L'industriale

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Un film di Giuliano Montaldo. Con Pierfrancesco Favino, Carolina Crescentini, Eduard Gabia, Elena Di Cioccio, Elisabetta Piccolomini.
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Drammatico, durata 94 min. - Italia 2011. - 01 Distribution uscita venerdì 13 gennaio 2012. MYMONETRO L'industriale * * 1/2 - - valutazione media: 2,96 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Peccato, l’industriale Piefrancesco Favino è un po’ troppo geloso

di Paolo D'Agostini La Repubblica

Onore a Giuliano Montaldo, classe 1930, che è un combattente del cinema. Dopo I demoni di san Pietroburgo del 2007, colta ma non elilaria variazione sui temi biografici dostoevskijani, si torna nella Torino che sta diventando sempre più la nuova Cinecittà non però per mascherarla da altro (come per Pietroburgo e come spesso sta accadendo da qualche tempo). La vicenda di L’industriale è proprio torinese e riguarda i giorni nostri. La crisi e le sue conseguenze sociali e personali è tema che sta alimentando il cinema e la fiction televisiva. Qui un come al solito eccellente Pierfrancesco Favino (eccellente, e per questo lo chiamano a ripetizione. Ma il hravissimo attore deve stare un po’ accorto perché come già accaduto a Castellitto soprattutto sul medesimo fronte delle biografie illustri, televisive e quindi portatrici di notorietà e riconoscibilità assai più del grande schermo, tra un Bartali un Di Vittorio e un generale Della Rovere corre il rischio di strafare e di non variare a sufficienza toni ed espressioni) è un imprenditore che non ce la fa a tenere il passo con la sua azienda di famiglia. Cerca in ogni modo, tra i richiami della lealtà e quelli dell’orgoglio, la strada per non licenziare dipendenti che in qualche caso risalgono alla generazione precedente e lo trattano in modo paterno, rifiuta ogni ipotesi di sostegno dalla ricca famiglia della moglie Carolina Crescentini eppure la disperazione ha la meglio sulla naturale rettitudine e non disdegna di montare una spericolata messinscena truffaldina ai danni di potenziali finanziatori con la complicità del socio avvocato. In questi giorni di preoccupazione e smarrimento si insinua il demone della gelosia. Tra lui e la fascinosa moglie si sta allargando una distanza che è frutto di equivoci eppure questi equivoci si aggravano e li allontanano sempre di più fino a conseguenze estreme e irreparabili malgrado il tentativo di occultare gli scheletri nell’armadio e di riprendere lo standard della normalità precedente. Allora, la questione di fondo sembra questa. Il giusto complemento del versante privato, e dei suoi sviluppi ossessivi, si fa digressione sempre meno coerente con il tema che sarebbe parso centrale. Si ribalta il rapporto tra nucleo e digressione. La seconda cosa prende nettamente il sopravvento sulla prima riducendola da argomento principale a supporto e pretesto neanche tanto importante. Tutto lecito, per carità, ma un po’ ingannevole. L’altra cosa da notare però è la cura e l’eleganza della confezione. Il contributo della fotografia firmata da Arnaldo Catinari è decisivo nel creare un clima inquieto e un ambiente ostile: tra il decoro dei luoghi della classe alta e le memorie cadenti della fabbrica e i percorsi delle fughe peraltro innocenti della moglie, tutto è buio e nebbioso, grigio e notturno. Il lavoro della luce, dell’illuminazione sapiente esalta la partecipazione femminile, lavora a favore della Crescentini, che finisce con l’avvantaggiarsene anche oltre la giusta misura. Mentre al contrario il protagonista, malgrado il peso maggiore sia suo, finisce con il soffrire del cambio di registro in corsa del film. Sembra non fare del tutto proprie le ragioni di un personaggio che da sobrio borghese prossimo alla mezza età e con la testa sulle spalle, si muta in ossesso accecato dalla fissazione della gelosia.
Da La Repubblica, 13 gennaio 2012


di Paolo D'Agostini, 13 gennaio 2012

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