Apocalypse Now

La storia dietro la storia di «Apocalypse Now»

Problemi di budget. La casa a rischio. La depressione e il senso di impotenza. Un finale che non sì trova (e che viene rifatto tre volte). Un tifone. La guerriglia alle porte. L'infarto del protagonista Martin Sheen. I capricci da tre milioni di dollari di Marlon Brando. E via elencando mille difficoltà. È la storia di Apocalypse Now (1979), il grande film di Francis Forti Coppola (Premio Oscar, laureato dai Golden Globe, Palma d'oro a Cannes), che è diventato un monumento della storia del cinema.
Durante i 238 giorni della lavorazione nelle Filippine (quasi otto mesi, ma la leggenda parla dì un anno e mezzo), Eleanor Coppola, la moglie del regista, ha re
Bistrato tutti gli eventi salienti, gli stati d'animo e gli incidenti di una delle lavorazioni più burrascose che si conoscano.
E nel 1991, Fax Bahr e George Hickenlooper ne hanno tratto, con la saggezza del poi, un documentario molto appassionante Hearts Of Darkness. Coda, in uscita adesso edito dalla Bim), che segue passo passo i momenti salienti del procedere sul set. Diciamo con la saggezza del poi perché quando la signora Coppola spiega - a posteriori- che era pronta anche al disastro economico e magari a perdere la loro bellissima proprietà di Napa Valley, viene un po' da sorridere, perché è vero che i.Coppola (completi nel film di Sofia bambina in mezzo ai suoi fratelli) sono stati molto audaci e tenaci, ma Apocalypse Now è stato anche un grandissimo successo economico.
Il doppio dvd (la seconda parte, Coda, interamente realizzata da Eleanor Coppola, è dedicata alla lavorazione di Un'altra giovinezza, il film per il quale suo marito si è ispirato a una complessa novella di Mircea Elide) è interessante, più che per il backstage di un'opera non pienamente riuscita, per il ritratto a due facce che compone: da una parte, il Coppola vitalistico e giovane di Apocalypse Now; dall'altra, il Coppola crepuscolare, autocritico, dubbioso e filosofo del film che il regista ha girato dopo quasi vent'anni dal suo capolavoro e dopo dieci anni di silenzio creativo. Un uomo sempre geniale, sempre originale, molto più triste.
Da Il Venerdì di Repubblica, 23 maggio 2008

di Irene Bignardi, 23 maggio 2008