Il codice Da Vinci |
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Un film di Ron Howard.
Con Tom Hanks, Audrey Tautou, Jean Reno, Alfred Molina.
continua»
Titolo originale The Da Vinci Code.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 148 min.
- USA 2006.
uscita venerdì 19 maggio 2006.
MYMONETRO
Il codice Da Vinci
valutazione media:
2,14
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un thriller senza mordentedi Leo PellegriniFeedback: 0 |
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venerdì 9 giugno 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Una premessa. Il tanto chiacchierato romanzo di Dan Brown non è un granché ma si basa (nonostante quello che dica lo scrittore) su un testo serio, che potrà non convincere pienamente tutti ma qualche serio dubbio su quanto tradizionalmente ci viene raccontato lo mette (1) . Il fatto che sia stato Costantino a stabilire la maggior parte dei canoni su cui si basa la Chiesa moderna è una verità storica, come mi sembra sia indiscutibile che la nostra religione si rifà più a San Paolo che a Gesù. Comunque non spetta ai recensori di film addentrarsi nel dibattito religioso. Non è il caso di discutere se quanto detto nella pellicola sia più o meno fantasioso. Il lavoro di Ron Howard va analizzato per quello che è. Un thriller “che segue la traccia fornita una volta per sempre da Hitchcock: un uomo accusato d'omicidio è inseguito contemporaneamente dalla polizia e da un killer, e aiutato da una ragazza” (laRepubblica). Un thriller, per di più, su un tema che non può non affascinare. La stampa ne ha parlato male (Variety, la bibbia dello spettacolo, lo ha definito fiacco e noioso, pesante e sinistro). Tra i giornalisti presenti all’anteprima a Cannes c’è chi non ha risparmiato fischi e fragorose risate alla pellicola . Va subito detto che si è cercato di semplificare la complessa trama inventata da Brown, ma la vicenda raccontata nel film, attorcigliata e macchinosa, risulta difficilmente comprensibile per chi lo vede senza aver letto il libro. Anche perché Howard & Company, temendo polemiche e ritorsioni, hanno messo in secondo piano la parte più affascinante del romanzo (quella che motiva lo stratosferico successo in tutto il mondo): il mistero della Gioconda, Gesù che non è morto in croce, il culto della Madonna Nera, l’importanza dei Merovingi… sono appena citati o addirittura trascurati. Vedendo il film (e non avendo letto il libro da cui è tratto) non si capisce bene perché il mondo cattolico se la sia presa tanto di fronte a quella che ci viene presentata come una favoletta senza senso: favoletta che qui sembra un mero pretesto per imbastire la solita storia che tratta di assassini e polizia che danno la caccia a un innocente e dei marchingegni di questo per salvarsi. Storia vista mille volte al cinema e spesso con una tensione, una suspence, una partecipazione dello spettatore che nel film di Howard mancano assolutamente. Il risultato finale è un thriller senza mordente, prolisso e senza ritmo, piatto e fondamentalmente noioso. La necessaria parte didascalica (superficiale e banalizzata rispetto al lavoro di Don Brown) rallenta notevolmente la poca azione presente e giustamente fa dire a Le Monde “La sensazione finale è quella di aver sbagliato porta e di essere entrati in una sala conferenze invece che al cinema”. Spesso, anche nei peggiori film, nel cinema americano la recitazione si salva vista la grande professionalità dei suoi attori. Nel “Codice da Vinci” quasi tutti invece recitano male, o perché mal diretti o perché non convinti di quanto si chiede loro di fare. Sbagliata la scelta dei protagonisti. Tom Hanks per la prima volta non persuade e sembra limitarsi a fare atto di presenza senza mai accennare a una minima espressione (sembra che la parte fosse stata offerta a George Clooney , sicuramente più aderente al ruolo). Audrey Tautou, monotona al massimo, non fa altro che sbarrare gli occhi e non appare mai credibile (si era pensato dapprima a Juliette Binoche… un abisso!). Il doppiaggio non la aiuta e fa aumentare il senso di falsità. Jean Reno è alquanto piatto nonostante il ruolo affidatogli sia a lui congeniale. Senz’altro migliori Paul Bettany, Alfred Molina e soprattutto Ian McKellen. Fastidiosa e onnipresente la colonna sonora, una parodia di Carl Orff di oltre due ore e mezzo.
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