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La comicità perduta

Il cinema in movimento. Di Roy Menarini.
di Roy Menarini

In foto una scena del film Non ci resta che piangere, al cinema da oggi in versione restaurata e rimasterizzata.
Massimo Troisi 19 febbraio 1953, Napoli (Italia) - 4 Giugno 1994, Ostia (Italia). Interpreta Mario nel film di Roberto Benigni, Massimo Troisi Non ci resta che piangere.

lunedì 2 marzo 2015 - Approfondimenti

Che cosa è Il cinema in movimento? Una rubrica dedicata alle trasformazioni del cinema nell'epoca dei new media e alle riflessioni che si possono trarre dalle novità in atto.

Forse farà un po' sorridere la dicitura di film "restaurato e rimasterizzato" per Non ci resta che piangere, redistribuito nelle sale italiane grazie a un accordo tra Mediaset e Lucky Red. In fondo, non si tratta di un capolavoro del cinema muto o di un film i cui valori figurativi sono al primo posto dell'interesse delle persone. Quel che conta, ancora una volta, è rivivere in sala, collettivamente, la potenzialità comica della commedia di Benigni e Troisi. Probabilmente si tratta anche di un'operazione a testa d'ariete: finora i tanti cult movie proposti nella distribuzione di contenuti alternativi nei multiplex non avevano toccato più di tanto il comparto della commedia italiana. Andasse bene questa volta, ci aspetterebbero molti altri film - a cominciare magari proprio da quelli di Benigni o di Troisi - riproposti in sala, indipendentemente dalla loro reperibilità in televisione o negli archivi digitali.

Sì, perché il discorso è sempre lo stesso, ampiamente studiato dai ricercatori di media: il target di volta in volta cambia, non è quello del pubblico generico, bensì quello degli spettatori che vogliono rivivere l'esperienza (in questo caso del 1984/85), magari cercando di condividerla con qualcuno di più giovane, che all'epoca non c'era o era troppo piccolo per ricordarsene. La sala funge come una sorta di performance dal vivo.

Tra l'altro, il grande successo di Non ci resta che piangere non arrideva a un capolavoro (i due artisti hanno fatto di meglio in carriera, da soli), ma semplicemente a un racconto piuttosto sfilacciato e senza ritmo dove a farla da padrone ci sono alcune sequenze assolutamente formidabili, capaci da sole di reggere sulle spalle l'intero sforzo. E se da sempre la commedia italiana aveva badato alle caratteristiche regionali dei personaggi in scena, per caratterizzare e ampliare i pubblici di riferimento, questa volta si trattava di due campioni, quello toscano e quello napoletano, amati da tutta Italia e assolutamente venerati nei propri territori di provenienza.

Ma la vera dimensione comica di Non ci resta che piangere ruota intorno alla figura retorica dell'anacronismo, ovvero la costruzione di gag basate sul paradosso cronologico. Quando Troisi finge di aver composto Yesterday dei Beatles o in due tentano inutilmente di spiegare a Leonardo da Vinci le novità tecnologiche del loro tempo, anticipandone l'invenzione, giocano in maniera surreale sul progresso e le sue implicazioni. La trama stessa, del resto, è incentrata sul viaggio nel tempo, che garantisce una zingarata dentro la tradizione artistico-scientifica del Rinascimento, con l'intento - al tempo stesso - di celebrare e al tempo stesso prendere sottilmente in giro l'eccellenza italiana.

L'idea con tutta evidenza appartiene a Benigni, che non a caso anche negli anni successivi (e infine negli spettacolo televisivi recenti), di quel passato e di quella tradizione (a cominciare da Dante Alighieri) è diventato alfiere, testimone e custode, con un rispetto e una dedizione impensabili all'epoca. Non ci resta che piangere sembra l'esordio di una curiosità orgogliosa verso quel passato, sia pure attraversata dall'atteggiamento comico e malinconico di Troisi. Non a caso, troviamo come co-sceneggiatore il compianto Giuseppe Bertolucci, cui Benigni molto deve per la trasformazione del suo personaggio più anarcoide e vernacolare degli esordi a commediante umanista a tutto tondo.

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