingente", "True Crime"vede Eastwood impeganto anche quale protagnista, ma anche cointerrprti come Isaiah Washington, di altissimo livello, per non dire di James Woods, che è il direttore del gionrale, spesso in contrastro con il suo"Problematico-genaile"reporter. Inutile(direi)aggiungere che il film è anche una potente rifleissione filmica sul sistema dei media negli States(ma ormai non solo)in particolare rispetto ad eventi particolamente "brucianti"come questo. Da segnalare , dunque, da vari punti di vista, dispiace che il film, forse meno"appariscente"di altri dlelo stesso Clint, venga proposto e ri-proposto raramente, rispetto appunto ad altrii, quando invece le sue tematiche sono tra quella che"toccano"maggiormente sia l'opinione pubblica(certo manipolata ma anche "pluralisticamente"divisa)sia il sistema dei potere nella realtà più complessa, soprattutto per standards europei, quale quella degli S tates, appunto. Rivedendo il film si capisce, inutile dirlo, di più, rispetto a una sola visione sia complessivamente, appunto, El Gato
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giomo891
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martedì 20 settembre 2022
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clint reporter salva un innocente. giomo891
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Nel carcere di San Quentin (California), il giovane nero Frank (Washington Isahia) deve essere giustiziato un minuto dopo la mezzanotte per l'omicidio di una commessa bianca. Vecchio cronista di "nera" in chiusura di carriera all'"Oakland Tribune", sobrio come un ex alcolizzato, fumatore, marito infedele, padre assente, puttaniere, Steve Everett (Eastwood) ha dodici ore di tempo per trovare la prova della sua innocenza. Da una calibratissima sceneggiatura di Larry Gross, Paul Brickman e Stephen Schiff, adattamento del romanzo The crime di Andrew Klavan, Eastwood - al suo 21° film di regista-produttore (Malpaso) - ha cavato un thriller a orologeria che soltanto critici e spettatori che guardano il dito invece che la luna hanno giudicato meccanico, effettistico, sentimentalmente demagogico.
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Nel carcere di San Quentin (California), il giovane nero Frank (Washington Isahia) deve essere giustiziato un minuto dopo la mezzanotte per l'omicidio di una commessa bianca. Vecchio cronista di "nera" in chiusura di carriera all'"Oakland Tribune", sobrio come un ex alcolizzato, fumatore, marito infedele, padre assente, puttaniere, Steve Everett (Eastwood) ha dodici ore di tempo per trovare la prova della sua innocenza. Da una calibratissima sceneggiatura di Larry Gross, Paul Brickman e Stephen Schiff, adattamento del romanzo The crime di Andrew Klavan, Eastwood - al suo 21° film di regista-produttore (Malpaso) - ha cavato un thriller a orologeria che soltanto critici e spettatori che guardano il dito invece che la luna hanno giudicato meccanico, effettistico, sentimentalmente demagogico. Oltre a divertirsi con il suo antieroico giornalista, politicamente scorretto a 360 gradi, e con i dialoghi scoppiettanti di irriverenza, gli altri apprezzano l'irridente lucidità con cui, senza mai salire sul pulpito, smonta la logica del sistema giudiziario USA, la macchina disumana della pena di morte, il latente razzismo della maggioranza silenziosa...
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