L'ultima profezia

Un b-movie con 4 sequel (sebbene gl'ultimi due DTH [direct-to-home(video)]) è di diritto un classico nel proprio genere. Ma per spiegarne il successo da cult quasi negletto non è sufficiente appellarsi all'ottimo cast in cui sono presenti Mortensen nel ruolo di Lucifer e Walken maudit già di suo. Vi si respira un'atmosfera inusuale: la saga è durata un decennio, dal '95 al 2005, non un decennio qualunque, bensì straripante d'aspettative, attese, per l'appunto profezie più o meno apocalittiche. La forza del plot seriale risiede in un'idea che vive e sopravvive anche privandosi degl'attori di spicco, usciti di scena dopo la trilogia d'inizio, e addirittura svilendo regia, fotografia, scenografia, sonoro, ecc. Nudo e crudo, rimane il fascino del concetto alla base: una seconda guerra celeste però stavolta fra angeli tutti ribelli, accomunati da un'ineditamente corale insurrezione contro Dio. Nessuno vuole essergli ancora servo e così Armageddon assume le sembianze d'una battaglia per architettare l'inferno peggiore. Quello classico infatti s'è annacquato, frequentando gl'esseri umani Lucifero ha smesso di distinguere bianco e nero con manicheistico nitore e adesso crede in infinite tonalità di grigio. Un satana postmoderno, detto altrimenti, che le restanti entità soprannaturali vogliono destituire pur di ripristinare i fasti dell'antico rigido dualismo. È una demonologia che parla dell'odierna antropologia: il male non ha limiti, ci siamo abituati a questo e forse conviene tenercelo stretto, non si sa mai. Il futuro spogliato d'ogni speranza e diventato esclusivo ricettacolo di paure fobiche, incubi angosciosi, ansie terrorizzanti.