Ramy

Film 2019 | Commedia

Regia di Cherien Dabis, Christopher Storer, Harry Bradbeer, Jehane Noujaim. Una serie Da vedere 2019 con Ramy Youssef, Amr Waked, Mohammed Amer, Hiam Abbass, Dave Merheje. Genere Commedia - USA, 2019, - MYmonetro 3,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. STAGIONI: 1 - EPISODI: 10

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Ultimo aggiornamento venerdì 24 gennaio 2020

Il conflitto interiore di Ramy che non sa come vivere il suo essere un ventenne americano-egiziano di prima generazione. La serie ha ottenuto 2 candidature e vinto un premio ai Golden Globes, 1 candidatura a Satellite Awards, 3 candidature a Critics Choice Award, 1 candidatura a SAG Awards,

Consigliato assolutamente sì!
3,75/5
MYMOVIES 4,50
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
Scheda Home
Critica
Cinema
Trailer
Una comedy originale che si allinea con leggerezza con i temi politici e identitari contemporanei.
Recensione di Andrea Fornasiero
venerdì 24 gennaio 2020
Recensione di Andrea Fornasiero
venerdì 24 gennaio 2020

Ramy è un giovane uomo del New Jersey, figlio di immigrati egiziani, che cerca di conciliare il mondo laico dell'America della East Coast con la propria fede musulmana. Non beve ma fa sesso anche se non è ancora sposato e ha una preferenza per le donne non musulmane. Frequenta la moschea ma ha seri problemi con il Ramadan. Sempre più confuso tra le regole dei genitori e l'ipocrisia degli amici, tra cui il solo senza filtri è il portatore di handicap Stevie, Ramy andrà in cerca delle proprie radici con un viaggio in Egitto.

Comedy in linea con le migliori produzioni di ultima generazione, che non cerca continuamente le risate ma affronta con leggerezza, eppure non senza pugni nello stomaco, lo studio di un personaggio problematico, in cerca di identità nel mondo contemporaneo.

Un po' Atlanta e un po' Master of None, Ramy racconta le più universali questioni lavorative, sentimentali e intergenerazionali, incrociandole a temi centrali del dibattito americano come la difesa della propria identità etnica o il riconoscimento della parità di genere. Tutto questo lo fa molto bene, ma quello che la rende la serie unica è la sua prospettiva spirituale. Se il musulmano al centro di Master of None si faceva in fondo pochi problemi con le regole dell'Islam - e ancora meno se ne faceva il protagonista non più credente di The Big Sick - Ramy vuole invece non perdere la propria fede.

Per lui la coolness di Earnest in Atlanta, abituato ad abbracciare il nonsense della sua vita con l'accettazione di chi non crede più in niente, non è una risposta praticabile. Ramy crede che Allah invece si faccia sentire nei casi della vita e si strugge crescentemente per la propria incapacità di vivere da musulmano in America.

Non trova modelli praticabili intorno a sé, anche perché dopo l'11/09 integrarsi negli USA non è certo facile per quelli come lui. Non può seguire i propri genitori che hanno un'educazione diversa e più rigida, ma non può seguire nemmeno i suoi amici che vivono la sua stessa schizofrenia ma l'abbracciano senza farsi problemi. E non può seguire l'esempio delle ragazze bianche che frequenta, che vedono la sua fede come una bizzarria, né delle donne musulmane di mezz'età di cui si invaghisce, in crisi a loro volta. Tantomeno può seguire l'esempio di Stevie, che è del tutto ateo nonostante abbia vissuto più di quanto avessero previsto i dottori.

Sprofondato sempre più a fondo, Ramy parte per l'Egitto negli ultimi episodi della stagione, che dissolvono ulteriormente le sue certezze, perché le contraddizioni di certo non mancano in Egitto e investono anche la scena politica. Convinto di trovare una gioventù fiera della propria recente rivoluzione si trova invece di fronte la politica o come argomento tabù, per i giovani che preferiscono dimenticare, o come nostalgia per un leader forte degli anziani, che addirittura dicono l'America dovrebbe stare dalla parte di Trump. Come nella seconda stagione di Fleabag, il rapporto con la spiritualità risulta irresolubile e come in Transparent con il viaggio in Israele della famiglia protagonista, il ritorno alle radici svela un mondo di ulteriori contraddizioni.

Intorno a Ramy hanno spazio diversi comprimari molto ben scritti, che in qualche caso conquistano un episodio tutto loro o quasi, come la sorella, l'amico Stevie e la madre. Si tratta di tre puntate che aiutano ad allargare il mondo del protagonista e allo stesso tempo a staccare da lui e far respirare la serie con un cambio di tono e prospettiva. La sorella vive il problema del diverso trattamento delle donne, ma pure lei si trova ad affrontare le difficoltà dell'integrazione, con un ragazzo che la feticizza in quanto araba e quindi esotica. La madre affronta la crisi di mezz'età e il relativo disinteresse del marito nei suoi confronti, oltre al progressivo allontanamento dei figli, trovando un lavoro part-time e vivendo una infatuazione. L'amico Stevie cerca di avere esperienze romantiche, nonostante le sue molte difficoltà, ma finisce in una situazione grottesca e trascina Ramy con sé.

Una serie quindi originale per il protagonista e in linea con i temi politici e identitari forti al centro delle comedy contemporanee, declinati con leggerezza, ma pure con amarezza. La serie ha taglio semi-autobiografico, visto che l'attore e autore è Ramy Youssef, stand-up comedian di origini egiziane e a sua volta di fede musulmana in America. Alla scrittura e alla regia, oltre a Ramy stesso, un team ricco di diversity, con la regista Cherien Dabis dietro la macchina da presa più dei colleghi maschi e con l'americana di origini giapponesi Leah Nanako Winkler tra gli sceneggiatori, così come l'americano pakistana Minhal Baig. Il realismo ironico della serie nasce anche da questa felice pluralità di sguardi poco allineati al mainstream.

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winner
miglior attore in una serie televisiva brillante
Golden Globes
2020
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