East End

Il mondo è al collasso e anche Roma non si sente tanto bene. La speculazione edilizia corrompe e abbrutisce la città, mentre ignoranza e disoccupazione fanno lo stesso dentro case e famiglie. Ai bambini non rimane che passare più tempo possibile lontano dai genitori depressi o ubriachi e fare squadra tra loro. Leo, lo scrittore in erba, Lex, il romanista sfegatato, e Vittorio, aspirante attore, sono un trio inseparabile, a scuola come a casa; mentre è più dura inserirsi per l'ultimo arrivato Ugo, più attratto dalla compagnia dei morti che dei vivi. Non si curano che di loro stessi, invece, i gemellini geek Michele e Gabriele, talmente presi dalle loro abilità informatiche da sequestrare un satellite militare armato e dirottarlo sullo stadio romano soltanto per vedere il derby "a scrocco".

Per un film che vuole portare una ventata d'aria fresca nel panorama dell'animazione cinematografica italiana, East End arriva purtroppo in ritardo su molti aspetti. E non è solo che non c'è più Obama a rispondere dal campo di golf su questioni di massima allerta mondiale, non è una questione di calendario, è piuttosto che quest'esperimento italiano di cartoon per adulti e non solo ripercorre strade televisive e ampiamente battute; strade che, anche se non sono state tracciate qui da noi, a noi sono state comunque condotte, e da molto tempo.

Dall'avvento dei Simpsons in poi, passando per i dintorni di South Park e per le serie tv di nuova generazione, che sbirciano nei retroscena del potere, il dissacramento delle icone contemporanee ha toccato vette sublimi; ritrovarsi la Merkel e Darth Vader che sodomizzano Berlusconi ha perciò un sapore quasi nostalgico, forattiniano: niente di male, naturalmente, ma non una ventata d'aria fresca.
Di questo genere di piccolo ritardo cronico, fatto di spunti troppo consueti (l'amore gay al gabbio, la coppietta da sit-com di Ratzy e Papa Francesco, il calcio al centro del mondo), il film di Skanf & Puccio soffre non poco, e, anche se questo non vuol dire che manchino battute azzeccate e occasioni di aperta risata, vuol dire però che non sono sufficienti a costruire l'originalità e l'interesse del film, nonostante la simpatia dei personaggi. Si sa che in Italia non è mai stato facile produrre oltre i confini del politicamente corretto, e di questo tentativo va reso agli autori grande merito, ma sono confini, questi, che si spostano nel tempo e oggi si trovano probabilmente altrove, non nella caricatura di Totti o di Nanni Moretti, ma nelle maglie profonde del racconto.
Proprio a quel livello, purtroppo, il film di Scanferla e Squillaci lascia insoddisfatti. Sebbene la linea narrativa di Ugo e della sua esplorazione dei segreti del condominio porti all'insieme una certa sostanza e anche un carattere nazionale (il peggiore, ma ci sta), rimane una sensazione forte di episodicità di tante scene, di uso strumentale dell'infanzia e, in definitiva, di esercizio di stile. 