Domenica, maledetta domenica

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Come ieri, la domenica è sempre maledetta

di Irene Bignardi La Repubblica

Esisteva ancora la Twa. C'erano ancora i portasigarette e si fumava alla grande. Non c'erano i telefonini, ma in compenso funzionava un efficientissimo servizio di segreteria telefonica (nel caso in questione, con tanto di telefonista che sferruzza e spettegola durante il lavoro). Quegli anni - con la confusione sentimentale e sessuale, la crisi di cui si sente sempre parlare e che manda a casa senza lavoro i dirigenti cinquantenni, un misto di conformismo e di avventura - hanno qualcosa che parla ai nostri anni. Ma sono in realtà gli ultimi della swingïng London, raccontati in un film del 1971, Domenica maledetta domenica, piccolo grande capolavoro britannico di John Schlesinger che torna ora pubblicato da Teodora (eh sì, ancora loro).
Difficile oggi, all'epoca del gay pride e di esibizione delle proprie preferenze sessuali, immaginare lo shock, lo stupore, l'ammirazione liberatoria suscitati allora dal triangolo amoroso che il film ci racconta, e che incarna lo Zeitgeist sentimentale iu allora: Glenda Jackson, nei panni di una giovane divorziata, scontenta del suo lavoro e del suo status di borghese; Peter Finch è il medico omosessuale che le amiche vorrebbero vedere accoppiato con qualche brava ragazza ebrea come lui; Murray Head è il creatore di strane sculture, giovane, carinissimo e lungocrinito, che se la fa, prima senza che lo sappiano, poi con loro consapevoli, con tutti e due. Tra gelosie, certo, lacrime, furori e senso di privazione. La liberazione sessuale non annulla il dolore.
Scritto da Penelope Gilliatt (che di giovani arrabbiati se ne intende, visto che è stata la moglie di John Osborne), girato con mirabile senso dei luoghi e del tempo, il film di Schlesinger ci parla, ora come allora, della solitudine e delle maledette domeniche dei solitari. Ed è uno dei film che Pauline Kael elencava (e non si può darle torto) tra i frutti di una stagione magica del cinema, con II conformista, I compari, L'ultimo spettacolo, Il violinista sul tetto, Soffio al cuore, Il giardino dei Finzi-Contini, Cabaret, Il padrino. Tutti arrivati sugli schermi americani fra il 1971 e il 1972.
Da Il Venerdì di Repubblica, 5 giugno 2009

di Irene Bignardi, 5 giugno 2009

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