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A qualcuno piace caldo, cinquant'anni dopo

Il film più divertente di sempre compie mezzo secolo.
di Pino Farinotti

Una scena del film.
Jack Lemmon (John Uhler Lemmon III) 8 febbraio 1925, Newton (Massachusetts - USA) - 27 Giugno 2001, Los Angeles (California - USA). Interpreta Jerry/Daphne nel film di Billy Wilder A qualcuno piace caldo.

lunedì 30 marzo 2009 - Focus

Un film senza tempo
Nel marzo del 1959 usciva nelle sale A qualcuno piace caldo. Nel maggio del 1996 ero nella redazione di "Sorrisi&canzoni". Un redattore stava scrivendo un pezzo su una rassegna dedicata a Billy Wilder, che si teneva a Milano. Mesi prima il redattore aveva conosciuto il regista a Los Angeles e aveva ottenuto il suo numero di telefono. "Provo a fare il numero" disse "non si sa mai". Fece il numero e Wilder rispose. Gli fu proposto di venire a Milano per essere presente il 22 giugno, giorno di inizio della rassegna e del suo 90° compleanno. Disse che sarebbe venuto volentieri ma aveva una brutta influenza. Concluse: "facciamo così, verrò nel 2006, quando compirò cento anni." Mancò l'appuntamento, ma non di molto, di quattro anni. Morì infatti nel marzo del 2002. La battuta di Wilder poteva benissimo appartenere al personaggio di uno dei suoi film. Quando un gruppo di addetti stila classifiche di titoli assoluti, un paio di film di Wilder ci sono sempre. I più citati sono Viale del tramonto e A qualcuno piace caldo. L'anomalia sta nel fatto che "A qualcuno" è un film comico, dunque appartiene a un genere sempre considerato, in chiave di qualità, nei contesti, mai in assoluto. Dico che quel film è un trionfo, per molte, per quasi tutte le ragioni.

Vedibilità
Non ha perso vedibilità, fa sorridere e ridere adesso come allora, con la stessa intensità, nelle stesse sequenze. Seduce tutti, dagli addetti a chi si torva distrattamente a vedere un film. E seduce a tutte le età. Un'altra misura esatta, indiscutibile è l'audience: fa sempre numeri molto alti, passaggio dopo passaggio. È una garanzia di gradimento, come pochi altri titoli storicizzati, sempreverdi che vengono da lontano. La storia è nota, due musicisti leggeri sono costretti a camuffarsi in abiti femminili per salvarsi la pelle. Poi Marilyn si innamora di Curtis e Lemmon fa perdere la testa al miliardario Brown. E così il film rappresenta l'omosessualità e l'alcolismo (di Marilyn) con una leggerezza capace di sorpassare i codici, le etiche e i modelli rigidissimi di quella stagione hollywoodiana. La memoria del cinema, e dell'utente, archivia alcune sequenze fondamentali, perfette come sfere, non riproducibili, 'inalienabili': Curtis con gli occhiali appannati mentre Marilyn lo seduce; Lemmon-Daphne, con la rosa in bocca, che balla il tango col vecchio milionario; Marilyn che canta "I'm Thru with Love" e viene baciata da Curtis-Josephine che poi scatta sulla scala come un centometrista, maschio; e poi naturalmente la solita battuta del nessuno è perfetto.
Wilder era nato in una regione dell'Austria-Ungheria che oggi è Polonia, per poi formarsi a Vienna e Berlino. In sostanza un artista di cultura tedesca, quando la cultura tedesca dominava. Era ebreo e dunque nel '33, con l'avvento di Hitler, se ne andò in America. Come a volte accade, uno 'straniero' ha più possibilità di decifrare l'indole di un popolo, specie se è dotato, e Wilder lo era e come. Fu aiutato dal "collega" Lubitsch, un altro (dotatissimo) berlinese emigrato negli Usa, e si inserì nel cinema. Con L'asso nella manica (1951) rappresentò, prima e meglio di tutti, le patologie perverse dei media. Con Viale del tramonto firmò un'opera che si ribella ai generi: non è thriller, né noir, né dramma né commedia eppure è tutti quei generi. E poi "A qualcuno" appunto. Ma quasi tutti i film del regista sono, e di molto, sopra la media. Il cinema è un mezzo irresistibile per lo straniero che sa leggere meglio degli autoctoni.

Impero
Per molti versi omologhi di Wilder furono i Korda, anche loro nativi di Austria-Ungheria, dunque gente che sapeva di impero. Incantarono Londra col fascino prima che con i film, capirono gli inglesi e si fecero più inglesi di loro. Alexander e Zoltan, proprio come Billy. Per analogia, e anche per contrasto, richiamo un nome del cinema contemporaneo che ha percorso quella strada da immigrato accreditato e molto gradito. Trattasi del taiwanese Ang Lee, furbo e talentuoso, che ha spiegato molti aspetti del carattere americano con grande efficacia: la borghesia malinconica e stanca (Tempesta di ghiaccio), la cultura ultrapopolare (Hulk), la spinta alla trasgressione (Brokeback Mountain).
La scommessa è: fra cinquant'anni cosa sarà rimasto di Lee, a che punto sarà la vedibilità postuma dei suoi film? Ecco, in chiave-Wilder, c'è qualcosa di davvero postumo, come un'ultima sequenza spiritosa e grottesca stralciata dal montaggio di "A qualcuno". In California a Westwood c'è un piccolo cimitero dove ci sono, vicine, le tombe di Wilder, Lemmon e di Marilyn. Fra le lapidi c'è uno spazio vuoto. È davvero probabile che quel pezzo di terra sia stato prepagato dal Tony Curtis, il quarto eroe del film più divertente del mondo.

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