Razor Eaters

Stufi di come lo stato amministra la giustizia, a Melbourne, cinque ragazzi si uniscono in una banda per punire tutti coloro che, stando ai loro parametri, lo meritano. I Razor Eaters, questo il nome scelto, se la prendono con spacciatori di droga e politici corrotti, ladri e prepotenti vari, mentre un membro si occupa di filmare ogni cosa con la telecamera. Intanto che l'opinione pubblica non sa bene come inquadrarli, Danny Berdan, un poliziotto, cerca di porre fine alla situazione.
In apparenza, è il tipico prodotto che sceglie di sfruttare il fascino della violenza urbana con tanto di musica ad effetto e montaggio esagitato, prendendo in prestito la formula da titoli ben più noti; in realtà, siamo alle prese con il tentativo, a volte anche riuscito, di dire qualcosa sulla giustizia privata e sul rapporto tra media e crimine. Traendo ispirazione da un caso di cronaca, Shannon Young espone la sua storia in maniera abbastanza obiettiva senza spettacolarizzare il folle progetto di uomini che, colpiti negli affetti personali, sentono il bisogno di avere la loro vendetta. Un famigliare perso nell'incubo della droga, un altro ucciso a scopo di furto, tra le altre, sono le motivazioni che spingono i cinque delinquenti a sostituirsi alla legge, compiendo così delitti più atroci di quelli di cui sono stati vittime.
Nonostante sia un lavoro alla buona, Razor Eaters - Senza limiti si toglie dalla spiacevole posizione di passare per un film reazionario, mostrando ammazzamenti e violenze varie, con il solo fine di evidenziare i problemi automaticamente connessi ad ogni iniziativa sviluppata al di fuori dell'ordine: sfiduciati, a torto o a ragione dalle istituzioni, i componenti della banda sono presentati per quello che sono veramente, assassini, stupratori, rapinatori. A chi guarda il compito di leggere sotto ai consensi di una società senza più bussola, in tutto assorbita da una deviata gestione dei media in cui l'ascolto è al vertice della piramide, contro ogni morale o ordine di pubblica necessità.
Poco riuscito e malamente sviluppato, purtroppo, il personaggio del detective Berdan, spettatore dei nastri che mostrano le violenze perpetrate e centro di un finale in cui l'attenzione si sposta inspiegabilmente dal crime movie a sfondo sociale al thriller di vendetta. «Ogni paese ha i criminali che si merita» dice il capobanda Zach, citando Robert Kennedy per poi concludere con: «Complimenti, Australia, tu hai meritato noi!». Molto meno violento di quanto si possa immaginare. 