The Term

Film 2014 | Documentario 83 min.

Regia di Aleksei Pivovarov, Pavel Kostomarov, Alexandr Rastorguev. Un film con Alexei Navalny, Ksenia Sobchak, Ilya Yashin, Ilya Ponomaryov, Sergei Udaltsov. Titolo originale: Srok. Genere Documentario - Russia, Estonia, 2014, durata 83 minuti. - MYmonetro 2,88 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento martedì 9 dicembre 2014

Un progetto sui gruppi d'opposizione russi concepito mentre Vladimir Putin tornava al Cremlino per il suo terzo mandato.

Consigliato sì!
2,88/5
MYMOVIES 2,75
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
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L'oppisizione in Russia.
Recensione di Raffaella Giancristofaro
Recensione di Raffaella Giancristofaro

Russia, maggio 2012: Vladimir Putin intraprende il suo terzo mandato presidenziale (non consecutivo), ma già da mesi monta verso la sua rielezione un ampio movimento di protesta. Il suo primo oppositore politico è Alexei Navalny, avvocato e attivista online, trascinatore di folle nelle piazze, attento alla propria immagine "moderna". Poi c'è la coppia mediatica formata dall'attivista liberale Ilya Yashin e da Kseniya Sobchack, socialite, giornalista, designer che il "Guardian" ha soprannominato "la Paris Hilton di Mosca", figlia del già sindac o di San Pietroburgo, legato al leader russo da solida amicizia.
Ma anche Sergei Udaltsov, rappresentante della sinistra radicale estrema, Alexander Belov, leader dell'estrema destra e Nadezhda Tolokonnikova delle punk artist Pussy Riot, molto più note degli altri fuori dal Paese per la loro opposizione a Putin. Un fronte unito solo potenzialmente, se non altro dal confronto con la continuità storica dell'idea di leader carismatico. Ideato da un team composto da un giornalista, documentarista e produttore televisivo (Pivovarov) e due filmmaker (Kostomarov e Rastorguev) The Term è il montato di filmati delle proteste e del dibattito politico già lanciati online come strisce quotidiane (ne esiste anche una versione tv da 52'), in cerca di immediatezza, vicinanza inedita con la strada e i protagonisti dell'opposizione: comizi dal palco, manifestazioni pacifiche, atti simbolici (l'immagine di Putin che brucia appesa a un palazzo) si mescolano a riprese di scontri con la polizia (il clamoroso arresto di Navalny, la condanna con successivo rilascio per via della sollevazione popolare, la denuncia di perquisizioni e sequestri), ragionamenti politici, momenti processuali, tecniche di resistenza pratica dei manifestanti.
A tutta quest'azione, imprendibile perché priva di una cronologia intellegibile, si alternano alcune clip propagandistiche che ritraggono un presidente dedito di volta in volta al volo in deltaplano, all a pesca, al karaoke in occasioni mondane: l'unico effetto è che se ne aumenta la comicità già innata e si banalizza la reale portata.
Se è acclarato il tema della richiesta dal basso di un nuovo corso politico, non lo è altrettanto la connessione tra gli accadimenti ripresi. Poche e affrettate le didascalie sulle personalità ritratte, mentre le note di regia rivendicano neutralità e distacco dai fatti, forse per proteggersi da eventuali censure. Concepito come prodotto leggero e virale, The Term vorrebbe essere, per freschezza e pluralità di punti di vista, ciò che The Square - Inside the Revolution è stato per la rivoluzione di piazza Tahrir, senza riuscirci, perché troppo estemporaneo e caotico. E però negarsene la visione equivarebbe in parte a legittimare la violenza subita dai registi (il sequestro del materiale a Kostomarov) e a privarsi di un punto di vista inedito, se pur parziale, sull'attualità politica russa.

Sei d'accordo con Raffaella Giancristofaro?
Come è essere oppositori di Putin in Russia: un documentario che ci spiega ogni cosa di questa realtà.
Recensione di Fabio Secchi Frau

Come è essere oppositori politici nella Russia di Putin?The Term, un esercizio di libertà di espressione connaturato in un reportage, ci racconta i tentativi, gli errori, i trucchi politici del Presidente Vladimir Putin, seguendo chi lotta perché la propria nazione cambi, quindi quei protagonisti che hanno fatto della protesta la loro ragion d'essere: l'attivista politico appartenente alla sinistra radicale, Sergei Udaltsov; la figlioccia di Putin, Ksenia Sobchak; la liberal Ilya Yashin; il popolare blogger che ha fatto della battaglia alla corruzione russa la sua missione e che è stato definito "l'uomo che Vladimir Putin teme di più", Aleksei Navalny; e naturalmente le Pussy Riot.
Il documentario, che è già stato definito un esempio di "guerriglia film-making", è stato concepito nel maggio del 2012, mentre i tre registi (il giornalista Pivovarov, il direttore della fotografia Kostomarov e il drammaturgo Rastorguev) studiavano il panorama sociopolitico della Russia e Putin tornava al Cremlino per il suo terzo mandato. Scegliendo un montaggio ben preciso e una regia focalizzata sui membri di vari gruppi di opposizione , queste tre menti hanno scelto di non abbandonare mai una posizione neutrale e invitano continuamente lo spettatore a interpretare obiettivamente le situazioni presentate attraverso un formato sperimentale abbastanza originale, quello dei "bollettini di cronaca online". È attraverso questo sfruttamento di un principio di imparzialità che si scopre quale sia il quadro generale in quella che è considerata ancora una "democrazia moderna", ma che è solo un blando regime.
Difficoltà nel trasmettere la vera informazione, l'agghiacciante quadro di ritardo su diritti e libertà, l'abisso fra il potere dello Stato e il volere del Popolo (che paradossalmente sembra essere il solo responsabile nello scegliere un carismatico Putin come leader), gli eventi in corso in Ucraina (che hanno offerto più attualità alla pellicola) non danno respiro allo spettatore. E, ad aumentare questa sensazione asfittica, ci sono le riprese disturbate da spintoni perché girate nel bel mezzo di gigantesche marce di protesta o per i violenti scontri con la polizia, gli incontri quasi segreti con gli attivisti, la segretezza con le quali si svolgono delle conversazioni private con i principali esponenti controputiniani. «Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano. Infatti, una persona può perfino essere uccisa semplicemente per avermi dato un'informazione. Non solo la sola a essere in pericolo e ho esempi che lo possono provare», scriveva Anna Politkovskaja, giornalista della Novaja Gazeta, nel dicembre del 2005. Un anno dopo, nell'ascensore del suo palazzo, il suo corpo sarebbe stato ritrovato con un proiettile conficcato in testa. Era da anni in lotta a favore dei diritti umani contro il suo presidente, criticando pesantemente il suo operato politico in ogni suo aspetto (sociale, economico, militare).
Il fantasma della Politkovskaja aleggia su The Term perché è proprio questo omicidio che ha dato vita alla divisione dell'opinione pubblica russa fra chi lo additava spudoratamente come mandante e chi, invece, annunciava un complotto ai danni dell'immagine del politico. Oggi, la protesta è diventata più movimentata e drammatica, si è spostata dagli articoli di giornale alla rete, digitalizzandosi. Fra tutti gli oppositori, emerge Navalny, dubbiamente condannato a 5 anni in una colonia di lavoro per appropriazione indebita e dei quali ha scontato solo un giorno, a causa dell'enorme protesta che si è creata immediatamente dopo la sentenza. Interessante, la scelta di non seguire un ordine cronologico accurato degli eventi ma, piuttosto di seguire uno sviluppo ad personam.
Le domande, dopo la visione di questo documentario, rimangono tante e inquietanti. Cosa succederà dopo? Chi sarà l'eroe di domani? Cosa accadranno a questi leader dell'opposizione? Cosa hanno veramente in mente? Cosa li spingerà ad andare avanti?

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