fedeleto
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domenica 9 gennaio 2011
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repulsione ossessiva..
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Dopo Il coltello nell'acqua torna polanski dirigendo forse il suo capolavoro assoluto.La trama ,ottimamente scritta da polanski e gerard brach ,racconta la storia di una carol,una giovane manicure,che tutto ad un tratto perde il contatto con la realta' come se fosse in uno stato di trans,o meglio di alienazione totale,fin dall'inizio infatti polanski magistralmente inquadra l'occhio della donna come a significare che tutto si sta svolgendo nella sua mente,occhio come elemento portatore di realta',infatti il protagonista vero della storia e' l'occhio di carol(lei si sofferma per strada dove vede le crepe che piano piano dilagano nella sua casa,vede donne che offendono uomini) dove anche alla fine verra' inquadrato.
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Dopo Il coltello nell'acqua torna polanski dirigendo forse il suo capolavoro assoluto.La trama ,ottimamente scritta da polanski e gerard brach ,racconta la storia di una carol,una giovane manicure,che tutto ad un tratto perde il contatto con la realta' come se fosse in uno stato di trans,o meglio di alienazione totale,fin dall'inizio infatti polanski magistralmente inquadra l'occhio della donna come a significare che tutto si sta svolgendo nella sua mente,occhio come elemento portatore di realta',infatti il protagonista vero della storia e' l'occhio di carol(lei si sofferma per strada dove vede le crepe che piano piano dilagano nella sua casa,vede donne che offendono uomini) dove anche alla fine verra' inquadrato.Dunque carol e' una donna sola se non fosse per sua sorella che la conforta un minimo ,ma per il resto non parla con nessuno,non ha rapporti con nessuno,tutto cio' perche' non ha il contatt con la realta',ma quando la sorella vuol partire con l'uomo che ama(che carol detesta),carol si ritrovera' sola in quella casa e vittima di allucinazioni e deliri(celebre la scena onirica in cui l'uomo che entra la violenta e si sente il ticchettio delle lancette come a significare che non vede l'ora carol che il tempo passi) e chiunque entrera' in quella casa (e dunque nel mondo di carol) verra' ucciso violentemente (infatti le due vittime vengono colpite piu' volte,la prima con il candelabro,la seconda con il rasoio).Il tutto avviene come appunto una repulsione che nasce (il motivo non e' chiaro) nei confronti dell'uomo,ma un'altro punto interessante e' il coniglio ,ovvero un coniglio in attesa di essere cotto e dopo la prtenza della sorella,carol lo lascera' marcire in casa dopo avergli strappato il cuore e averlo messo nella borsa,quasi fosse un trofeo.Ottima la scena surrealista in cui il corridoio di mani avvolge carol.In conclusione lo si puo' reputare un capolavoro ,sia per l'originalita' di polanski e bracht, e sia anche per una fotografia ottima di Gilbert Taylor,ma merita anche la protagonista catherine Deneuve,bellissima e imprevedibile,interpreta un ruolo completamente alienante.Non mancano tra l'altro momenti che sfiorano l'horror e faranno venire senza dubbio molta angoscia.Non resta che dire grazie polanski.
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adriano sgarrino
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domenica 18 ottobre 2009
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repulsion
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Paese di prod.: Gran Bretagna Anno: 1965 Di: Roman Polanski Con: Catherine Deneuve, Yvonne Furneux, John Fraser, Ian Hendry, Patrick Wymark. Carol (Deneuve), giovane manicure mentalmente disturbata e sessuofoba, coabita con sua sorella (Furneux) in un appartamento a Parigi. Quando quest'ultima parte con il suo uomo alla volta di Pisa per una decina di giorni, Carol si ritrova sola in casa con le sue paure e ossessioni che la spingeranno ad uccidere gli uomini recatisi a casa sua (un suo corteggiatore ed il proprietario di casa, che richiede il pagamento dell'affitto). Al suo primo film occidentale, lo stile inconfondibile di Roman Polanski è già pienamente maturato: pochi dialoghi, acuta indagine psicologica della protagonista, ruolo attivo della scenografia, tensione generante dal nulla, ecc.
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Paese di prod.: Gran Bretagna Anno: 1965 Di: Roman Polanski Con: Catherine Deneuve, Yvonne Furneux, John Fraser, Ian Hendry, Patrick Wymark. Carol (Deneuve), giovane manicure mentalmente disturbata e sessuofoba, coabita con sua sorella (Furneux) in un appartamento a Parigi. Quando quest'ultima parte con il suo uomo alla volta di Pisa per una decina di giorni, Carol si ritrova sola in casa con le sue paure e ossessioni che la spingeranno ad uccidere gli uomini recatisi a casa sua (un suo corteggiatore ed il proprietario di casa, che richiede il pagamento dell'affitto). Al suo primo film occidentale, lo stile inconfondibile di Roman Polanski è già pienamente maturato: pochi dialoghi, acuta indagine psicologica della protagonista, ruolo attivo della scenografia, tensione generante dal nulla, ecc. La sceneggiatura dello stesso Polanski e di Gérard Brach è grande nel tratteggiare con pochi elementi le profonde turbe della donna, inserita a sua volta in un contesto fortemente claustrofobico ed alienante - la casa con le crepe al muro, le colleghe di lavoro che non fanno che parlare di uomini -, che favorisce non poco la sua mente instabile. Ne esce un ritratto di donna potentemente disturbante, fornito da una superba Deneuve che riesce a coniugare nel suo personaggio innocenza e turbamento, calma ed esplosione omicida. Grandissima fotografia in bianco e nero di Gilbert Taylor, fondamentale nell'accrescere il senso di inquietudine persistente in tutto il film. "Repulsion" vinse l'Orso d'argento al festival di Berlino.
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tarantinofan96
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martedì 7 luglio 2015
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l'archetipo del cinema di polanski
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Alla sua seconda prova da regista Polanski realizza il suo primo capolavoro. Un film che è un archetipo del suo cinema, che contiene già i temi principali della sua filmografia: atmosfera claustrofobica e angosciante, delirio e degrado psicologico e tutto ciò che è il rapporto di una mente disturbata con la vita di un intera cittadina o semplicemente con quella di un piccolo condominio, come poteva essere per il Trelkowski de 'L'inquilino del terzo piano' o per Rosemary Woodhouse. [+]
Alla sua seconda prova da regista Polanski realizza il suo primo capolavoro. Un film che è un archetipo del suo cinema, che contiene già i temi principali della sua filmografia: atmosfera claustrofobica e angosciante, delirio e degrado psicologico e tutto ciò che è il rapporto di una mente disturbata con la vita di un intera cittadina o semplicemente con quella di un piccolo condominio, come poteva essere per il Trelkowski de 'L'inquilino del terzo piano' o per Rosemary Woodhouse.
La regia di Polanski è perfetta così come gli effetti visivi e la fotografia. In più ci sono un paio di scene che si avvicinano allo splatter. Non era da tutti osare così all'epoca.
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ediesedgwick
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domenica 6 maggio 2018
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capolavoro inconfondibile, magistrale..
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Potrà sembrare che mi stia già sbilanciando parecchio, ma ritengo che quest'opera seconda di Polanski possa vantare per certi versi l'onore del film più bello nella storia del cinema alla pari con "Persona" di Ingmar Bergman dell'anno successivo. Intimità e dis-senso, repressione, claustrofobia e noia, verginità, repulsione (ovvio), igiene nell'accezione più estesa plausibile del termine, difficilissimo da inquadrare, femminilità, introversione, assenza e solitudine, purezza, fissazione, alienazione, insufficienza anche, religione (da intendere come relegazione), interiorità, mente e senso, effetto, brivido depressivo, di incompatibilità, disagio, un bianco e nero letteralmente "passibile", "sensibile" di flettere ogni dettaglio, ogni più piccola inezia e finezza, a un certo punto vede la degenerazione profondamente intuitiva, suggestiva, con raffinatissimi particolari conturbanti da cineteca (la carcassa di un coniglio, il filo del rasoio che commette un'impressione psicofisica e anticipa l'affilatezza paranoica di 'Vestito per uccidere' di De Palma, come l'incubo della scena allucinante delle ragadi, ripresa poi invece ad esempio ne "Il Cigno Nero", ma questa "anabasi" del personaggio, questa discesa spelelologica, al suo interno recondito, è fonte infinite altre ispirazioni quali il contatto viscerale con le pareti, il sentimento di inanimato che sgorga alla mente, ripreso più recentemente nel sottovalutato "mother!" (ancora di Aronofsky).
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Potrà sembrare che mi stia già sbilanciando parecchio, ma ritengo che quest'opera seconda di Polanski possa vantare per certi versi l'onore del film più bello nella storia del cinema alla pari con "Persona" di Ingmar Bergman dell'anno successivo. Intimità e dis-senso, repressione, claustrofobia e noia, verginità, repulsione (ovvio), igiene nell'accezione più estesa plausibile del termine, difficilissimo da inquadrare, femminilità, introversione, assenza e solitudine, purezza, fissazione, alienazione, insufficienza anche, religione (da intendere come relegazione), interiorità, mente e senso, effetto, brivido depressivo, di incompatibilità, disagio, un bianco e nero letteralmente "passibile", "sensibile" di flettere ogni dettaglio, ogni più piccola inezia e finezza, a un certo punto vede la degenerazione profondamente intuitiva, suggestiva, con raffinatissimi particolari conturbanti da cineteca (la carcassa di un coniglio, il filo del rasoio che commette un'impressione psicofisica e anticipa l'affilatezza paranoica di 'Vestito per uccidere' di De Palma, come l'incubo della scena allucinante delle ragadi, ripresa poi invece ad esempio ne "Il Cigno Nero", ma questa "anabasi" del personaggio, questa discesa spelelologica, al suo interno recondito, è fonte infinite altre ispirazioni quali il contatto viscerale con le pareti, il sentimento di inanimato che sgorga alla mente, ripreso più recentemente nel sottovalutato "mother!" (ancora di Aronofsky). Isolamento e affezione, il progressivo inibirsi, senza mai rimarginarsi; la visione piomba nel vuoto incontrollabile della sensibilità ulteriore, come si trattasse di una pelle innata addosso, quella di Carole, di un'intensità irripetibile. Regia deliziosa con l'uso di una frequenza del buio, del respiro, e un commento sonoro dilaniante. Lentezza, poi assillo, luce del gesto o dell'immobilità. E' il film che avrei sempre voluto girare se mai fossi nato un regista, potete immaginarvi come sia stato scoprire che esisteva già così come sarebbe altrimenti impossibile anche solo concepire: sono caduto in adorazione infinita. Polanski mostra una cognizione del rilento intimistico grazie a cui poi divarica un diatrema, lesione d'animo. Capolavoro assoluto nella sua devitalizzazione, nella repulsione che è immotivabile perché connaturata "di dosso", inestinguibile, così l'oppressione sensuale, il senso trafelato a regime di sensi distorti è nel giaciglio stesso, colmo di impressione, rabbuiato in una 'regia', semovenza domestica ai limiti dell'innaturale, del collimare fra Carole è l'interno. Sono le primissime fauci dell'apatia esistenziale. Polanski 101%, a mio dire una pellicola tassativa per tutti gli appassionati del cinema di alta scuola, "d'alto bordo", più nello specifico sarà una rivelazione per i cultori del thriller dalle derive e turbolenze psicologiche estreme che se lo saranno perso sbadatamente (come anche io stesso), a culminare in ordine cronologico con lo sperimentalismo visivo del recente "mother!", che ne assume e mutua e rielabora a vero dire moltissimi tratti, ma 52 anni fa c'era già tutto qui. Caposaldo dello studio della sessualità e del contatto nella loro massima inibizione ed incubo, angustia, la follia psicotica si cela dietro un andamento tanto misterioso quanto riflessivo, flemmatico, scalzato dal brusio della violazione e in auge nell'espressività madreperlacea della giovanissima Deneuve, ciò in cui consta la vera, inesorabile attrazione ed un fascino irriducibile, onirico. Senz'altro il mio film preferito insieme a "Quinto Potere" di Lumet e al bergmaniano "Persona". Anche senza troppe pretese di obiettività... la tensione è superlativa, mai visto niente di così potente e angoscioso, in tralice a partire da premesse talmente modiche da poter dare l'idea di non esserci, di distillarsi, decantarsi il tutto scena per scena campato frescamente nella celluloide, sia negli sguardi (magnifico segmento di apertura con l'ingrandimento degli occhi della protagonista che saettano intorno) sia nei minimi particolari e invenzioni stilistiche. Ogni cosa di questo film influenzerà radicalmente la trattazione cinematografica successiva della psiche e dello stato, umore intraducibile, subconscio, l'individuo, l'Es avvilente, mortficante. Sbalorditivo, un inchino a Polanski e applausi ad libitum, degno di ovazione in un frangente preferenziale (a mio dire). Atmosfera, irrequietezza, "dis-amore". Le inquietudini del novello Polanski prima de "L'inquilino del Terzo Piano" appena sotto ai livelli di questo "Répulsion", in cui dissemina una confutazione psicotica nella bellezza vibrante, fragilità verginale, cosmetica in una sfumatura di significato eccelsa, che eccelle il contorno della trama/narrazione/approssimazione rendendola 'ambientale'. Voto 11/10
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tmpsvita
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venerdì 10 novembre 2017
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un film dal forte impatto visivo e psicologico
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Nel lontano 1965, un giovane Roman Polanski, realizza questo film, un horror/ thriller psicologico, che fa di tutto per non essere dimenticato dal pubblico una volta visto.
Uno dei più complessi, disturbanti, stranianti e originali film che abbia mai visto.
La regia di Polanski è davvero impressionante, in più di un'occasione sono rimasto a bocca aperta di fronte a delle inquadrature semplicemente geniali. Mentre la colonna sonora fornisce al film un accompagnamento ricco di tensione.
Probabilmente non l'ho neanche capito a pieno ma ciò che mi ha trasmesso, attraverso le sue criptiche e oniriche immagini, lo rende per me un ottimo film che per vari aspetti dovrebbe essere mostrato e studiato nelle varie scuole di cinema.
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Nel lontano 1965, un giovane Roman Polanski, realizza questo film, un horror/ thriller psicologico, che fa di tutto per non essere dimenticato dal pubblico una volta visto.
Uno dei più complessi, disturbanti, stranianti e originali film che abbia mai visto.
La regia di Polanski è davvero impressionante, in più di un'occasione sono rimasto a bocca aperta di fronte a delle inquadrature semplicemente geniali. Mentre la colonna sonora fornisce al film un accompagnamento ricco di tensione.
Probabilmente non l'ho neanche capito a pieno ma ciò che mi ha trasmesso, attraverso le sue criptiche e oniriche immagini, lo rende per me un ottimo film che per vari aspetti dovrebbe essere mostrato e studiato nelle varie scuole di cinema.
Un film molto lento, in alcuni momenti anche troppo, che non si basa tanto sulla trama ma più che altro sull'atmosfera unica, un film non per tutti ma solo per gli amanti del genere e del cinema.
VOTO: 8/10
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painno
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lunedì 1 settembre 2014
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un passo verso la follia
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Un piccolo passo e sei nella follia. Non ci vuole molto, in fondo, a perdere l'equilibrio che ci consente di vivere vite normali. Basta un evento, un segno, un piccolo insignificante accadimento del quotidiano per sconvolgere la normalità, per scatenare la bestia che dorme nell'ultima stanza da bagno, dentro la vasca piena di sangue. Un coniglio in putrefazione, un ferro da stiro che non funziona, un insistente sconosciuto che ci chiede di uscire ed ecco fatto. La pazzia è servita. Una Deneuve perfetta, che dice si e no dieci parole in tutto il film, ma che con gli occhi prima assenti e poi spiritati parla moltissimo e ci racconta di un abisso fatto di odio per gli uomini, di completa dissociazione dal mondo che la circonda, dal terrore causato dagli incubi che vedono creparsi i muri di casa, vedono mani e braccia che escono dalle pareti scandite dalla campanella del convento.
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Un piccolo passo e sei nella follia. Non ci vuole molto, in fondo, a perdere l'equilibrio che ci consente di vivere vite normali. Basta un evento, un segno, un piccolo insignificante accadimento del quotidiano per sconvolgere la normalità, per scatenare la bestia che dorme nell'ultima stanza da bagno, dentro la vasca piena di sangue. Un coniglio in putrefazione, un ferro da stiro che non funziona, un insistente sconosciuto che ci chiede di uscire ed ecco fatto. La pazzia è servita. Una Deneuve perfetta, che dice si e no dieci parole in tutto il film, ma che con gli occhi prima assenti e poi spiritati parla moltissimo e ci racconta di un abisso fatto di odio per gli uomini, di completa dissociazione dal mondo che la circonda, dal terrore causato dagli incubi che vedono creparsi i muri di casa, vedono mani e braccia che escono dalle pareti scandite dalla campanella del convento. Anche l'assenza di colore, come quella di dei dialoghi nella sceneggiatura concorre ad aprire la porta verso un abisso sul limite del quale camminiamo tutti, nessuno escluso. Un passo falso e la caduta nel buco nero è inevitabile. Condannereste voi chi cade in un nero tormento solo perchè ha messo un piede in fallo ? Ci sono tre barattoli sul davanzale della cucina di Carol. Tre barattoli, l'unica cosa reale di questo mondo. Il resto verrà tutto inghiottito dentro un profondissimo abisso.
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noia1
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giovedì 18 febbraio 2016
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polanki che deforma la realtà
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Una ragazza, sola nel proprio appartamento, si lascia andare alle proprie nevrosi.
Polanski, sempre e comunque inventivo, anche stavolta ha un modo diverso di rappresentare l’angoscia della quotidianità. Si entra nella vita di questa ragazza, non che fin da subito non si metta in chiaro il fatto che abbia dei problemi, interessante è infatti analizzare tutte le conseguenze che questa mente malata porta con sé.
Non tanto propriamente la trama quanto la telecamera è ciò che fin da subito colpisce, un film espressionista, una realtà alterata attraverso l’occhio che tutto deforma. Non tanto la frenesia quando la dinamicità degli spostamenti, sequenze da capogiro per il semplice fatto che, malgrado succeda semplicemente ciò che succede nella realtà di tutti i giorni, è una realtà ambigua, perché così la vede la povera Carole.
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Una ragazza, sola nel proprio appartamento, si lascia andare alle proprie nevrosi.
Polanski, sempre e comunque inventivo, anche stavolta ha un modo diverso di rappresentare l’angoscia della quotidianità. Si entra nella vita di questa ragazza, non che fin da subito non si metta in chiaro il fatto che abbia dei problemi, interessante è infatti analizzare tutte le conseguenze che questa mente malata porta con sé.
Non tanto propriamente la trama quanto la telecamera è ciò che fin da subito colpisce, un film espressionista, una realtà alterata attraverso l’occhio che tutto deforma. Non tanto la frenesia quando la dinamicità degli spostamenti, sequenze da capogiro per il semplice fatto che, malgrado succeda semplicemente ciò che succede nella realtà di tutti i giorni, è una realtà ambigua, perché così la vede la povera Carole.
Bello (anche se raccapricciante nella sostanza) è come tutto sia elegante. Non è solo una telecamera diversa dalle altre, è anche una telecamera sopra le altre, ciò che è già straordinario poi è reso inquietante da come questa raffinatezza è usata: per straniare, angosciare.
Prima di tutto è la quotidianità, le piccolezze di una bambina forse mai esistita e che cerca di ritrovarsi nel rapporto con la sorella, sembrano quasi inezie le sue piccole nevrosi. Poi, sola, ci si rende conto di quanto in realtà sia malata, succube del mondo circostante. Un personaggio tanto malato quanto insignificante.
Una conclusione da brividi, terrorizza, sembra più però che voglia quasi giocare con il nostro cervello. L’angoscia cresce, la realtà si deforma confondendosi con la mente e infine ci si rende conto che non siamo poi così la sicuro in un ritmo impossibile da frenare, che divora.
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emanuelemarchetto
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sabato 1 aprile 2017
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discesa verso la dissociazione psichica
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Carol (Catherine Deneuve), giovane manicure belga, vive a Londra con la sorella Hélène. Timida, impacciata e androfoba (ANDROFOBIA: paura del sesso maschile), Carol viene lasciata sola in casa per qualche giorno e il suo equilibrio psichico si incrina sempre di più, fino a sfociare nella violenza e nella paranoia.
DISSOCIAZIONE: " in psicopatologia e in psichiatria si intende un meccanismo di difesa con cui alcuni elementi dei processi psichici rimangono "disconnessi" o separati dal restante sistema psicologico dell'individuo: tale condizione si può ritrovare in molte reazioni psicologiche" (Wikipedia).
Il primo film in lingua inglese di Polański descrive "la lenta discesa di Carol Ledoux verso la dissociazione psichica".
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Carol (Catherine Deneuve), giovane manicure belga, vive a Londra con la sorella Hélène. Timida, impacciata e androfoba (ANDROFOBIA: paura del sesso maschile), Carol viene lasciata sola in casa per qualche giorno e il suo equilibrio psichico si incrina sempre di più, fino a sfociare nella violenza e nella paranoia.
DISSOCIAZIONE: " in psicopatologia e in psichiatria si intende un meccanismo di difesa con cui alcuni elementi dei processi psichici rimangono "disconnessi" o separati dal restante sistema psicologico dell'individuo: tale condizione si può ritrovare in molte reazioni psicologiche" (Wikipedia).
Il primo film in lingua inglese di Polański descrive "la lenta discesa di Carol Ledoux verso la dissociazione psichica". L'immagine dell'occhio iniziale della protagonista, su cui scorrono i titoli di testa, sottolinea fin da subito la soggettività della vicenda: il film ci mostra la realtà deformata attraverso gli occhi di Carol, una realtà che, fin da subito, ci appare repellente. Londra viene vista come una città caotica ed alienante; il lavoro è poco stimolante; i rapporti familiari ridotti al minimo. Tutto questo mondo borghese viene percepito dalla protagonista come opprimente e insensato, e quando rimane a casa da sola l'isolamento mentale si completa.
"Polański impone alla macchina da presa l'obbiettivo deformante della fantasia della protagonista"(Stefano Rulli).
Il regista si serve infatti di ottiche deformanti e di immagini evocative, con un certo gusto espressionista: l'abitazione si adatta allo stato d'animo della protagonista, per poi diventare un rifugio dal mondo esterno. Ma quando i due uomini fanno irruzione forzando la porta, la realtà raggiunge Carol, quasi aggredendola, spezzandole anche quell'ultimo brandello di equilibrio mentale che gli era rimasto. A questa aggressione, la ragazza non può far altro che rispondere con la violenza, commettendo così un'omicidio.
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luca scialò
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martedì 23 marzo 2010
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un fiore mai realmente sbocciato
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Carol Ledoux (una giovanissima e bellissima Catherine Deneuve) è una bella estetista, che per il suo grazioso aspetto esteriore potrebbe avere tanti uomini ai suoi piedi. Ma nasconde un profondo disagio verso questi ultimi, una vera e propria repulsione, anche verso gli oggetti che a loro appartengono: un semplice pennello per la barba, uno spazzolino, una cannottiera. Quando la sorella la lascia sola per dieci giorni, per una vacanza in Italia con il suo uomo al quale lei fa da amante, il suo disagio prende il sopravvento su di lei, diventando una vera e propria psiche che la porterà a gesti estremi. Pur se non ci sono riferimenti espliciti, si intuisce che tali turbative siano dovute ad un trauma subito da piccola, forse ad opera del padre.
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Carol Ledoux (una giovanissima e bellissima Catherine Deneuve) è una bella estetista, che per il suo grazioso aspetto esteriore potrebbe avere tanti uomini ai suoi piedi. Ma nasconde un profondo disagio verso questi ultimi, una vera e propria repulsione, anche verso gli oggetti che a loro appartengono: un semplice pennello per la barba, uno spazzolino, una cannottiera. Quando la sorella la lascia sola per dieci giorni, per una vacanza in Italia con il suo uomo al quale lei fa da amante, il suo disagio prende il sopravvento su di lei, diventando una vera e propria psiche che la porterà a gesti estremi. Pur se non ci sono riferimenti espliciti, si intuisce che tali turbative siano dovute ad un trauma subito da piccola, forse ad opera del padre. Lo si intuisce da una casa che si anima e si trasforma fino a diventare un mostro, simbolo di un'intimità domestica che quando era bambina si è trasformata in un atroce incubo. O lo si deduce dalla foto che si vede nel finale, che ritrae la piccola Carol già guardare nel vuoto, guarda caso verso il padre...
Un thriller psicologico firmato Polanski, intenso al punto da far toccare con mano, respirare, sentire sulla propria pelle il disagio di Carol.
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vitosay
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mercoledì 5 settembre 2012
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atterrisce?
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Polanski si cimenta con la malattia mentale, e riesce a tenere viva l'attenzione dello spettatore in un film dalla trama che già il titolo rende scontata; la malattia mentale è una sorta di autismo-sessuofobia che la splendida protagonista rende alla perfezione. Una trama prevedibile, i dialoghi ridotti quasi a zero, le immagini che ricorrendo, diventano sempre le stesse (un coniglio putrefatto, un rasoio da barba,gli interni di un appartamento in affitto, che assomiglia sempre più alla camera claustrofobica dell' ospedale psichiatrico della protagonista). Eppure il film non annoia, anche se non atterrisce. Il regista cuce addosso alla Deneuve un film che ci porta gradevolmente verso lo scompenso mentale della protagonista, con le sue prime visioni (le crepe nei muri brulicanti di mani maschili, che bramose la desiderano) fino alle incarnazioni delle sue fobie negli uomini che la desiderano e la scompensano irrimediabilmente.
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Polanski si cimenta con la malattia mentale, e riesce a tenere viva l'attenzione dello spettatore in un film dalla trama che già il titolo rende scontata; la malattia mentale è una sorta di autismo-sessuofobia che la splendida protagonista rende alla perfezione. Una trama prevedibile, i dialoghi ridotti quasi a zero, le immagini che ricorrendo, diventano sempre le stesse (un coniglio putrefatto, un rasoio da barba,gli interni di un appartamento in affitto, che assomiglia sempre più alla camera claustrofobica dell' ospedale psichiatrico della protagonista). Eppure il film non annoia, anche se non atterrisce. Il regista cuce addosso alla Deneuve un film che ci porta gradevolmente verso lo scompenso mentale della protagonista, con le sue prime visioni (le crepe nei muri brulicanti di mani maschili, che bramose la desiderano) fino alle incarnazioni delle sue fobie negli uomini che la desiderano e la scompensano irrimediabilmente. Tre stelle per questa schizofrenia così magistralmente recitata e diretta, con una narrazione ed una narrazione così scarna ed una scenografia quasi inesistenti !
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