Titolo originale | Bolshoi Babylon |
Anno | 2015 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Gran Bretagna |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Nick Reed, Mark Franchetti |
Attori | Maria Allash, Andrei Budberg, Anastasiya Meskova, Roman Adamov, Sergei Filin Boris Akimov, Maria Alexandrovna, Pavel Dmitrichenko, Yury Zaretsky, Nikolay Tsiskaridze, Maria Alexandrova, Vladimir Urin, Dmitry Medvedev, Grigori Zaslavski, Anatoliy Iksanov, Alex Kolton. |
Uscita | martedì 2 maggio 2017 |
Distribuzione | Nexo Digital |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,02 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 1 maggio 2017
Tra backstage, spettacoli mozzafiato e illuminanti interviste, uno sguardo sulle divisioni personali e politiche tra i ballerini, i manager e chi lavora dietro al sipario del celebre teatro.
CONSIGLIATO SÌ
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Bolshoï Babylon è un film differente. Differente da tutti i film (specialmente russi) dedicati al Bolshoï, vetrina mitica della cultura russa. Lo è per l'ipotesi avanzata dai suoi autori. Uscendo dal quadro squisitamente culturale, Nick Read e Mark Franchetti 'indagano' la relazione tra potere e creazione. Istituzione senza eguali ed emblema della Russia al pari della Piazza Rossa e del Cremlino, sera dopo sera il Bolshoï e i suoi artisti incantano il pubblico. Il concentrato di difficoltà quotidiane non trova posto sul palcoscenico e dentro un universo onirico dove tutto è perfetto, i corpi, i costumi, la musica. Ma nel gennaio 2013 un atto di violenza inusitata infrange l'immagine del teatro, precipitando la fabbrica di sogni dell'Europa dell'Est in una crisi profonda come le sue fondamenta. Il direttore artistico, Sergeï Filin è aggredito e sfigurato con l'acido da uno sconosciuto. Il trauma provocato dall'aggressione è il soggetto centrale del documentario che indaga il malessere dietro la bella facciata neoclassica. Perché l'insano gesto, motivato dalla frustrazione e dalla vendetta, è stato commissionato da un étoile di un corpo di ballo profondamente diviso. Arrestato l'esecutore materiale, la polizia privilegia la pista professionale e individua in Pavel Dmitrichenko, principal dancer, il mandante.
All'origine del conflitto i casting, le attribuzioni arbitrarie dei ruoli, la ripartizione altrettanto indebita degli spettacoli. Qualche mese dopo l'attentato e dentro un clima al vetriolo, Nick Read e Mark Franchetti ottengono l'autorizzazione a girare dietro le quinte di questa venerabile istituzione.
Per nove mesi accompagnano gli artisti in scena e li raccontano fuori scena. Meglio, ballerine, ballerini, direttori, tecnici, costumisti, truccatori, si raccontano tra querelle, ambizioni, insoddisfazioni, gelosie, guerre di clan. Le dichiarazioni si avvicendano e risalgono le gerarchie fino a Sergeï Filin, ristabilito dopo numerosi interventi, e Vladimir Urin, direttore generale che sostituisce Anatoli Iksanov, deposto dopo lo scandalo dal Ministero della Cultura. Le loro parole ricostruiscono un puzzle emotivo in cui il Bolshoï diventa metafora avvelenata del Paese e della corruzione della sua classe dirigente. Piazzati dietro le scene e dentro le sale di prova e di riunione, i registi disegnano i contorni fumosi di un'inquietudine latente che non 'corrompe' però l'eccellenza dei suoi protagonisti e la passione, sempre intatta, verso la propria disciplina.
Difficile distinguere il vero dal falso in questo conflitto che oppone direttori e artisti, vecchie e nuove generazioni di ballerini. Il documentario non è tenero con Sergeï Filin, mostrato come maître superato dalle visioni del nuovo secolo. La considerazione non è necessariamente infondata ma sembra trascurare la formidabile generazione che Filin ha formato e il repertorio che ha dispiegato sulle tavole del Bolshoï.
Luogo artistico e politico, restituito al suo antico splendore nel 2011, il Bolshoï è sopravvissuto a tre incendi, ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, all'incuria sovietica, ai cambiamenti di regime. Percorrendo i corridoi del tempio della danza è impossibile non pensare agli avvenimenti artistici e storici, dalle rivoluzioni alle restaurazioni, che lo hanno visto protagonista orgoglioso o soggiogato. Esemplare in questo senso, il blasone sovietico rimpiazzato dall'aquila bicipite della Federazione Russa sulla facciata che allinea colonne bianche e sul frontone sormontato dalla quadriga di Apollo. Dio delle arti che ha ceduto passo e influenza agli uomini del Cremlino.
Bolshoï Babylon rivela nelle confessioni dei suoi protagonisti un gioco di rivalità feroci e di conflitti interni che hanno condotto a delibere sconsiderate come il 'congedo' di Nikolaï Tsiskaridzé, étoile incomparabile in conflitto aperto con Iksanov e Filin. Lontani dagli affronti ordinari denunciati fino ad oggi dai ballerini, sabotaggio degli elastici delle scarpette o danneggiamento dei costumi alla vigilia della prima, il regolamento di conti assume al Bolshoï un carattere criminale e richiede una soluzione radicale. E volontà e fermezza non difettano certo a Vladimir Urin, già direttore del teatro Stanislavskij di Mosca, e a Maria Alexandrova, di ritorno sulle scene dopo un grave cedimento muscolare. In Vladimir e Maria, gli autori individuano una passione più forte di tutto. Più forte di tutto quello che si agita intorno e affonda. Direttore ed étoile si scaldano, alla scrivania o alla sbarra, preoccupati soltanto di fare arte. Impazienti di ritornare in scena, di volgere quella che oggi è diventata la 'stele funeraria' della cultura russa in monumento organico con la grazia della danza e il baleno di una leadership illuminata. Tutto questo potrebbe accadere presto o il giorno in cui l'homo sovieticus abbandonerà il palcoscenico.
BOLSHOI BABYLON disponibile in DVD o BluRay |
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