Anche il cinico Gérard perde la testa per amore
di Roberto Nepoti La Repubblica
Alain Moreau è un crooner dei poveri, un cantante da balera che passa la notte sussurrando strofe sentimentali, poi torna a casa e ascolta Bobby Solo in un vecchio juke-box. Quando incontra la giovane Marion, impiegata presso un amico immobliarista, ricorre al solito repertorio e se la porta a letto la prima sera; salvo ritrovarsi protagonista di una delle sue canzoni: proprio lui, che si sentiva vaccinato contro l'amore. il comportamento di lei, però, lo spiazza. È a conquista fatta che Alain deve iniziare il vero corteggiamento, con pretesti come la ricerca di una nuova casa (di cui non ha affatto bisogno) pur d'incontrare la donna. La. quale, infelice madre di un ragazzino che le preferisce la baby sitter, innesca un ambiguo tira e molla col maturo acchiappa sottane: lo manda in bianco e gli dà del patetico, poi torna a cercarlo col risultato di farlo innamorare sempre più. Ma anche lei, forse, sta solo tentando di resistere ai sentimenti.
Quand j'étais chanteur è un film un po' vintage, confezionato su misura per la taglia extra large di Depardieu, che se la gode un mondo a gigioneggiare nella parte del falso cinico dalla vita stropicciata, inaspettatamente fulminato da Cupido (come la cinepresa di Xavier Giannoli ci mostra in una scena addirittura didascalica). Gèrard è bravo quanto basta perché gli crediamo, benché a tratti, dietro il romantico Alain, faccia capolino Obelix; ma bisogna ammettere che lo aiuta molto la partenaire Cécile de France. Se non fosse bella in modo così definitivo e struggente, la sua Marion — instabile e provocante, evasiva e pronta a cambiare idea a ogni soffio di vento — risulterebbe poco credibile. E rischierebbe di farsi mandare al diavolo da una sequenza all'altra.
Da La Repubblica 27 maggio 2006
di Roberto Nepoti,