La padrina - Parigi ha una nuova regina

Film 2019 | Drammatico, 106 min.

Regia di Jean-Paul Salomé. Un film con Isabelle Huppert, Hippolyte Girardot, Farida Ouchani, Liliane Rovère, Iris Bry. Cast completo Titolo originale: La Daronne. Titolo internazionale: Mama Weed. Genere Drammatico, - Francia, 2019, durata 106 minuti. Uscita cinema giovedì 14 ottobre 2021 distribuito da I Wonder Pictures. - MYmonetro 3,06 su 14 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento giovedì 14 ottobre 2021

Venuta in possesso di una grossa quantità di stupefacenti, una traduttrice che lavora con la squadra antidroga decide di cogliere l'occasione: entra nel giro, fa esperienza e porta le informazioni ai suoi capi. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Cesar, In Italia al Box Office La padrina - Parigi ha una nuova regina ha incassato 70,7 mila euro .

Consigliato sì!
3,06/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA 2,92
PUBBLICO 2,75
CONSIGLIATO SÌ
Il contraltare europeo e al femminile di Breaking Bad, con l'ennesima ottima interpretazione di Isabelle Huppert.
Recensione di Tommaso Tocci
martedì 5 ottobre 2021
Recensione di Tommaso Tocci
martedì 5 ottobre 2021

Il reparto antidroga della polizia di Parigi indaga con zelo sulle partite di hashish che entrano nella capitale, e per farlo si affida al lavoro di traduzione di Patience, abilissima a intercettare le comunicazioni in arabo dei trafficanti. Cresciuta in giro per il mondo grazie alla madre, ora malata in una casa di cura, Patience soffre la noia e la fatica. Quando un giorno riconosce la voce della badante della madre in una delle intercettazioni, si adopera istintivamente per aiutare il figlio della donna. La partita di droga da lui trasportata svanisce all'improvviso sotto il naso di Philippe, investigatore di polizia che ha una relazione con Patience, e l'insospettabile traduttrice la recupera decidendo di mettersi in affari.

Raro esempio di equilibrismo tra i generi capace di tenere un passo morbido e delicato, il nuovo film di Jean-Paul Salomé costruisce attorno a Isabelle Huppert un'opera multiforme, che si destreggia tra la commedia e il policier senza essere né l'uno né l'altro, insoddisfatto delle convenzioni e della rigidità come lo è la sua protagonista, nell'ennesima interpretazione di livello di un mostro sacro del cinema contemporaneo.

Il cittadino modello che decide di reinventarsi fuorilegge produce, al cinema come in TV, una tensione sempre uguale: da un lato occorre necessariamente dissacrare le strutture del poliziesco perché il personaggio ne è una presa in giro vivente; dall'altro c'è bisogno che la sua ascesa abbia un'anima seria per legittimarla. Breaking Bad ci riusciva alimentato da una spietata critica alla mascolinità, e La padrina ne è un piacevole contraltare europeo e al femminile, appena abbozzato nella sua giocosa nonchalance ma sorprendentemente ricco.

Siamo dalle parti dell'orpello letterario, e del resto il film è tratto da un romanzo di Hannelore Cayre che cura anche la sceneggiatura. Tutto bacia e combacia, nella storia di Patience che non vuole aspettare (di finire come la sua mamma, di tornare sulla barca con il papà). Rime interne di scrittura che si fanno eco ritmato, tra arguti dialoghi da camera e anche, effettivamente, complesse sequenze di scambi, spionaggi e inseguimenti. Più che un underworld popolato di tagliagole, questa Parigi che corre tra Belleville e Barbés é una riappropriazione dello spazio borghese, dal supermercato al cinema. Huppert la percorre senza mai inciampare, nonostante si trascini dietro un cane poliziotto adottato, valigie piene di droga e un travestimento da misteriosa signora araba.

La chiamano "la daronne", sospira un giorno il buon Philippe, compagno di vita possibile e uomo di legge integerrimo che non sa più che pesci pigliare. Ma è l'ennesima etichetta che a Patience non sta bene: non di donna anziana, piuttosto di una madre o una signora distinta, di certo qualcuno sopra i trent'anni. Definizioni troppo generiche per qualcuno che si è scoperto genio criminale più come ricerca di identità che per reale bisogno economico.

Formidabile e sfuggente, la padrina sfrutta le ambiguità della traduzione per creare nuovi personaggi e realtà alternative, mettendosi in tasca il tragitto emozionale tra le lingue di partenza e di arrivo. Così facendo diventa non soltanto esso stesso un riuscito esempio di traduzione tra i generi cinematografici, ma un elemento di un discorso aperto nella filmografia recente di Isabelle Huppert, incastrandosi alla perfezione tra Elle, Frankie, Le cose che verranno ed Eva. Una galleria di donne in transito che la diva francese sa rendere enigmatiche al mondo ancor più che a se stesse.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
martedì 2 agosto 2022
Felicity

La padrina – Parigi ha una nuova regina è un film che non ha profonde aspirazioni. Nonostante l’argomento, manca di volontà critica e le difficoltà economiche o di integrazione degli abitanti della periferia parigina non sono approfondite, ma usate solo come un pretesto per sviluppare una trama classica che vuole intrattenere e divertire, riuscendoci quasi esclusivamente [...] Vai alla recensione »

mercoledì 8 novembre 2023
eugen

"La Daronne"(Jean Paul Salome', da lui scritto per lo schermo,  con ANtoine Salome' e Hannelore  Cayre, dal romanzo di quest'ultima, 2020)cerca dii far ridere parlando di droga e ci riesce. UNa vedova insospettabile, che fa uso della sua con oscenza dell'arabo per tradurre in frnacese le intercettazioni della "madama"e si ingrazia, facendolo innamorare, [...] Vai alla recensione »

lunedì 29 agosto 2022
uppercut

Un film che vorrebbe essere avanti e riporta a Louis De Funès, vorrebbe essere interculturale ed esprime un razzismo di fondo, soprattutto anticinese, davvero inammissibile, vorrebbe essere spiazzante e viaggia sullo stesso binario dal quindicesimo minuto in poi, vorrebbe regalarci una Isabelle Huppert in una veste del tutto inedita e finisce per farla precipitare nella sua prova in assoluto [...] Vai alla recensione »

venerdì 8 aprile 2022
JonnyLogan

Patience, vedova con due figlie e una madre in casa di cura in procinto di essere trasferita a causa dei suoi ritardi nei pagamenti. Lavora come traduttrice e interprete dall’arabo al francese presso la polizia di Parigi. Nel corso di un’intercettazione viene a conoscenza dell’arrivo di un carico di hashish dal nord Africa e invece di comunicarlo ai suoi superiori, fra cui il compagno, [...] Vai alla recensione »

FOCUS
FOCUS
domenica 17 ottobre 2021
Giovanni Bogani

Una commedia che è anche un thriller, o un thriller che è anche una commedia, tenuti insieme da una Isabelle Huppert immensa. Una Huppert che unisce virtuosismo – parla arabo per gran parte del tempo – e ironia, distacco e capacità di seduzione. Bella di una bellezza che vola sull’età senza toccar terra, una bellezza fatta di occhi blu, pelle immacolata e personalità. Soprattutto quella. Tu chiamale, se vuoi, fuoriclasse. La padrina di Jean-Paul Salomé è per metà una questione fra lei e lo spettatore. E per metà è questione di una sceneggiatura ben scritta, in cui piccoli e grandi colpi di scena muovono gli ingranaggi della storia, e in cui – nonostante certi personaggi caricaturali – non viene mai dimenticato il fattore umano. 

Parte il film, e veniamo scaraventati in un’azione di commando di squadre speciali della polizia. Irruzione in un covo dove si spaccia droga. Vediamo la Huppert mettersi, goffamente, il giubbotto antiproiettile, impigliarsi così bardata nelle strette scale dell’appartamento. Non è una poliziotta, anche se lavora con la polizia. Scopriremo che è un’interprete dall’arabo. Curioso destino, quello di due donne interpreti protagoniste di due film che escono negli stessi giorni: lei e la Jasna Duricic di Quo vadis, Aida?. Entrambe finite in mezzo a due mondi in guerra, unico elemento di contatto, di scambio – linguistico, narrativo. 

Lei, francese che parla l’arabo, che può comprendere le parole, le grida di quei ragazzi impauriti, picchiati in gendarmerie. Lei, che scivola via da quell’orrore per scivolare dentro un altro, quello di una casa di riposo, di una madre inquieta, insofferente, imprigionata lì dentro: anche la madre parla arabo, e lo parla anche l’infermiera marocchina, corpo grande e accogliente, capace di assorbire – come molti riescono ancora a fare, in quei lager per anziani – i malesseri, i disagi, il terrore di tutta quell’umanità fragile, smarrita, disarticolata, che ha perduto il suo rapporto col mondo. 

Senza proclamare il suo femminismo, La padrina  è un film tutto di donne: donne che sanno cavarsela, donne che sanno intuire, donne che sanno salvarsi. Donne che sanno ingannare, donne che sanno tenere una pistola. Donne francesi, arabe, cinesi che prendono decisioni, che si prendono rischi. Che trovano soluzioni inattese. 

Più di tutte, naturalmente, lei. Messa alle strette dalla vita, perché senza soldi non riesci a fare niente, senza soldi la vita ti si stringe addosso come le pareti addosso a Bond in un vecchio 007, Isabelle Huppert si trova una soluzione a portata di mano. E coglie l’occasione. Il resto, è il rapporto con l’amante poliziotto Hyppolite Girardot: che non capisce un decimo di quello che lei sta combinando, goffo e tenerissimo nelle sue avances sentimentali, sempre superate dagli eventi. E quello con un paio di spacciatori arabi, troppo buoni per essere credibili fino in fondo. Ma è credibile, invece, la Parigi multietnica di cui il film è intriso, in cui ogni scena è immersa. 

Basato sul libro di Hannelore Cayre, anche coautrice della sceneggiatura insieme al regista e ad Antoine Salomé, La Daronne – uno slang francese per “la mamma”, “la signora” – parte da un’idea che anche altri film e serie tv hanno esplorato: dall’altro film francese Paulette, in cui Bernadette Lafont era una nonna che si trasformava in spacciatrice di droga, al lieve L’erba di Grace, in cui una distinta signora di mezz’età appassionata di giardinaggio si improvvisava coltivatrice di marijuana. E potremmo passare da Jackie Brown di Quentin Tarantino, in cui la hostess Pam Grier ingannava agenti Fbi e gangster contrabbandando, in quel caso, centinaia di migliaia di dollari – e che una scena in un grande magazzino di abbigliamento sembra omaggiare. Potremmo aggiungerci i brillanti ricercatori accademici dediti alla sintesi di droghe di Smetto quando voglio, per arrivare alla serie Breaking Bad

Ma qui, c’è Isabelle Huppert. La musica della sua recitazione: come se risuonasse, vibrando con le parole degli altri, con i loro toni. Ci sono i suoi bizzarri travestimenti, con hijab e sciarpe coloratissime, occhiali da sole e vestiti lunghi che la fanno sembrare una milionaria araba, mentre compie – spesso sotto gli occhi della polizia e delle telecamere – una serie di crimini sempre più improbabili e divertenti. Anche perché tocca a lei cercare di depistare, mentre nell’ufficio di polizia riferisce conversazioni di spacciatori arabi che la riguardano sempre più da vicino. 

Dettagli. Sono sempre i dettagli a fare i film, a renderli credibili. Qui, ad esempio, il dettaglio di come gli spacciatori comunichino fra loro attraverso le consolle di videogames, per sfuggire ai controlli della polizia sui cellulari. Poi, potremmo eccepire su un sacco di dettagli che, al contrario, appartengono più al gioco che alla credibilità più assoluta. Ma è un gioco che vola leggero verso i cieli del divertimento. E al di là del divertimento puro che il film promette – mantenendo la promessa – c’è la storia di una donna, una donna di mezz’età che cerca e trova riscatto, che decide di dare una svolta alla sua vita. È un ritratto molto più sentimentale, più tenero, più affettuoso di quanto, a prima vista, potremmo pensare. 

FOCUS
venerdì 8 ottobre 2021
Simone Emiliani

Comincia come un poliziesco con un’operazione delle forze dell’ordine nelle scale di un palazzo. Con loro c’è Patiente Portefeux, un’interprete giudiziaria arabo-francese abilissima nelle intercettazioni telefoniche. In centrale, mentre sta traducendo, subisce anche l’aggressione di uno degli spacciatori fermati che le sputa in faccia.

Ci si potrebbe trovare dalle parti di un polar sporco e disilluso dalle parti di Maurice Pialat dove i colori blu scuro richiamano la fotografia di Luciano Tovoli in Police.  All’interno del genere però si costruisce la figura della protagonista che si crea progressivamente una doppia vita per far fronte alle numerose spese che deve affrontare.

Un giorno, mentre sta ascoltando una conversazione telefonica per un’indagine, si accorge che il pusher sorvegliato è il figlio dell’infermiera che si occupa della madre nella costosissima casa di riposo (3200 euro al mese) dove alloggia e, di nascosto, cerca di aiutarlo. Dopo aver recuperato la partita di droga, avviene la trasformazione e si crea un’altra identità. In centrale sorvola sulle intercettazioni che possono riguardarla segnalandola come “conversazione senza interesse per l’attuale indagine” e depista anche il comandante Philippe, interpretato da Hippolyte Girardot, con cui ha una relazione. Dall’altra invece costruisce una rete criminale dove può smaltire il carico di droga sottratto e riesce a far perdere le sue tracce anche grazie alle sue conoscenze in ambito giudiziario. 

Una nuova boss gira per le strade di Parigi. È Isabelle Huppert in un’altra sfida dove potrebbe interpretare tre personaggi contemporaneamente. Nei primi due convivono il suo presente monotono (l’interprete) ed elettrizzante (la metamorfosi nella spacciatrice nella scena del cambio del look) che esplode nella scena dove canta, come se fosse riposseduta, #Fêter di Panama Bende mentre sta guidando e viene avvicinata da un ragazzo in motorino che la guarda divertito, poi le bussa sul vetro, e le fa un gesto come se avesse capito che si è fumata qualcosa che l’ha fatta sballare. Poi c’è il terzo personaggio che non si vede ma si può immaginare e riguarda il passato della protagonista, rimasta vedova giovane dopo che il marito è morto a 34 anni. C’è una fotografia di Patiente ragazza sul lago di Ginevra. Lì dentro c’è nascosta l’esistenza avventurosa trascorsa insieme ai suoi genitori, la possibilità di una vita che poteva essere differente e ora le apre nuove strade. Isabelle Huppert possiede più volti e più corpi. Può trasformarsi da un’inquadratura all’altra, essere al centro di una scena d’azione, comica o intima.

Il film, tratto dal romanzo "La bugiarda" di Hannelore Cayre che è ispirato alla storia personale dei suoi genitori, è certamente dipendente dalla performance dell’attrice che lo porta su più direzioni contemporaneamente.

Jean-Paul Salomé, dopo aver attraversato il fantasy horror (Belfagor. Il fantasma del Louvre), il giallo (Arsenio Lupin) e il filone bellico (Fatal Agents), trova il mix giusto tra poliziesco e commedia dirigendo per la prima volta Isabelle Huppert. Nel personaggio Patiente compare lo spettro di Michèle in Elle di Verhoeven dove il suo gioco perverso con l’assalitore somiglia a quello della protagonista di La padrina con il sottobosco degli spacciatori.

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RECENSIONI DELLA CRITICA
lunedì 22 novembre 2021
Marina Pavido
Cineclandestino

Due diverse realtà che si incontrano. I difficili rapporti con la famiglia del partner. La paura del diverso. Situazioni che tutti almeno una volta nella vita hanno vissuto. Perché, dunque, non provare a raccontarle per immagini, magari con una frizzante componente fantasy/horror? A questo ha pensato il regista Volfango De Biasi con il suo Una famiglia mostruosa, frutto di tanti spunti provenienti [...] Vai alla recensione »

domenica 17 ottobre 2021
Roberto Escobar
Il Sole-24 Ore

È una Parigi sporca, quella di La padrina (La daronne, Francia e Belgio, 2020, 104'). Sporca significa che Jean-Paul Salomé e la cosceneggiatrice Hannelore Cayre mettono in scena una città e un' umanità marginali, che non conoscono confini netti né fra le nazionalità e le lingue - il francese, l' arabo e anche lo yiddish - né fra il crimine e la legge.

sabato 16 ottobre 2021
Mariarosa Mancuso
Il Foglio

Ero io a portare i soldi in Svizzera": Isabelle Huppert si commuove guardando una fotografia che la ritrae ragazzina, a bordo di un motoscafo. Altri tempi. Ora fa l' interprete dall' arabo in un posto di polizia parigina ( non proprio Quai des Orfèvres, sembra piuttosto Belleville, lei si chiama Patience). Intercettazioni, perlopiù. Ha appena finito di pagare i debiti del defunto marito, e padre di [...] Vai alla recensione »

venerdì 15 ottobre 2021
Jacques Mandelbaum
Le Monde

Evidentemente Tom Hardy - il bravo attore londinese, classe 1977, che aveva interpretato, tra l'altro, il personaggio di Bane ne Il cavaliere oscuro - Il ritorno (2012) di Christopher Nolan e quello dell'eroe omonimo in Mad Max: Fury Road (2015) di George Miller -, ci ha preso gusto e si è affezionato al ruolo dell'antieroe Eddie Brock in combutta carnale con il mostro Venom che ha, da subito, diviso [...] Vai alla recensione »

giovedì 14 ottobre 2021
Roberto Nepoti
La Repubblica

Vedova di lungo corso, Patience è un'interprete giudiziaria in lingua araba dalla vita privata allo stallo. Finché la mite Patience non perde la pazienza e, venuta in possesso di una grossa partita di droga, diventa la regina dello spaccio parigino. La padrina tenta la scommessa, non facile, di tenersi in equilibrio tra poliziesco e commedia. La prima mezz'ora è seria e verosimile; poi il tono vira [...] Vai alla recensione »

giovedì 14 ottobre 2021
Fulvia Caprara
La Stampa

Con il tempo il talento eccezionale è diventato un' altra cosa, comune solo a poche attrici nella storia del cinema. L' impressione è che per Isabelle Huppert, protagonista del film di Jean Paul Salomè tratto dal romanzo La Daronne di Hannelore Cayre (in Italia Edizioni Le Assassine), recitare sia più o meno come fumare una sigaretta. La sua prova, anche stavolta, nella Padrina, va ben oltre la naturalezza [...] Vai alla recensione »

giovedì 14 ottobre 2021
Gianluca Tana
Sentieri Selvaggi

C'è qualcosa nella società contemporanea che spinge alla ricerca di un cambiamento dalla monotonia della vita di tutti i giorni. La consapevolezza che siamo visti come parti di una macchina più grande di noi, che pretende da noi la reiterazione delle stesse azioni quotidianamente, porta una pressione che può sfociare in una volontà di rottura. Il cinema ha saputo interpretare questa volontà di rottura [...] Vai alla recensione »

giovedì 14 ottobre 2021
Massimo Lastrucci
Cineforum

Che si stia entrando in un nuovo mondo, sociale, etico, multietnico - almeno per quanto concerne le metropoli - ce lo conferma anche questo giallo-rosa che più parigino non si può, a partire dall'ambientazione per finire allo stile del racconto. La Padrina - Parigi ha una nuova regina è un film di Jean-Paul Salomé (gli andanti Belfagor, Arsène Lupin, il solido Female Agents, il curioso Io faccio il [...] Vai alla recensione »

giovedì 14 ottobre 2021
Marina Visentin
Cult Week

Patience (Isabelle Huppert), protagonista di La padrina, è indubbiamente paziente, come vuole il suo nome, o almeno si sforza di esserlo, da quando è rimasta vedova, ormai trent'anni fa, con due figlie piccole a carico e la fatica di sbarcare il lunario. Una fatica che prima non si sarebbe nemmeno immaginata, quando viveva negli agi, anche se forse non esattamente nei limiti della legalità.

martedì 12 ottobre 2021
Ilaria Falcone
NonSoloCinema

Patience (Isabelle Huppert) è un' interprete in forza alla Polizia di Parigi: si occupa principalmente di traduzioni dall'arabo. Figlia di un truffatore algerino, vedova di un uomo che santo non era, madre di due splendide ragazze e figlia di una donna ebrea ingombrante, ora ricoverata in un centro, fa fatica a mantenersi. Vive in un condominio abitato da cinesi, è l'unica "europea" a essere rimasta [...] Vai alla recensione »

martedì 12 ottobre 2021
Mauro Gervasini
Film TV

In Italia non hanno ancora un ruolo marcato ma in Francia il cosiddetto interprète judiciaire è figura indispensabile. Si tratta di colui che per la polizia traduce i dialoghi in arabo dei criminali magrebini. In particolare Patience Portefeux (Isabelle Huppert) lavora per la Stups (la narcotici) intercettando i corrieri dal Marocco. Quando si accorge che a essere implicato nel traffico è il figlio [...] Vai alla recensione »

martedì 12 ottobre 2021
Roberto Baldassarre
Cineclandestino

Isabelle Huppert si può considerare l'equivalente francese dell'hollywoodiana Meryl Streep, sperando che la Huppert non si offenda (e allo stesso modo la Streep) di questo paragone. Ambedue, anche se le decadi passano, sono riuscite, con la loro bravura, la loro duttilità e la loro umiltà, a restare in auge sia presso il pubblico e sia dentro l'industria cinematografica.

domenica 10 ottobre 2021
Francesco Del Grosso
La Rivista del Cinematografo

Si dice che andare in bici una volta imparato, non si scorda mai. Non si tratta di un luogo comune, bensì di una capacità resa possibile dalla memoria a lungo termine. Discorso che sulla carta è valido anche per la regia e per coloro che fanno Arte nelle sue diverse forme espressive. Ciononostante la mancanza di "allenamento" può fare brutti scherzi, rendendo il compito più difficile del previsto. [...] Vai alla recensione »

NEWS
TRAILER
lunedì 27 settembre 2021
 

Regia di Jean-Paul Salomé. Un film con Isabelle Huppert, Hippolyte Girardot, Farida Ouchani, Liliane Rovère, Iris Bry. Da giovedì 14 ottobre al cinema. Guarda il trailer »

POSTER
martedì 13 ottobre 2020
 

Patience (Isabelle Huppert), traduttrice specializzata in intercettazioni telefoniche per la squadra antidroga, frustrata e annoiata da un lavoro duro e mal pagato, durante un'intercettazione viene a conoscenza dei traffici poco raccomandabili del figlio [...]

NEWS
lunedì 30 agosto 2021
 

Venuta in possesso di una grossa quantità di stupefacenti, una traduttrice che lavora con la squadra antidroga decide di cogliere l'occasione: entra nel giro, fa esperienza e riporta le informazioni in ufficio, al servizio dei suoi capi. Vai all'articolo »

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