woody62
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domenica 7 gennaio 2024
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pura poesia per immagini
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Una reazione alla società contemporanea, vuota e consumistica, ove il sesso viene nascosto da un moralismo ipocrita e bigotto, o mercificato nella pornografia più volgare. E' questo il motivo riferito dallo stesso Pasolini, che lo spinse a collocare la sua “trilogia della vita” nel tempo sospeso dell'alto medioevo, cogliendo le suggestioni offerte da Boccaccio, da Chaucer, e dalle novelle orientali delle “mille e una notte”. E proprio “Il fiore delle mille e una notte”, ultimo capitolo della trilogia, è quello più riuscito e risolto, a detta della critica – piacque molto, tra gli altri, a Giorgio Bassani e Vittorio Sermonti.
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Una reazione alla società contemporanea, vuota e consumistica, ove il sesso viene nascosto da un moralismo ipocrita e bigotto, o mercificato nella pornografia più volgare. E' questo il motivo riferito dallo stesso Pasolini, che lo spinse a collocare la sua “trilogia della vita” nel tempo sospeso dell'alto medioevo, cogliendo le suggestioni offerte da Boccaccio, da Chaucer, e dalle novelle orientali delle “mille e una notte”. E proprio “Il fiore delle mille e una notte”, ultimo capitolo della trilogia, è quello più riuscito e risolto, a detta della critica – piacque molto, tra gli altri, a Giorgio Bassani e Vittorio Sermonti. Il pubblico invece diede un riscontro meno convinto, rispetto ai grandi incassi del Decameron e dei Racconti di Canterbury. Tempi antichi dunque, nei quali la vita, la carnalità e il sesso vengono vissuti con semplicità, purezza, gioa di un dono reciproco. I corpi nudi di giovani ragazzi e ragazze non hanno nulla di morboso, ma esprimono la bellezza e la felicità dell'amore carnale vissuto sempre con il sorriso. Tutte le diverse storie, circa una dozzina, sceneggiate dallo stesso Pasolini, con la preziosa collaborazione di Dacia Maraini, si intrecciano avendo come filo conduttore l'amore travagliato della bella Zumurrud, schiava abile e intelligente, con il giovane Nur-ed Din, amore che alla fine trionfa nella reggia dove la ragazza, creduta uomo, è stata fatta re. Ambientazione incredibilmente riuscita grazie agli esterni girati in Yemen, Nepal, Iran, Etiopia e India, con la splendida fotografia di Dante Ferretti e l' impeccabile colonna sonora di Ennio Morricone. Nel cast, oltre ai “soliti” Franco Citti e Ninetto Davoli, ottime prove per i protagonisti Ines Pellegrini e Franco Merli. Curiosamente il regista per il doppiaggio scelse voci con accento pugliese, da lui ritenuto piuttosto assonante con le lingue orientali. Il film che ebbe un riconoscimento al Festival di Cannes, compie cinquant'anni, ma assolutamente non li dimostra. Anzi, questa è l'occasione per rivedere una delle opere migliori di Pier Paolo Pasolini.
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great steven
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sabato 16 marzo 2019
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una voce espressa a favore della carnalità.
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IL FIORE DELLE MILLE E UNA NOTTE (IT/FR, 1974) diretto da PIER PAOLO PASOLINI. Interpretato da NINETTO DAVOLI, FRANCO MERLI, INES PELLEGRINI, FRANCO CITTI, CHRISTIAN ALEGNY, MARGARETH CLEMENTI
Alla base v’è l’omonima raccolta di novelle arabe, sistemate in forma canonica attorno al 1400: nella vicenda del giovane Nur-er-Din, figlio di un mercante, che dapprima acquisisce come sua schiava la bella e sveglia Zumurrud, se ne innamora ricambiato, la perde perché abbindolato da un cristiano malvagio con loschi fini e la ritrova, dopo numerose peripezie, sotto le spoglie maschili del re Sair, sono contenute, come in una scatola cinese, le altre quattro, fra cui due in particolare spiccano: il tormento di Aziz, promesso sposo alla cugina Aziza, infatuato di una dama aggraziata ma, a sua insaputa, maligna per la quale perde il senno e fa morire di dolore Aziza per poi subire egli stesso la castrazione come castigo per il suo ingenuo ma intenso doppiogiochismo amoroso e ritrovarsi infine solo con la disperazione del tempo male utilizzato; la storia del figlio di un capitano marittimo che impalma fisicamente l’amante di un demone in una caverna sotterranea finché la malvagia creatura non scopre la loro tresca, uccide la ragazza e trasforma il giovane in scimpanzé, salvo poi ritornare uomo quando un re riconosce in una pergamena da lui scritta un’eccezionale grafia umana e vede sacrificarsi la figlia, tramite un incantesimo, per restituirgli le sue originali sembianze.
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IL FIORE DELLE MILLE E UNA NOTTE (IT/FR, 1974) diretto da PIER PAOLO PASOLINI. Interpretato da NINETTO DAVOLI, FRANCO MERLI, INES PELLEGRINI, FRANCO CITTI, CHRISTIAN ALEGNY, MARGARETH CLEMENTI
Alla base v’è l’omonima raccolta di novelle arabe, sistemate in forma canonica attorno al 1400: nella vicenda del giovane Nur-er-Din, figlio di un mercante, che dapprima acquisisce come sua schiava la bella e sveglia Zumurrud, se ne innamora ricambiato, la perde perché abbindolato da un cristiano malvagio con loschi fini e la ritrova, dopo numerose peripezie, sotto le spoglie maschili del re Sair, sono contenute, come in una scatola cinese, le altre quattro, fra cui due in particolare spiccano: il tormento di Aziz, promesso sposo alla cugina Aziza, infatuato di una dama aggraziata ma, a sua insaputa, maligna per la quale perde il senno e fa morire di dolore Aziza per poi subire egli stesso la castrazione come castigo per il suo ingenuo ma intenso doppiogiochismo amoroso e ritrovarsi infine solo con la disperazione del tempo male utilizzato; la storia del figlio di un capitano marittimo che impalma fisicamente l’amante di un demone in una caverna sotterranea finché la malvagia creatura non scopre la loro tresca, uccide la ragazza e trasforma il giovane in scimpanzé, salvo poi ritornare uomo quando un re riconosce in una pergamena da lui scritta un’eccezionale grafia umana e vede sacrificarsi la figlia, tramite un incantesimo, per restituirgli le sue originali sembianze. Come citazione che fa da filo conduttore all’ultima parte della cosiddetta trilogia della vita, tutta all’insegna dell’esaltazione del sesso e della morte incombente, c’è la seguente frase: «La verità intera non sta in un solo sogno, ma in molti sogni». Fra Il Decameron e I racconti di Canterbury, appare come quello maggiormente risolto e sereno, e la sua genialità deriva dalla natura stessa della raccolta araba, che in questo caso ha dispensato l’autore da qualunque obbligo di confrontarsi narrativamente con la Storia e il potere, qui rimpiazzati dalla forza trascinatrice della fatalità e dalla pienezza dei sentimenti assoluti. Nonostante i costumi di Danilo Donati, le orientaleggianti musiche di Ennio Morricone, il placido montaggio di Nino Baragli e la sfarzosa scenografia di Dante Ferretti riescano a farla da padrone per buona parte della durata della proiezione, le interpretazioni trovano comunque un loro spazio espressivo senza farsi mettere in secondo piano e con un accento d’emersione per imporporare il linguaggio di negoziazione emotiva che parlano i personaggi, spesso tinto di mordace ironia, pungente sarcasmo, intenzioni birichine, fuoco che cova sotto la cenere e comunicabilità anelata oltre ogni pericolo. Davoli e Citti, come sempre attori feticci insostituibili nel repertorio pasoliniano, brillano ancora per carisma anti-divistico e si ritagliano una consistente fetta di torta nel quadro recitativo: il primo è estremamente ammirevole nelle vesti di Aziz, ragazzo piuttosto stoltarello che, in quello che dovrebbe essere il più felice giorno della sua vita, rovina il suo futuro di marito ed uomo a causa di un capriccio del cuore che finisce per costargli carissimo, mentre consuma un rapporto sessuale dopo l’altro nella fatua ignoranza di un destino nefasto; il secondo, malgrado l’esiguità dei minuti sullo schermo, è un impressionante, sogghignante e perverso demonio dai capelli rossi che, armato di spada, non appena s’accorge che le sue leggi da Ade sono state violate, mutila la ragazza che gli aveva giurato fedeltà e poi, in un viaggio a mezz’aria dal folle trasporto ventoso, abbandona il ragazzo nel deserto dopo aver effettuato la metamorfosi di cui sopra. La dimensione erotica del contesto potrebbe sembrare languida e scurrile se non le venisse in soccorso la robustezza della sceneggiatura che lima la giocosità delle parole, attenua ogni accenno alla sfrenata libertà dei sensi e attribuisce un ben preciso significato alle azioni, sia benigne che disdicevoli, che i caratteri compiono, in ogni caso manovrati da passioni che scaturiscono direttamente dalla loro materia cerebrale infuocata dalla contrapposizione ineliminabile éros-thànatos. Il perno principale delle avventure di Zumurrud e Nur-er-Din è la gioventù, qui vista come uno spirito che nasce per scoprire il mondo (e tutte le sue nefandezze o sorprese accattivanti) e mettersi in gioco anche e specie se non si hanno nozioni per affrontare ostacoli, vigliaccherie altrui e trappole tese in agguato; il loro amore risulta comunque, rispetto ai canoni consueti di Pasolini (regista che in quest’opera, come non accade spesso, ha un occhio più contemplativo che giudice), tenero e comprensibile per la sua naturalezza. Incassò la metà de I racconti di Canterbury (1972) e meno di un quarto de Il Decameron (1971), eppure, o proprio per tale motivo, presentato a Cannes 1974 in una versione di centocinquantacinque minuti – poi ridotta di venticinque da Pasolini stesso e messa in commercio così –, fu premiato. Venne archiviata una denuncia di oscenità dalla Procura di Milano.
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francismetal
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mercoledì 21 giugno 2017
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pasolini: alti e bassi
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Pasolini (PPP) era capace di fare grandissimi film come Uccellacci e uccellini e Salò, ma anche di fare film molto più scadenti come Medea, Edipo Re, Il Vangelo,..
Questo poteva essere un buon film se fosse stato diviso in due parti, oppure ulteriormente tagliato, perché è praticamente un insieme di storie indipendenti tra di loro legate da una debole cornice narrativa.
Cioè è noioso, lento, pesante e difficile da seguire.
E sono d'accordo col fatto che far parlare in dialetto i personaggi in questo contesto non serva a nulla
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dario
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sabato 2 maggio 2015
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incredibile
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Prima questione: Pasolinik non conosce il linguaggio cinematografico. Seconda questione: gli interpreti sono ridicoli. Terza questione: la liberazione sessuale è cupa, laida, sa di masturbazione all'aperto. Pasolini mostra i nudi, maschili e femminili, e pare per sordido godimento suo. Pare una patologia. Quarta e ultima questione: tutto è sorretto da un meccanismo affaristico, montato ad arte che con l'ìarte non c'pentra niente.
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max berto
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mercoledì 30 ottobre 2013
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borgate e deserti
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Il fiore delle mille e una notte è l'ultimo film, che conclude la triologia della vita. Pasolini ha sempre sentito il bisogno è il dovere di osservare il diverso, senza mai puntare il dito in modo perbenista e moralista.
Come sempre Pier Paolo ha messo come protagonisti, attori non professionisti personaggi che rispecchiano e racchiudono le loro vite vagabonde e dissolute nelle borgate di Roma, amate tanto dal poeta.
Inquadrature quasi sempre statiche, sottili ed eleganti. Palazzi dorati ricolmi di affreschi orientali. Mercanti e viaggiatori, briganti e malfattori, in un ambiente sublime e fantastico sempre più lontano dagli occhi dello spettatore.
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Il fiore delle mille e una notte è l'ultimo film, che conclude la triologia della vita. Pasolini ha sempre sentito il bisogno è il dovere di osservare il diverso, senza mai puntare il dito in modo perbenista e moralista.
Come sempre Pier Paolo ha messo come protagonisti, attori non professionisti personaggi che rispecchiano e racchiudono le loro vite vagabonde e dissolute nelle borgate di Roma, amate tanto dal poeta.
Inquadrature quasi sempre statiche, sottili ed eleganti. Palazzi dorati ricolmi di affreschi orientali. Mercanti e viaggiatori, briganti e malfattori, in un ambiente sublime e fantastico sempre più lontano dagli occhi dello spettatore. Storie di personaggi che cercano di amarsi, ma che desiderano sempre qualcosa che non vi appartiene. Fortune e sfortune chiudono il quadro di questo onirico racconto sempre più opaco nei profumi del deserto.
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brando fioravanti
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mercoledì 23 ottobre 2013
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il migliore della trilogia
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Stile migliorato dai precedenti capitoli della trilogia della vita. Le scene di nudo seppure scioccanti e in alcuni casi difficili da digerire trovano sicuramente un contesto più sensato. Pasolini è sicuramente il primo regista a dare una vera importanza ai sogni illuminatori delle nostre paure e dei nostri desideri.
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dani materazzini
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venerdì 14 dicembre 2012
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il più bel film di pasolini
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Il più bel film della "Trilogia della vita" e forse di tutta la filmografia di P.P.P.
Affascinante, poetico, e dalle ambientazioni incantevoli.
Unica pecca sono gli effetti speciali, in particolare la scena del leone.
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bélle pakke
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sabato 28 febbraio 2009
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it's ok
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se stai leggendo questa recensione significa che non hai visto il film: ma che aspetti? e' un buon film!
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paride86
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domenica 28 dicembre 2008
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il fiore delle mille e una notte
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Dei film della trilogia della vita è quello che mi ha convinto di meno. Tuttavia l'intreccio (a scatole cinesi) è nettamente superiore a quello dei precedenti capitoli, e le ambientazioni sono spettacolari e dense di un erotismo spinto ma sempre intriso di una poetica e vitale innocenza. Gli effetti speciali sono piuttosto scarsi, la scena del leone è inguardabile!
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asmodeo
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sabato 29 novembre 2008
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il più bel film di pasolini
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il più bel film di pasolini,il più poetico,arioso,sereno ma anche il film che ha avuto il grandissimo merito di far riscoprire lo Yemen,paese incantevole che grazie a questo è stato inserito tra il patrimonio dell'umanità ed ha potuto fermare lo stato di abbandono e di degrado in cui versava.
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