Titolo originale | Vargur |
Anno | 2018 |
Genere | Drammatico, Thriller |
Produzione | Islanda |
Durata | 95 minuti |
Regia di | Börkur Sigþórsson |
Attori | Ingvar Eggert Sigurðsson, Gísli Örn Garðarsson, Marijana Jankovic, Anna Próchniak Steinunn Ólína Þorsteinsdóttir, Kristín Þóra Haraldsdóttir, Sigurður Sigurjónsson, Baltasar Breki Samper, Sveinn Ólafur Gunnarsson, Rúnar Freyr Gíslason, Aldís Amah Hamilton, Didda Jónsdóttir, Valur Freyr Einarsson, Elma Lísa Gunnarsdóttir, Frosti Runólfsson, Zlatko Krickic, Sunneva Weishappel, Þuríður Blær Jóhannsdóttir, Gunnar Bersi Björnsson, Ársæll Hjálmarsson, Jón Helgason. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,81 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 30 novembre 2018
Un noir ruvido e perturbante che mostra senza filtri il lato oscuro di una società - quella islandese, e per estensione nordeuropea - troppo spesso ingenuamente idealizzata.
CONSIGLIATO SÌ
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Figli di madre tossicodipendente, i fratelli Erik e Atli, rispettivamente avvocato senza scrupoli e nullatenente appena uscito di prigione, utilizzano Sofia, polacca, come giovane corriere, facendole ingerire ovuli di droga da trasferire da Copenaghen a Reykjavik. Ma non essendo dei professionisti, i loro errori fanno sì che la polizia si metta sulle loro tracce, compromettendo l'esito del piano.
Prodotto da Baltasar Kormákur, il più famoso transfuga islandese negli Stati Uniti (101 Reykjavik, Una tragica scelta, Cani sciolti, Everest, Resta con me) Vultures ("avvoltoi") è il primo lungometraggio per il cinema di Börkur Sigthorsson, uno dei registi della serie tv islandese Trapped, scritta e prodotta da Kormákur, anche questa di ambientazione criminale.
Il manicheismo e l'assenza di sfumature caratterizzano questo noir nordico programmaticamente antitetico alla rappresentazione condivisa di una nazione socialmente avanzata e progressista come l'Islanda. Ambientazioni urbane gelide, illuminazione lugubre, malessere e violenza diffusi, eiezioni fisiologiche esibite con un malcelato disprezzo del bello. Tutto è avidità umana e sfruttamento, dal titolo alle ambizioni dei due protagonisti e al personaggio materno mostruoso, horror, quasi caricaturale. A ciò si accompagna un certo monolitismo nella recitazione (in particolare di Gísli Örn Gardarsson, il fratello più cinico) e una scarsa incisività e originalità della sceneggiatura, che si chiude all'insegna dei codici seriali più convenzionali.
Faticando nell'intravedere tratti non si pretende ironici, ma almeno umani, dei protagonisti, è di conseguenza difficile incuriosirsi per i flashback di Erik con una misteriosa donna che l'ha rifiutato, o appassionarsi a un'investigazione che ha come tramite una poliziotta di cui ci si limita ad accennare le origini straniere. Ingessato, prevedibile, a tratti incongruente, regia di servizio. In concorso al Torino Film Festival 2018.