Fellini - Satyricon |
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Un film di Federico Fellini.
Con Martin Potter, Capucine, Fanfulla, Hiram Keller, Salvo Randone.
continua»
Fantastico,
Ratings: Kids+16,
durata 128 min.
- Italia 1969.
MYMONETRO
Fellini - Satyricon
valutazione media:
4,14
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Satyricon Fellini: fantascienza del passatodi Méliès93Feedback: |
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sabato 1 marzo 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
"Un saggio di fantascienza del passato", così venne definito da Fellini il Satyricon, una liberissima rielaborazione del testo frammentario e lacunoso attribuito a Petronio. Ciò non fu un problema per il regista che anzi aveva affermato a più riprese, nel corso di numerose interviste mentre il film veniva girato, che la parte più interessante del testo latino erano proprio i puntini di sospensione, che gli permettevano di colmare quelle lacune con inserti immaginati. Come Petronio, Fellini guarda al mondo del Satyricon con uno sguardo entomologico, che però non è freddezza verso la realtà umana, ma al contrario, necessità della distanza, senza la quale non si potrebbe leggere: i sentimenti sono ridotti ad istinti, l’amore a sesso. Quello del regista è realismo archeologico che dà vita, in modo sorprendentemente vivo, al passato remoto di una società che non conosce alcuna distinzione tra il bene e il male. Quello che probabilmente ha colpito di più la fantasia di Fellini e che lo ha indotto a tradurre in un film il Satyricon è il senso evidente di passaggio, che si avverte anche nel testo di Petronio, dello spirito romano da un atteggiamento di sicurezza di sé e di dominio, al lento maturare di inquietudini e di interrogativi senza risposta, anche in senso politico. Se il racconto di Petronio è uno specchio realistico della società neroniana, è anche un documento sulle piccole città di provincia della Magna Grecia, che vivono ai margini del potere, popolate di puttane, lenoni, ladri, omosessuali, patrizie ninfomani, liberti, imbroglioni, gente da osteria. Il Satyricon di Fellini è un testo cinematografico ricolmo di simbologie oniriche che rimandano alla decadenza del mondo d'oggi. Ad esempio i personaggi vivono in un mondo di rovine: Encolpio e il poeta Eumolpo visitano ad un certo punto un museo. Esso contiene opere d’arte classica già antiche, deteriorate dal tempo, e contemporaneamente sullo sfondo alcuni personaggi sfilano su un carrello come in una messa in scena da teatro di posa. Attraverso il materiale onirico, Fellini vuole mettere in scena gli incubi e le perversioni inconfessate della società archetipica che descrive. L’evanescenza della vita traluce nella consapevolezza che tutto si riduce all’unica fonte che ci rende vivi: il godere. Nella dimensione materialistica dei Romani (non solo antichi), Fellini ha espresso tutta la sua filosofia della vita, che non consiste ovviamente nell’esaltazione di quel modo di vivere, ma nel riconoscimento che questo è una risposta alla caducità della vita e alla presenza incombente della morte. In quest’ottica è significativo come Fellini abbia ripreso soprattutto due episodi dal testo petroniano: la cena di Trimalcione, in cui il fisiologico puro, espresso nell’innocente sozzura del mangiare, del vomitare, dell’evacuare e della sazietà, porta alla messa in scena della morte e all’evocazione del funerale da vivo e quella della matrona di Efeso, che, al contrario, è la morte che produce il sesso e la materialità indifferente dei sentimenti. Nel primo caso è lo stomaco che conduce alla morte, nel secondo è la morte che porta ai genitali; così che il vitalismo immondo e sfrenato ha un suo sbocco nella morte, come dimostra la struggente ultima sequenza, con la scena di un cannibalismo freddo e razionale, consumato nei colori lividi di un’alba in riva al mare, mentre la morte ha una sua sublimazione nell’esaltazione stessa della vita.
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