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Villaggio, fra cultura e spettacolo

Fantozzi: simbolo e speranza dell'uomo comune puntualmente respinto dal mondo.
di Pino Farinotti

Paolo Villaggio 31 dicembre 1932, Genova (Italia) - 3 Luglio 2017, Roma (Italia).
martedì 4 luglio 2017 - Focus

Fantozzi, il primo libro di Paolo Villaggio data 1971. Editore Rizzoli. Direttore generale della major era Gianni Ferrauto, fu lui a decidere la pubblicazione e a contrattualizzare lo scrittore. Ferrauto era un amico di famiglia e non gli bastavano i lettori ufficiali della casa editrice, dava da leggere ad altri, voleva allargare la opinioni. Teneva d'occhio i giovani. Io ero fra questi e mi sentii dire la solita frase alla Ferrauto, "dagli un'occhiata e dimmi se ti piace." Il testo mi piaceva, mi aveva fatto ridere. Gli dissi che mi sembrava qualcosa di nuovo e di facile e "facile" non era riduttivo. Tutt'altro. Poi sappiamo che cosa è diventato Fantozzi.

In queste ore le letture si moltiplicano, Paolo Villaggio già assegnato alla memoria popolare, viene consegnato alla Storia. E non c'è alcun dubbio che lo meriti. I suoi libri non possedevano qualità letteraria, non contenevano lemmi preziosi che valgono per il giudizio di un testo.
Pino Farinotti

I lemmi erano normali, o... men che normali. Alludo a quella frase che non ha cambiato i concetti del cinema o dello spettacolo, ma certo ha dato una bella botta: "Per me la corazzata Potemkin è una cagata pazzesca". E la platea esplode in un applauso. L'indicazione, certo provocatoria, certo grottesca, aveva però una sua funzione e un suo destino. In quegli anni il cinema, e non solo, doveva vedersela col pesante condizionamento di una certa critica che poneva quel titolo addirittura ai vertici del cinema del mondo. A seguire c'erano un Chaplin, un Keaton, Quarto potere, alcuni titoli derivanti della piattaforma della Rivoluzione d'ottobre, qualche giapponese, qualche tedesco muto. La categoria pubblico, quella di Via col vento giusto per un'esemplificazione, veniva ignorata, schiacciata. Valeva solo l'indicazione critica. Villaggio annunciava che il pubblico valeva (almeno) come la critica. Sia chiaro, il Potemkin non è una cagata, è un'opera espressionista travolgente, per estetica e contenuti. Nel 1926 incantò il mondo, soprattutto l'intellighenzia. Hemingway diceva "uscito dalla sala ero un rivoluzionario". Ma adesso quel film fa parte dei musei e delle scuole, può essere un soggetto completo per studi e ricerche. Chi lo vede più. E anche il movimento del cinema ne ha preso atto, se è vero che le classifiche (più o meno) ufficiali hanno inserito al primo posto Vertigo di Hitchcock, e nei vertici titoli come Sentieri selvaggi, 2001 Odissea nello spazio e altri film "veri", da pubblico. L'indicazione di Villaggio non sarà stata decisiva, ma certo lui aveva capito.


Un'immagine dal film Fantozzi 2000 - La clonazione
Un'immagine dal film Fantozzi
Un'immagine di Paolo Villaggio

Con questa premessa ho collocato Villaggio&Fantozzi in quel quadro culturale, e non è blasfemo, se è vero che il cinema, quello "vero" appunto, quello dell'evasione, quando trova la sintesi, la formula e la metafora giusta, può affrontare grandi contenuti e pronunciamenti e trasmetterli con maggiore efficacia. Lo hanno insegnato artisti come i Marx, Wilder, i Coen e Allen.

Cosa sia il modello Villaggio&Fantozzi&Fracchia, lo sappiamo: simbolo dell'uomo comune frustrato e sconfitto che attraverso avventure tragicomiche si vede puntualmente respinto dal mondo.
Pino Farinotti

Il ragioniere vessato vorrebbe diventare come il direttore "megagalattico", entrare in quel palazzo dei privilegi, ma è relegato dietro la porta, che non si apre mai. Gli anni settanta appartengono a Villaggio. E mi piace credere che il genovese avesse intuito quel decennio. Era la stagione della fantasia frustrata, dei cubetti di porfido, delle chiavi inglesi e delle P38. Delle brigate rosse. Alla gente occorreva un deterrente e un'evasione nei due sensi. E Villaggio, coi suoi impiegati, gente normale che non può difendersi, offriva una speranza. Il suo lunghissimo percorso nasce dalla storia e dalla cultura. Del resto era uomo coltissimo. E artisticamente duttile, cito in questo senso Federico Fellini che, se ti accoglie, ha sempre un significato importante. In questa epoca dove la televisione ripropone il passato, per varie ragioni, a cominciare dai budget che non ci sono più, Fantozzi passa quasi quotidianamente. E va detto che parte della sua vedibilità è andata perduta. Proprio per la capacità che ebbe Villaggio, a suo tempo, di essere testimone perfetto di "quella" stagione. Poi la stagione è cambiata e le storie le abbiamo conosciute e assunte. Ma questo nulla toglie all'artista. La perdita è grande.


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