Neil Young Journeys

Neil Young è sulla strada del Massey Hall, un vecchio teatro di Toronto in cui terrà due concerti del tour che lo vede tornare nella sua terra d'origine: il Canada. Il regista lo accompagna nell'attraversamento della città natale, Omemee, e nel corso della sua esibizione.
È il terzo film che Jonathan Demme dedica a quello che ormai si può ritenere a buon diritto il suo cantautore preferito. Questa volta gli si affianca in auto in un percorso della memoria intervallato dalle performance sul palco. Young ricorda la propria infanzia ed adolescenza con tenerezza, senza mai fermarsi nei luoghi che lo hanno visto studiare o divertirsi in edifici che ora non ci sono più. L'unica sosta è nel luogo in cui sorgeva la casa che lo vedeva, in estate, dormire in tenda nel prato antistante. La dolcezza del ricordo quasi contrasta con l'amarezza con cui ripropone alcuni suoi classici come "Hey, Hey, My, My" od "Ohio" (quest'ultima accompagnata dalle immagini degli studenti uccisi durante una manifestazione). Il palcoscenico è arredato come se fosse un'abitazione ormai fuori moda in cui si trovano numerosi strumenti. Anche questa volta il pubblico viene lasciato fuori dall'inquadratura (ma non dal sonoro) per quasi due terzi del tempo. Demme e il suo direttore della fotografia Declan Quinn si concentrano su un artista che ha conservato una voce intatta in un corpo decisamente segnato dal tempo come il cappello che indossa. I suoi primi e primissimi piani ci offrono, anche nelle canzoni più recenti che occupano la maggior parte dell'esibizione, una lettura al contempo mite e sofferente della contemporaneità. 