The Silent Revolution

1956. Durante una visita autorizzata a Berlino Ovest, Theo e Kurt, due studenti dell'ultimo anno del liceo di Stalinstadt, assistono a un cinegiornale che mostra la rivolta che sta avendo luogo in Ungheria. Colpiti dalle immagini della repressione dei moti popolari i due, tornati a scuola, convincono i compagni a fare due minuti di silenzio in classe in omaggio alle vittime. La maggioranza accetta ma i docenti e il preside non apprezzano il gesto. Se quest'ultimo tenta di mettere a tacere la cosa il Ministro dell'educazione, una volta venuto a conoscenza dell'accaduto, guida un'ispezione e pretende che il nome di chi ha preso per primo l'iniziativa emerga entro una settimana. In caso contrario l'intera classe verrà punita con il massimo della severità.

Lars Kraume conferma il proprio interesse nei confronti delle dinamiche che si innescano quando degli esseri umani decidono di esporsi andando contro la ragion di stato. Lo ha fatto di recente con successo con Lo stato contro Fritz Bauer e torna nuovamente ad occuparsene avendo come punto di partenza un testo autobiografico.

Dietrick Garstka, che ne è l'autore, è stato infatti uno di quei 19 studenti che decisero di tacere due volte. La prima per rendere onore ai caduti non di una controrivoluzione, come pretendeva la propaganda di regime, ma in difesa di un socialismo dal volto umano e un seconda decidendo di non rivelare il nome del compagno di classe che aveva avuto la coraggiosa idea. Kraume riesce, con un film dalla struttura decisamente lineare, a descrivere il potere ricattatorio esercitato da un regime che vuole sopprimere sul nascere qualsiasi dissenso anche quando non si tratta di un tentativo di opposizione organizzata ma di una semplice tensione di solidarietà.

C'è una battuta del preside che mostra quanto l'interiorizzazione della condizione di dominati possa permeare una coscienza. Il dirigente si chiede quale vantaggio abbia portato agli ungheresi in lotta il conflitto venutosi a creare nella sua scuola. Con quella frase dimostra di non aver capito nulla dei suoi studenti, dei loro ideali, della loro aspirazione a non crescere come servi ma come esseri pensanti che possano esprimere le proprie valutazioni. Alle loro spalle stanno i nuclei familiari che vengono descritti con dovizia di particolari mostrando come un passato recente (la seconda guerra mondiale con le sue contrapposizioni) ne condizionasse l'esistenza sottoposta al vaglio costante di un regime tanto occhiuto quanto ottuso. La rivolta ungherese con la conseguente repressione sovietica, che provocò ovunque in Europa crisi di coscienza anche nei comunisti più convinti, torna sugli schermi con una storia che non si limita alla proposizione di un film-pamphlet ma si appella alla coscienza delle giovani generazioni perché non smarriscano, sempre e in ogni condizione, l'aspirazione alla giustizia e alla solidarietà. 