Giacomo Debenedetti
Per i duemilacinque o duemilaseicento metri (ché tanti ne sono sopravvissuti, dopo non gravi amputazioni, nella edizione italiana) di questo film ambizioso e felice, assistiamo, incatenati alla nostra sedia di spettatori, incatenati e tentati e spesso sedotti, ad un pericoloso confronto del cinema con i suoi limiti e le sue formule espressive. Giustamente a Carnet di ballo l’ultima Mostra veneziana ha assegnato il massimo premio: non si può che plaudire ad un riconoscimento dell’intelligenza, dell’iniziativa spirituale, della maturità culturale in lotta contro le pigre abitudini spettacolari e in implicita polemica contro il luogo comune, anche se fortunato. [...]
di Giacomo Debenedetti, articolo completo (6484 caratteri spazi inclusi) su 25 febbraio 1938