Titolo originale | I Villani |
Anno | 2018 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 83 minuti |
Regia di | Daniele De Michele |
Uscita | mercoledì 14 novembre 2018 |
Distribuzione | ZaLab |
MYmonetro | 2,99 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 17 dicembre 2018
Otto personaggi che portano avanti la loro battaglia quotidiana per rimanere ancorati alla cucina italiana e non cedere alla "globalizzazione" culinaria. In Italia al Box Office I Villani ha incassato 12,1 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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8 persone che, a diverse latitudini del nostro Paese, hanno deciso di produrre degli alimenti sani dovendo lottare contro più di un ostacolo. Questo documentario ne racconta le vite, i sacrifici, le soddisfazioni e le speranze.
"La cucina popolare italiana, amata e imitata in tutto il mondo, sta morendo. Ma in tanti provano a salvarla. Il film racconta il mio incontro con otto personaggi, uomini e donne di ogni età, che nel loro fare quotidiano rappresentano la sintesi delle infinite resistenze e reticenze a adottare un modello gastronomico e culturale uguale in tutto il mondo. Quattro generazioni a confronto, per poter verificare se la cucina italiana sia ancora un patrimonio vivo, se il passaggio di informazioni tra generazioni esiste ancora, se la tradizione così come l'abbiamo ereditata si salverà o scomparirà". Questo è l'obiettivo dichiarato e conseguito da Daniele De Michele con il suo primo lungometraggio.
Quello che lo contraddistingue e ne fa un'opera originale è l'assoluta distanza (anche se non dichiarata) da mode e correnti nutrizioniste varie. De Michele è interessato ad altro. Vuole mostrarci come in 'questo mondo libero' (come direbbe Ken Loach) in realtà i lacci e lacciuoli che si avviluppano attorno alla produzione genuina di alimenti sono innumerevoli.
Nel nome dell'igiene (battaglia giusta in linea di principio) si rende illegale tutto ciò che non è omologabile. "Come assiso talvolta il villano sulla porta del cheto abituro" così scriveva il Manzoni. Oggi se non l'abituro almeno il villano non è cheto e parla della propria vita e di quanti ostacoli ha dovuto e deve superare quotidianamente per realizzare prodotti genuini (che siano formaggi, verdure o cozze). Qui sta l'unica piccola pecca di questo lavoro interessante:proprio perché, insieme alle immagini, qui la parola ha un suo peso, talvolta i sottotitoli potrebbero venire in soccorso dello spettatore che non capisce alcune forme dialettali.
Anche la descrizione delle difficoltà non è però mai tradotta in vittimismo o semplice recriminazione. In tutti emerge la soddisfazione di saper resistere alle sirene della produzione che strizza l'occhio al consumismo nonché il piacere anche per la fatica che il loro impegno richiede. Torna spesso la parola 'amore' nel descrivere le varie attività. Amore per la terra, per gli animali, per quel grano che ha cinquanta varietà e caratteristiche.
A questo amore si legano una speranza e un timore che si sintetizzano in una domanda: ci sarà qualcuno che raccoglierà in futuro il loro testimone? La risposta non può essere affidata solo al vento che accarezza o scuote i loro campi o il loro mare.
Hanno accenti diversi ma parlano la stessa lingua. Quella di chi dall'alba al tramonto fatica al ritmo della natura. Totò, di Alcamo, in Sicilia, contadino come Luigina, sui monti del Pasubio, in Trentino; Brenda e Modesto, allevatori e produttori di formaggi, nel Sannio, in Campania; e i fratelli Santino e Michele, pescatori e coltivatori di cozze, a Taranto.