Sunrise

Se Bollywood ci ha abituati a un'immagine primaverile del cinema indiano, con i suoi colori, luminosità, brani musicali e coreografie, Sunrise ci ricorda che anche l'ex colonia britannica ha il suo cuore di tenebra. Nel caso ci fossimo dimenticati delle notizie di cronaca nera che con cadenza ricorrente trovano spazio anche tra le pagine dei nostri quotidiani. Perché, dietro le sue proverbiali ospitalità e spiritualità, l'India rimane pur sempre uno degli stati con il più elevato tasso di crimini contro la donna.
Ecco allora che, attingendo dal morbo endemico della violenza che ogni anno miete centinaia di vittime tra le bambine del Paese, il regista Partho Sen-Gupta va controcorrente e concepisce una barocca storia di ossessione, morte e vendetta che guarda alla lunga tradizione del cinema di genere poliziesco più tipicamente occidentale, calandola però in un'atmosfera allucinata e da incubo che sembra evocare un surreale incontro tra i mondi onirici di David Lynch e il nichilismo disperato del primo Abel Ferrara, quando ancora si trovava a suo agio tra i deliri mistici di Nicholas St. John. È in questo contesto di luci pastose al neon, notti senza fine, pioggia torrenziale ininterrotta e sudici night club frequentati da laidi avventori che si muove il nostro protagonista, un irrequieto ufficiale di polizia che da anni è sulle tracce della figlia scomparsa.