JFK - Un caso ancora aperto

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Un film di Oliver Stone. Con Kevin Costner, Tommy Lee Jones, Edward Asner, Walter Matthau, Sally Kirkland.
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Titolo originale JFK. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 189 min. - USA 1991. MYMONETRO JFK - Un caso ancora aperto * * * 1/2 - valutazione media: 3,92 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Film impegnativo su un mistero ancora cocente Valutazione 4 stelle su cinque

di Tony Montana


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domenica 14 novembre 2010

Il 22 novembre 1963, il presidente John Fitzgerald Kennedy viene assassinato a Dallas in diretta televisiva.I mandanti dell’omicidio non sono mai stati scoperti, ma riguardo l’esecutore, tutte le prove conducono alla colpevolezza di Lee Harvey Oswald. Il procuratore distrettuale Jim Garrison farà di tutto per scoprire la verità…

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 Con questo film non intendo affatto dire: "guardate qui, le cose sono andate esattamente così come descritte". Mi sono, invece, soltanto limitato ad ipotizzare una ricostruzione dei fatti come avrebbe fatto un buon detective, tutto qui" »
Oliver Stone
 
Le intenzioni di Oliver Stone nel realizzare JFK – Un caso ancora aperto appaiono piuttosto chiare da subito: spiegare l’importanza storica e l’operato di Kennedy ma, soprattutto, dimostrare quale può essere, dal suo punto di vista, la verità circa questo assassinio, un’ipotetica verità che non coincide con quella ufficiale. Il problema maggiore nell’affrontare e ricostruire una questione tanto controversa e di grande rilevanza storico-politica consiste nel trovare un modo per evitare che il film diventi una sorta di documentario, realizzato prevalentemente con immagini di repertorio. In realtà, le immagini di repertorio sono abbondantemente utilizzate da Stone, anzi: è proprio con esse che il film ha inizio, un incipit che introduce in modo breve ma efficace la figura di Kennedy, la sua ideologia e il suo operato. Poco dopo, le immagini di repertorio – che culminano nel ferimento del Presidente lungo le vie di Dallas – iniziano ad accompagnare quelle del film alle quali si mescolano, pur restando il fatto che Stone sempre dalla realtà attinge. Il procuratore Jim Garrison è realmente esistito, realmente si è occupato dell’inchiesta circa l’uccisione di Kennedy e realmente ha portato il caso in tribunale. Garrison non riesce a darsi pace circa l’omicidio di Kennedy, così come non riesce a convincersi della versione ufficiale fornita dalla Commissione Warren – istituita all’epoca dal Governo statunitense per indagare sull’accaduto – secondo la quale a uccidere il Presidente è stato il solo Lee Harvey Oswald. Da questo momento, Garrison inizia a indagare insieme con i suoi più fidati collaboratori, mentre Stone continua ad unire le immagini di repertorio alle sequenze filmiche. Nel seguire l’inchiesta svolta da Garrison, il film propone allo spettatore una serie di notizie, ormai non più solamente circa la figura di Kennedy, ma volte a smontare il rapporto della Commissione Warren per arrivare a conclusioni che, se fossero appurate e risultassero vere, sarebbero certamente sconcertanti. Ed è altrettanto certo che un’operazione del genere richiede allo spettatore una buona dose di impegno, soprattutto per districarsi nel coacervo di informazioni che gli vengono fornite. A ciò si deve aggiungere che tali informazioni viaggiano su un doppio binario – quello della versione ufficiale e quello della tesi sostenuta da Garrison – nel tentativo di dimostrare quale, tra le due posizioni, possa essere quella vera e propendendo in questo per la seconda. In un film così impegnativo, nel quale i fatti sono esposti sia con immagini di repertorio che attraverso la voce dei personaggi, tecnicamente Stone opera nel migliore dei modi, congiungendo il tutto e raggiungendo un risultato di grande livello. Ciò avviene in particolare attraverso l’utilizzo del montaggio, che abilmente unisce e mescola documenti e narrazione, con l’immagine originale del ferimento di Kennedy risulta ripetuta nel corso del film in maniera ossessiva. I lunghi dialoghi, che spesso sono dei monologhi, nei quali Garrison e gli altri personaggi ricostruiscono i fatti o smontano delle tesi, hanno come sfondo gli interni di vari ristoranti e gli esterni della città di Washington. Nel primo caso la fissità di un ambiente eccessivamente chiuso, come avrebbe potuto essere per esempio un ufficio, viene spezzata dalla presenza e dal movimento di diversa gente sullo sfondo, soluzione che evita di rendere il contesto claustrofobico. Nel secondo caso, si rendono proponibili allo spettatore i lunghi dialoghi ricchi di informazioni, evitando di trasformarli in puro resoconto di tipo cronachistico e di appesantirli dalla noia. Il rigore e la maestria tecnica di Stone devono però essere separati da ciò che concettualmente si intende trasmettere allo spettatore. Posto che, al di là della versione ufficiale a suo tempo fornita, troppi punti restano oscuri, delle spiegazioni esaurienti mancano e che la contestazione che è stata fatta del rapporto della Commissione Warren ha la sua validità, il film di Stone propone la sua interpretazione dei fatti – peraltro basandosi sul libro scritto dallo stesso Garrison – e avanza quella che potrebbe essere una tesi, come però ce ne sono state altre. E’ vero che il punto di vista del film è quello di contestare la versione ufficiale circa la morte di Kennedy, ma spesso si avverte l’impressione che tale punto di vista venga offerto in modo se non manipolatorio, almeno fuorviante. Per esempio, nel momento in cui si espongono tesi contrarie a quella ufficiale, tali tesi non vengono provate ma solo esposte attraverso la voce dei personaggi, per quanto potrebbero essere fondamentalmente lecite o valide. Invece, se il film intendeva proporre una tesi ipotetica, anziché operare in modo da farla sembrare reale specialmente nelle affermazioni del finale, Stone – anche co-sceneggiatore – avrebbe dovuto trovare altre soluzioni narrative. Tuttavia, se l’ottimo livello di realizzazione tecnica resta la cosa migliore del film, insieme all’abilità di narrare un’inchiesta che a sua volta ne smonta e rimonta un’altra, un merito può essere quello di indurre lo spettatore che ha mantenuto la giusta distanza critica a documentarsi circa una vicenda controversa, la cui soluzione potrebbe essere la tesi avanzata dal film. Oppure, lo spettatore potrebbe scoprire altre teorie più o meno interessanti o credibili.

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