adriano sgarrino
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giovedì 30 luglio 2009
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i cancelli del cielo
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Paese di prod.: USA Anno: 1980 di: Michael Cimino con: Kris Kristofferson, Isabelle Huppert, Christopher Walken, Jeff Bridges, John Hurt, Sam Waterston, Joseph Cotten, Brad Dourif, Mickey Rourke, Anna Thomson.
Nel Wyoming del 1890 ricchi baroni del bestiame sono decisi a spazzare via dei poveri contadini immigrati. James Averill (Kristofferson) e Nathan Champion (Walken) lottano su fronti opposti - il primo a tutela dei contadini, il secondo assoldato dai baroni -, pur amando la stessa donna, la bella prostituta Ella (Huppert).
A due anni di distanza dal suo precendente capolavoro "Il cacciatore" sulla guerra in Vietnam e gli effetti che essa produsse ai suoi reduci, Cimino torna dietro la macchina da presa per firmarne un altro.
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Paese di prod.: USA Anno: 1980 di: Michael Cimino con: Kris Kristofferson, Isabelle Huppert, Christopher Walken, Jeff Bridges, John Hurt, Sam Waterston, Joseph Cotten, Brad Dourif, Mickey Rourke, Anna Thomson.
Nel Wyoming del 1890 ricchi baroni del bestiame sono decisi a spazzare via dei poveri contadini immigrati. James Averill (Kristofferson) e Nathan Champion (Walken) lottano su fronti opposti - il primo a tutela dei contadini, il secondo assoldato dai baroni -, pur amando la stessa donna, la bella prostituta Ella (Huppert).
A due anni di distanza dal suo precendente capolavoro "Il cacciatore" sulla guerra in Vietnam e gli effetti che essa produsse ai suoi reduci, Cimino torna dietro la macchina da presa per firmarne un altro. "I cancelli del cielo" è uno straordinario western, curato in ogni minimo dettaglio, che si avvale di un cast infallibile. Sceneggiato dallo stesso Cimino, il film però non incontrò il favore del pubblico. La United Artists investì 44 milioni di dollari per produrlo ma ne guadagnò soltanto 1 e mezzo, andando così incontro al fallimento. Cimino fu "esiliato" da Hollywood per 5 anni (il suo ritorno è del 1985 con "L'anno del dragone"), in quanto le case produttrici non volevano rischiare di rivivere un'esperienza simile. Anche la critica americana fu molto severa con il regista, poichè non accettò la demolizione che Cimino fa del mito della Frontiera. Nessun regista, infatti, prima di lui aveva girato con così tanta forza la disperazione vissuta da gente indigente al suo impatto con gli Stati Uniti. Forse anche per tali ragioni, il film fu vergognosamente mutilato dai suoi originari 325' a 149'. Oggi vi è una versione di 219', una specie di Director's Cut, che in Italia circola in lingua originale con sottotitoli italiani. A quanti allora ritennero necessario tagliare un capolavoro del genere bisognerebbe ricordare che:"Tempi lunghi, storia 'incoerente' e ritmo fluviale non sono difetti ma virtù di questo film maledetto, che lascia senza fiato anche per la straordinaria fotografia di Vilmos Zsigmond" (Mereghetti). Un film irrinunciabile per quanti amano il cinema, e uno dei western più belli di sempre.
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(di lamberto2v)
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anonimo
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lunedì 7 febbraio 2005
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america anni '60
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Dovremmo renderci tutti conto che l'Epopea americana NON SI TOCCA! E chi si azzarda a farlo... ne subisce le conseguenze. Per quanto un pò lento nel racconto, questo film lo si dovrebbe considerare uno dei migliori raccopnti storici di come si è in realtà formata la confederazione degli Stati Uniti. Ruberie di territori (indiani e non), invasioni, sopprusi, stermi di intere ppopolazioni. Ma non si può dire. L'americano non può, ma soprattutto, non deve sapere, nè scoprire.
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goruz
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martedì 31 agosto 2010
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da vedere e da rifletterci sopra.
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Un film prolisso, questo è certo, ma non si può non ritenerlo un grande film. Dietro i fantomatici cancelli del cielo, dietro l'America dorata che si vedeva e si vede tutt'ora dall'Europa, si nasconde una nazione divisa, lacerata da lotte intestine tra chi è arrivato prima e meglio alloggia, e chi è arrivato dopo e cerca di avere gli stessi diritti degli altri in una terra che faceva (e fa) della sua grande democrazia il suo grande vanto. Questo film mette in mostra questo lato della medaglia, ha il coraggio di girare il lato dorato e vedere cosa si nasconde dietro, di vedere se forse il sogno americano sia, appunto, solo un sogno, ben distante dalla realtà concreta.
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Un film prolisso, questo è certo, ma non si può non ritenerlo un grande film. Dietro i fantomatici cancelli del cielo, dietro l'America dorata che si vedeva e si vede tutt'ora dall'Europa, si nasconde una nazione divisa, lacerata da lotte intestine tra chi è arrivato prima e meglio alloggia, e chi è arrivato dopo e cerca di avere gli stessi diritti degli altri in una terra che faceva (e fa) della sua grande democrazia il suo grande vanto. Questo film mette in mostra questo lato della medaglia, ha il coraggio di girare il lato dorato e vedere cosa si nasconde dietro, di vedere se forse il sogno americano sia, appunto, solo un sogno, ben distante dalla realtà concreta. Forse il fiasco è dovuto proprio a questo, dopo un film in cui tutto sommato ci si poteva rispecchiare (il cacciatore), Cimino cerca di sollevare un problema di coscienza forse non del tutto risolto, una questione ancora troppo attuale quella dell'immigrazione, e non solo negli States. da vedere assolutamente.
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antonio canzoniere
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sabato 2 giugno 2012
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l'america secondo cimino
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Nel Wioming di fine '800 infuria la guerra tra i contadini-oriundi europei e i "signori"-cacciatori di bestiame. Opera maledetta che segnò la fine della sfolgorante carriera del visionario Cimino, fu il più grande flop nella storia degli United Artists. Linciato come pomposo, sopravvalutato, e perfino nominato ai Razzie, è un' epopea struggente sulla vecchia America che lascia il posto ad una nuova, più avida, arrivista e senza scrupoli, emblema del legno storto dell'umanità. È un film manierista, illuminato dalle luci espressioniste di Zsigmond che incorniciano passioni, intrecci e scontri epici che rimarranno nella storia, ma soprattutto un dissacramento del sogno americano che non fa sconti.
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Nel Wioming di fine '800 infuria la guerra tra i contadini-oriundi europei e i "signori"-cacciatori di bestiame. Opera maledetta che segnò la fine della sfolgorante carriera del visionario Cimino, fu il più grande flop nella storia degli United Artists. Linciato come pomposo, sopravvalutato, e perfino nominato ai Razzie, è un' epopea struggente sulla vecchia America che lascia il posto ad una nuova, più avida, arrivista e senza scrupoli, emblema del legno storto dell'umanità. È un film manierista, illuminato dalle luci espressioniste di Zsigmond che incorniciano passioni, intrecci e scontri epici che rimarranno nella storia, ma soprattutto un dissacramento del sogno americano che non fa sconti. I suoi difetti sono sperperi di epicità, qualche compiacimento, ma che non intaccano questo capolavoro scomodo nel suo complesso. Attori superbi tra cui spiccano i tre protagonisti: Bridges, Walken e la Huppert in trasferta che da filo da torcere ai maschietti!
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dzalen82
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lunedì 18 febbraio 2013
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epico ....
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Ho recentemente visionato la versione integrale da tre ore e mezzo in lingua originale (con i sottotitoli) di questo grande capolavoro di M. Cimino e devo dire che mi ha lasciato davvero senza parole , non è certo una pellicola facile , ma dopotutto non lo è neppure Il Cacciatore. Questa pellicola pur essendo girata splendidamente , dal punto di vista della sceneggiatura e della sua trasposizione ha le sue pecche e qualche lungaggine di troppo .
Heaven's Gate, viene accusato di essere un film prolisso e carente dal punto di vista della storia che a detta di molti "non decolla" , invece secondo il mio modesto punto di vista non è propriamente così . Il film è lento , ma per i canoni del periodo mi pare sia di norma , anche Il Padrino pt 1&2 , Apocalypse Now e Novecento , sono film lenti , ma è giusto che siano così non potrebbe essere altrimenti .
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Ho recentemente visionato la versione integrale da tre ore e mezzo in lingua originale (con i sottotitoli) di questo grande capolavoro di M. Cimino e devo dire che mi ha lasciato davvero senza parole , non è certo una pellicola facile , ma dopotutto non lo è neppure Il Cacciatore. Questa pellicola pur essendo girata splendidamente , dal punto di vista della sceneggiatura e della sua trasposizione ha le sue pecche e qualche lungaggine di troppo .
Heaven's Gate, viene accusato di essere un film prolisso e carente dal punto di vista della storia che a detta di molti "non decolla" , invece secondo il mio modesto punto di vista non è propriamente così . Il film è lento , ma per i canoni del periodo mi pare sia di norma , anche Il Padrino pt 1&2 , Apocalypse Now e Novecento , sono film lenti , ma è giusto che siano così non potrebbe essere altrimenti . Io credo che il suo fallimento nelle sale , non sia da attribuire allo sputtanamento del sogno americano da parte del regista , quanto ad un montaggio che ne ha scarnificato il messaggio . Non solo , probabilmente ha influito anche la scelta di Kristofferson nel ruolo del protagonista e che io trovo formidabile , ma poco conosciuto presso il grande pubblico , quello che va a vedere il film non tanto perché è girato da tale regista , quanto per la presenza della star di Hollywood . Ovviamente è un mio parere , magari completamente sbagliato , ma ad essere onesti non riesco a vedere grossi difetti in questo epico lungometraggio , uscito senza dubbio in un momento sbagliato (1980/81) dominato dal sequel di Star Wars , Kramer vs Kramer , I predatori dell'arca (sono solo esempi del cinema del periodo).. insomma film diversi l'uno dall'altro ma molto più assimilabili per il grande pubblico soprattutto americano che non dimentichiamo , usciva da una guerra a testa decisamente bassa e cercava conforto verso pellicole più "rassicuranti" e non troppo complesse .
Io mi sento di consigliarlo , perlomeno ai grandi appassionati di film , credo che non vi deluderà .
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kronos
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martedì 24 settembre 2013
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luci e ombre in egual misura
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Premessa: l'unica versione disponibile che permetta un sereno giudizio del film è quella "integrale" da 219 minuti; l'edizione da 150 minuti uscita nelle sale negli anni '80 è da dimenticare (e, non a caso, fu candidata ai Razzie Awards 1981).
Tuttavia, anche in edizione completa (si far per dire: il final cut di Cimino durava oltre 5 ore!) "I cancelli del cielo" è un film caratterizzato da luci e ombre in egual misura.
In positivo, senza alcun dubbio, c'è la forza di un soggetto assai poco patriottico e il magnifico impianto visivo e scenografico dell'opera.
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Premessa: l'unica versione disponibile che permetta un sereno giudizio del film è quella "integrale" da 219 minuti; l'edizione da 150 minuti uscita nelle sale negli anni '80 è da dimenticare (e, non a caso, fu candidata ai Razzie Awards 1981).
Tuttavia, anche in edizione completa (si far per dire: il final cut di Cimino durava oltre 5 ore!) "I cancelli del cielo" è un film caratterizzato da luci e ombre in egual misura.
In positivo, senza alcun dubbio, c'è la forza di un soggetto assai poco patriottico e il magnifico impianto visivo e scenografico dell'opera. Cimino e collaboratori hanno allestito un magniloquente canto funebre del sogno americano con una cura per il dettaglio e una fastosità realizzativa degne del miglior Luchino Visconti.
E la lunga sequenza della battaglia campale nel pre-finale, divisa in due atti, è un vero e proprio film nel film che ne giustificherebbe da sola la visione: uno scontro rabbioso, belluino, spettacolare, in cui pare di percepire le emozioni e l'odio dei contendenti. Una pagina di cinema davvero straordinaria.
Ma non sono solo rose e fiori: la pellicola appare globalmente troppo diluita nei tempi narrativi, il ritmo fluviale già presente nel precedente "Il cacciatore" in quest'opera è portato agli eccessi, finendo per essere spossante.
E nonostante i tempi lunghi si ha la sensazione che le psicologie e i rapporti tra i personaggi non siano ben delineati: forse l'unico tra i protagonisti a convincere, a lasciare un'impronta, è Kristofferson.
In aggiunta, vanno segnalati diversi passaggi a vuoto e ingenuità nello script che non si possono giustificare con l'alibi di un cut originale di 5 ore, e il finale (l'uccisione di Ella, la gita in barca a Rhode Island del protagonista invecchiato) pare tirato via a braccio, inutile e senza nerbo.
In definitiva "I cancelli del cielo" è un film da vedere, non solo per gli amanti del Western, ma senza aspettative eccessive: è senz'altro un cult maledetto, ma non un capolavoro.
Voto Reale: Due stelline e mezzo
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etmovie
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mercoledì 9 settembre 2020
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un film fuori tempo dall''inizio alla fine
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veramente un film sgangherato, e davvero non c'entra nulla con il suo insuccesso il fatto che si riprometta di far luce in modo negativo su ciò che è stato l'accumulo di capitale del sogno americano (come nessuno l'avesse mai fatto e in modo ben più efficace). Il film è sempre fuori tempo, le facce degli attori sono sbagliate (davvero nè cris walken nè isabelle huppert c'entrano nulla). La battaglia finale poi è un omaggio all'improbabile (i contadini che prima si lanciano alla brutta contro i mercenari e poi si fanno organizzare dal protagonista e in una notte costruiscono macchine da guerra e grappoli di bombe lascia interdetti).
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veramente un film sgangherato, e davvero non c'entra nulla con il suo insuccesso il fatto che si riprometta di far luce in modo negativo su ciò che è stato l'accumulo di capitale del sogno americano (come nessuno l'avesse mai fatto e in modo ben più efficace). Il film è sempre fuori tempo, le facce degli attori sono sbagliate (davvero nè cris walken nè isabelle huppert c'entrano nulla). La battaglia finale poi è un omaggio all'improbabile (i contadini che prima si lanciano alla brutta contro i mercenari e poi si fanno organizzare dal protagonista e in una notte costruiscono macchine da guerra e grappoli di bombe lascia interdetti). Gli intermezzi romantici sono altrettanto disarmonici e noiosi. Da morire anche la festa di poveri mandriani, tutti virtuosi pattinatori artistici, davvero grottesco. E tutte le scene di insieme, a partire dala cerimonia iniziale ad Harvard, sono di una noia mortale. Andrei avanti fino a domattina... diciamo che paesaggi fotografia e costumi non possono certo bastare a salvarlo (anche la colonna sonora è davvero modesta). Mymovies abbina ad una stella "decisamente mediocre". Non è il giudizio adatto. Io direi più "gigantescamente e terribilmente brutto".
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jacopo b98
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lunedì 2 febbraio 2015
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un'opera mutilata, incompiuta e ingiudicabile
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Nel Wyoming nel 1890 i ricchi proprietari terrieri decidono di mettere una taglia sui poveri ladri di bestiame. James Averill (Kristofferson), di origine agiata, si schiera con i poveri, Nathan Champion (Walken) è invece un killer al soldo dei ricchi, ma sono entrambi innamorati della prostituta Ella (Huppert). Quello che sta per cominciare è una lotta tra ricchi e poveri che lascerà solo sconfitti. Colossale western scritto e diretto da Cimino, a due anni dal Cacciatore che lo consacrò, è uno dei più grandi fiaschi della storia del cinema. La United Artist spese 44 milioni di dollari per incassarne appena 1 e mezzo, segnando il proprio fallimento, Cimino fu ostracizzato dalle major, Kristofferson, attore in ascesa, distrusse la sua carriera.
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Nel Wyoming nel 1890 i ricchi proprietari terrieri decidono di mettere una taglia sui poveri ladri di bestiame. James Averill (Kristofferson), di origine agiata, si schiera con i poveri, Nathan Champion (Walken) è invece un killer al soldo dei ricchi, ma sono entrambi innamorati della prostituta Ella (Huppert). Quello che sta per cominciare è una lotta tra ricchi e poveri che lascerà solo sconfitti. Colossale western scritto e diretto da Cimino, a due anni dal Cacciatore che lo consacrò, è uno dei più grandi fiaschi della storia del cinema. La United Artist spese 44 milioni di dollari per incassarne appena 1 e mezzo, segnando il proprio fallimento, Cimino fu ostracizzato dalle major, Kristofferson, attore in ascesa, distrusse la sua carriera. La critica stroncò il film senza pietà e il pubblico non fu più buono nei confronti di un’opera che è innanzitutto una grande critica all’America e al sogno americano. Siamo lontani da John Ford e Howard Hawks, come anche da Leone e per certi versi da Peckinpah: Cimino realizza un film unico, complesso, ambiziosissimo e fluviale nella durata. Ed è qui che i problemi cominciano: il regista girò infatti un film da circa 325’, durata chiaramente inadatta per la sala cinematografica, che fu poi quindi costretto a ridurre di oltre metà del minutaggio per giungere al montaggio finale di 149’, troppo pochi! I cancelli del cielo è un film invalutabile in quanto è mutilato di oltre metà del suo corpo filmico. Sarebbe come se Leonardo dopo aver finito la Gioconda l’avesse segata in due: si può vederla e apprezzarla anche a metà, ma manca qualcosa. Anzi, forse più di qualcosa. È un’opera “incoerente” nel suo essere tagliuzzata e straziata. È inutile perciò tentare di sintetizzare un giudizio: mancano troppi elementi per farlo. Comunque il fascino di certe sequenze è indubbio, la fotografia di Vilmos Zsigmond magnifica e alcune trovate possono anche essere brillanti. Ma non basta questo a rendere il film il capolavoro che forse sarebbe stato. Di rado oggigiorno circola in una versione rimontata di 219’, ma è praticamente introvabile.
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lbavassano
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venerdì 25 novembre 2016
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grandiosità dell'immagine, profondità di pensiero
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Grazie al pregevole restauro curato dalla Cineteca di Bologna, e, per gli amici astigiani, all’ottima iniziativa di Marie Christine Garetti, il cui “Nuovo Splendor” si sta da anni affermando come luogo deputato al cinema di qualità, abbiamo potuto assistere alla proiezione de “I cancelli del cielo” di Michael Cimino. Film “maledetto”, a causa del disastro commerciale che ebbe ripercussioni estremamente negative sulla carriera del giustamente acclamato regista de “Il cacciatore”, ma anche su tutta la filosofia, e la pratica, produttiva hollywoodiana.
Film grandioso, ma di una grandiosità ancora tradizionale, artigianale, fondata sulla perizia di tutte quelle figure minori (scenografi, costumisti, tecnici del suono e dell’immagine, assistenti, operai di scena…) che fanno del cinema un’opera collettiva.
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Grazie al pregevole restauro curato dalla Cineteca di Bologna, e, per gli amici astigiani, all’ottima iniziativa di Marie Christine Garetti, il cui “Nuovo Splendor” si sta da anni affermando come luogo deputato al cinema di qualità, abbiamo potuto assistere alla proiezione de “I cancelli del cielo” di Michael Cimino. Film “maledetto”, a causa del disastro commerciale che ebbe ripercussioni estremamente negative sulla carriera del giustamente acclamato regista de “Il cacciatore”, ma anche su tutta la filosofia, e la pratica, produttiva hollywoodiana.
Film grandioso, ma di una grandiosità ancora tradizionale, artigianale, fondata sulla perizia di tutte quelle figure minori (scenografi, costumisti, tecnici del suono e dell’immagine, assistenti, operai di scena…) che fanno del cinema un’opera collettiva. Di una grandiosità non affidata ai miracoli degli effetti speciali elettronici come ormai di regola per le mega-produzioni d’evasione.
Film grandioso, ma che in nome della spettacolarità (straordinarie fra tutte le scene di massa) non rinuncia ai contenuti, tutt’altro, offrendo un punto di vista critico sulla storia degli Stati Uniti, sull’intreccio dei poteri realmente forti che ne hanno segnato miserie e grandezze. Un punto di vista che però può applicarsi anche alla storia più recente, non solo americana, al passaggio dall’idealismo progressista degli anni sessanta (non a caso il film si apre con la festa per la fine dell’anno accademico) al nuovo egoismo degli ottanta, con una consapevolezza estremamente precoce (1980). Un punto di vista che può applicarsi alla vita di ciascuno di noi, al passaggio dall’età studentesca a quella del “principio di realtà”.
Sono diversi i possibili finali del film, e Cimino non ha voluto rinunciare a nessuno di essi. La scena desolata del campo di battaglia spazzato dal vento, l’epilogo più forte dal punto di vista dell’immagine. Quella, romantica, della protagonista esanime fra le braccia dell’amato, il più consono alla trama sentimentale della vicenda. Cimino ha però scelto una terza via, la meno retorica, la più sottotono, forse proprio a ribadire come il senso autentico del film sia l’ineluttabilità dell’imborghesimento, dell’invecchiare.
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carloalberto
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giovedì 21 gennaio 2021
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si perde tra le sottane della huppert
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I cancelli del cielo appartiene a quella parte della cinematografia americana che, senza retorica e senza timore reverenziale, ha rievocato il passato della propria nazione, collocandosi idealmente accanto a capolavori girati con lo stesso sguardo critico, ultroneo dire assente in Italia verso il Risorgimento, come Piccolo grande uomo e Dodici anni schiavo. Cimino così aggiunge un altro tassello alla non tanto illustre storia del paese a stelle strisce, nato dal genocidio dei nativi americani, arricchitosi sulla pelle degli schiavi neri ed infine, come mostra il film, spietato e crudele persecutore degli immigrati europei, provenienti negli ultimi decenni dell’ottocento in gran parte dell’Europa dell’est, rei di voler coltivare la terra, acquistata regolarmente dal governo, sottraendola di fatto ai fertili pascoli delle grandi famiglie lobbiste degli allevatori di bestiame.
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I cancelli del cielo appartiene a quella parte della cinematografia americana che, senza retorica e senza timore reverenziale, ha rievocato il passato della propria nazione, collocandosi idealmente accanto a capolavori girati con lo stesso sguardo critico, ultroneo dire assente in Italia verso il Risorgimento, come Piccolo grande uomo e Dodici anni schiavo. Cimino così aggiunge un altro tassello alla non tanto illustre storia del paese a stelle strisce, nato dal genocidio dei nativi americani, arricchitosi sulla pelle degli schiavi neri ed infine, come mostra il film, spietato e crudele persecutore degli immigrati europei, provenienti negli ultimi decenni dell’ottocento in gran parte dell’Europa dell’est, rei di voler coltivare la terra, acquistata regolarmente dal governo, sottraendola di fatto ai fertili pascoli delle grandi famiglie lobbiste degli allevatori di bestiame.
Dopo un inizio folgorante che introduce suggestivamente lo spettatore nell’ambiente dei giovani rampolli delle classi agiate dell’America del 1870, nel giorno di festa della loro laurea ad Harvard, in cui si celebra la fine degli studi e l’ingresso nella società degli adulti, grazie alla spettacolarità delle sequenze girate a Cambridge, con la macchina da presa, collocata al centro del grande piazzale dell’università, che ruota su se stessa, accompagnando e mimando il vorticoso turbinio delle coppie danzanti sulle note di uno spumeggiante valzer e le inquadrature nostalgiche degli ultimi giochi goliardici, gioiosi e violenti dei maschi, mentre alla finestra, fino a tarda notte, le ragazze guardano divertite, il film si infila, inopinatamente, nel letto di una prostituta sui generis, interpretata da una sofisticata Huppert, improbabile nei panni di una meretrice, e la vicenda rimane invischiata, è il caso di dire, per interminabili minuti, vista la durata del film nella versione director’s cut, nei patemi d’animo e nei dilemmi amorosi della giovane maitresse, indecisa tra due spasimanti, il killer a pagamento, al soldo delle famiglie di allevatori, Christopher Walken, reduce dall’oscar per il più fortunato dei film di Cimino, Il Cacciatore, e lo sceriffo della contea, il musicista country Kris Kristofferson,dalle capacità attoriali non proprio all’altezza del suo estro di cantautore di successo.
In sospeso resta l’affresco corale, appena abbozzato, della vita cittadina dell’epoca, con la ferrovia che porta il treno nel mezzo della città, con la nube di vapore nero che appesta l’aria vergine ed incontaminata Wyoming, bellissimo nella fotografia di Zsigmond, con le polverose strade affollate di migranti ed i bambini issati su poveri carretti sospinti a forza di braccia tra gli insulti dei passanti, appartenenti alla schiera delle prime ondate migratorie di inizi ottocento. La guerra tra poveri scatenata ad arte dalle ricche famiglie di allevatori, tra poveri mandriani e contadini neo insediati sfocia nello scontro armato tra le due fazioni. Il classico carosello attorno ai mercenari della lobby degli allevatori spalleggiati dalle complici autorità governative, con contadini, bottegai ed artigiani al posto degli indiani, risolleva un poco le sorti del film. Nel complesso la pellicola si rivela lenta, prolissa e noiosa, nonostante il cast, nel quale figura, in una particina, anche un giovane,Mickey Rourke e la magistrale interpretazione del dandy americano, che si trova suo malgrado al centro della battaglia, di John Hurt.
Il finale, che si discosta di molto dalle vicende dei personaggi leggendari cui si ispira il film, Ella Watson e Jim Averill, che fecero entrambe una brutta fine, ambientato su un piccolo e lussuoso yacht, con un invecchiato e malinconico Averill, alias Kristofferson, sopravvissuto alla donna amata, in compagnia ora di un elegante dama della sua età, propone allo spettatore,i ntorpidito da un’estenuante visione durata più di tre ore, un grosso punto interrogativo sul significato da attribuire a quest’ultima scena, che ovviamente, causa sfinimento, si lascia in sospeso come domanda retorica o enigma da risolvere per i cinefili del futuro.
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