Mario Gromo
La Stampa
È possibile un'autentica, assoluta giustizia degli uomini? L'errore giudiziario è soltanto quello clamoroso, che di sé riempirà poi le cronache, quando l'innocente avrà già sofferto; oppure l'errore giudiziario è molto più frequente di quanto non si creda? Come è possibile, in molti e molti casi, indagare e chiarire quali furono i moventi di questa o di quell'azione? E come potranno, nei giudizi di corte d'assise, degli uomini designati dalla legge e dalla sorte (i giurati), pretendere di chiarire alle loro coscienze tutto il dramma, tutta la vita di un uomo (l'imputato), che essi vedono per la prima volta, pallido e fremente, oltre le sbarre di una gabbia, e del quale ascolteranno le tronche parole, sullo sfondo di rapporti, testimonianze, perizie? E quali elementi influiranno le decisioni di quegli uomini-giurati, è come quelle decisioni si saranno maturate, ora incostanti, ora fin troppo precise, con tutte le incognite dovute all'istante, all'umore, alla vita privata? Può, la giustizia degli uomini, non essere che relativa e provvisoria? Anche se quegli uomini vi abbiano impegnato tutte le energie della loro dirittura e della loro coscienza? Non sono piccole domande, queste. [...]
di Mario Gromo, articolo completo (5594 caratteri spazi inclusi) su La Stampa 1957
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