luca scial�
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mercoledì 30 luglio 2014
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quando gli immigrati clandestini eravamo noi
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Questo film di Pietro Germi, dell'ormai lontano 1950, è quanto mai attuale. Da far vedere nelle scuole, per far ricordare alle nuove generazioni che anche noi siamo stati immigrati, disperati, che abbiamo lasciato le nostre terre d'origine in cerca di un futuro migliore. In realtà stiamo tornando ad esserlo, data la crisi. Il gruppo di siciliani protagonisti di questa pellicola, sono proprio come gli africani e i mediorientali che approdano sulle coste siciliane. La storia si ripete.
Uno stupendo e toccante film neorealista, con un mix di attori professionisti e amatoriali. Per una spontaneità che tocca il cuore. Le loro singole storie, le sfortune, gli imprevisti, ci coinvolgono dall'inizio alla fine.
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Questo film di Pietro Germi, dell'ormai lontano 1950, è quanto mai attuale. Da far vedere nelle scuole, per far ricordare alle nuove generazioni che anche noi siamo stati immigrati, disperati, che abbiamo lasciato le nostre terre d'origine in cerca di un futuro migliore. In realtà stiamo tornando ad esserlo, data la crisi. Il gruppo di siciliani protagonisti di questa pellicola, sono proprio come gli africani e i mediorientali che approdano sulle coste siciliane. La storia si ripete.
Uno stupendo e toccante film neorealista, con un mix di attori professionisti e amatoriali. Per una spontaneità che tocca il cuore. Le loro singole storie, le sfortune, gli imprevisti, ci coinvolgono dall'inizio alla fine. Dalla protesta disperata nella cava fino alla scalata nella tormenta sulle Alpi. Ebbe riconoscimenti a Cannes e Berlino. Meritatamente. Forse il migliore di Germi.
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angelo libranti
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sabato 16 giugno 2012
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ieri come oggi
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Fa sempre piacere rivedere vecchi film, specie quelli degli anni cinquanta, zeppi di retorica ma dai contenuti attuali. La denuncia sociale, nonostante l'arrivo del ventunesimo secolo resta immutata come le peripezie dei poveri cristi che non cambiano mai. Cambia l'etnia ed il luogo d'origine, il dramma invece è sempre uguale. Germi, regista del "sociale" ne ha fatto una questione di vita e nei suoi film c'è sempre la poetica dolce-amara del riscatto da una condizione disagevole. Purtroppo non ha goduto della popolarità di altri registi dell'epoca; ciò è dovuto alla sua indole triste ed introversa che non favoriva le pubbliche relazioni, oggi indispensabili per centrare premi e popolarità.
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Fa sempre piacere rivedere vecchi film, specie quelli degli anni cinquanta, zeppi di retorica ma dai contenuti attuali. La denuncia sociale, nonostante l'arrivo del ventunesimo secolo resta immutata come le peripezie dei poveri cristi che non cambiano mai. Cambia l'etnia ed il luogo d'origine, il dramma invece è sempre uguale. Germi, regista del "sociale" ne ha fatto una questione di vita e nei suoi film c'è sempre la poetica dolce-amara del riscatto da una condizione disagevole. Purtroppo non ha goduto della popolarità di altri registi dell'epoca; ciò è dovuto alla sua indole triste ed introversa che non favoriva le pubbliche relazioni, oggi indispensabili per centrare premi e popolarità.
Inquadrato naturalmente nel neorealismo, Germi ha fatto recitare gente scelta fra quelli della stessa condizione della storia e l'impatto con quelle facce “vissute” rende più incisiva la sceneggiatura.
Stupenda la fotografia in bianco e nero, sempre efficace per questo tipo di filmografia.+v
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miosotis
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mercoledì 6 aprile 2011
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transfrontalieri
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Se il regista avesse voluto fare un film neorealista non avrebbe certo preso un attore dalla dizione perfetta come Raf Vallone:mi sembra invece che abbia voluto fare un omaggio a tutti quegli sconosciuti e tante volte disprezzati emigranti che hanno avuto il coraggio di partire alla ricerca di un mondo migliore.La particolarità del film è che non è il mare l'elemento di confine,bensì le montagne:dato che fin da bambina ho percorso a piedi proprio i valchi e le creste immortalate nella scena finale-ricordo di estate indimenticabili-credo che i critici italiani,così estranei a questa realtà,siano sempre stati un po' miopi a giudicare.
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Se il regista avesse voluto fare un film neorealista non avrebbe certo preso un attore dalla dizione perfetta come Raf Vallone:mi sembra invece che abbia voluto fare un omaggio a tutti quegli sconosciuti e tante volte disprezzati emigranti che hanno avuto il coraggio di partire alla ricerca di un mondo migliore.La particolarità del film è che non è il mare l'elemento di confine,bensì le montagne:dato che fin da bambina ho percorso a piedi proprio i valchi e le creste immortalate nella scena finale-ricordo di estate indimenticabili-credo che i critici italiani,così estranei a questa realtà,siano sempre stati un po' miopi a giudicare.Esiste una cultura alpina fatta di tolleranza e accoglienza,che va oltre i confini o le diverse nazionalità,legata alla transumanza.Ed esiste,oggi,una cultura europea che ha abolito le frontiere e che proprio in quel periodo stava nascendo.
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marta
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sabato 21 marzo 2009
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commento
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Questo film lo vado a vedere domani da degli amici di famiglia. Alcune scene sono state girate a Maccarese (il mio paese), e in una scena compare la mia bisnonna Marietta, e altre contadine del posto!!
buona recensione.
Ciao. Marta.
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silvio de meo
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mercoledì 1 ottobre 2008
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w pietro germi
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Pietro Germi....un talento!!!!!confermo quello dettopiu' volte e' un'offesa alla cinematografia non valorizzare soprattutto in Italia un genio come Pietro Germi.Parlando di questo film non posso dire altro...."CAPOLAVORO".Grazie pietro,con amicizia: Silvio de Meo
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annalu
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sabato 24 maggio 2008
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da rivdere sempre
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wuasi una storia mitica nella verità.
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