Darkman

Ingenuo e violento, espressionista, romantico e confuso. Sam Raimi regala un'emozione che non aspettavo. E che poco ha a che fare con l'horror, ancor meno con i fumetti o i supereroi. Non so niente su chi o cosa fosse il fumetto a cui questo film si ispira. E non mi interessa. Però Neeson, o meglio la sua ombra, nella pazza fabbrica di rottami che si autocostruisce per continuare i suoi studi, l'ombra di Neeson con un imbuto in testa che canta come un freak, quello non è fumetto, non è horror. E la rappresentazione della rabbia, nella scena al luna park, quel singolo secondo in cui tutto il reale si decompone, scoprendo come dietro a ogni cosa, a ogni brandello di quello che pensiamo sia la vita c'è l'inferno, per un solo secondo, e poi di colpo tutto torna a mostrare la sua faccia, ingannevole e di breve durata. La faccia stessa, dell'uomo che subisce le conseguenze della rabbia, per un solo secondo, ma rimane dentro. Anche quello, a me, non ha minimamente fatto venire voglia di leggere un fumetto. MI ha fatto venir voglia di scrivere capolavoro. Poi ci sono le mille ingenuità, la violenza pre Tarantiniana dei cattivissimi, l'incredibilità filmesca nel senso peggiore della parola dei travestimenti, le stupidaggini tipo le battute finali, mille cose. Che dicono che questo non è un capolavoro. Non è uno di quei film che resteranno per sempre nella storia. Ma forse è per questo che mi rimane caro. Perché è storto, ingenuo e sballato. E toccante. Un capolavoro, forse sì, ma uguale a una delle facce sintetiche, che dura poco, che subito delude, che si decompone. E che non vorrei diverso da così, neppure per un minuto.