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Trasposizione cinematografica dell' omonima commedia del 1945, Napoli milionaria è il ritratto rielaborato in chiave economica della situazione napoletana in piena guerra mondiale, una società difficile da contenere in uno schema rigido di ordine e decoro voluto dal regime mussoliniano, e che per sopravvivere s' arrangia a fare tutto, anche a intraprendere attività illegali come la borsa nera. Un film che mostra quasi completamente la doppia faccia del boom economico; se da un lato infatti, lo spettatore assiste a svariati espedienti che il napoletano mette in pratica per vivere, mettendo in mostra non solo la sua eccezionale furbizia ma anche la disperazione nascosta dietro al sorriso, dall' altra, all' avvento del flusso di benessere che coincide quasi con la fine della guerra, la medaglia si rovescia, e l' arricchimento economico favorisce l' impoverimento morale. Emblema di questa situazione è la famiglia Jovine, con donna Amalia che, da donna "del basso" si trasforma in una signora arricchita e fedifraga, sua figlia Rosaria, che si concede al soldato americano di turno, e il figlio Amedeo, ladro di notte. Solo suo marito, Gennaro, sembra conservare ancora frammenti di un uomo a cui per nulla interessano i valori materiali; è solo contento di essere tornato a casa da eroe, dopo aver combattuto per la patria. Ma la realtà è assai più amara: nessuno è disposto ad ascoltare le imprese di questo piccolo eroe, poichè tutti sono usciti così traumatizzati dal conflitto che hanno persino paura a sentirne parlare col timore di perdere tutti i loro beni.
Ottima prova d' esordio alla regia per Eduardo, che non manca di alleggerire l' atmosfera cruda della guerra servendosi degli sketch comici del mostro Totò, compiendo però un doppio gioco sulla rappresentazione della sua terra, mirando a metterla quasi in ridicolo con le varie figure che da morti di fame sono diventati i portavoce della nuova società consumistica e dall' altro dando loro un insegnamento: non esistono cifre così alte da poter comprare la felicità. Adda passà à nuttata.
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