Le vite degli altri

Paolo Boschi

Non capita tutti i giorni che un esordiente alla regia si aggiudichi a sorpresa l’Oscar per il miglior film straniero, dato ancora più sorprendente se simile risultato viene conseguito con un film caratterizzato da un’ambientazione obiettivamente difficile come Le vite degli altri, che ci riporta a Berlino Est, nei primi anni Ottanta, per l’esattezza nel 1984, quando la caduta del muro sembrava lontana e la DDR costituiva, insieme all’URSS, la culla del socialismo reale. Dopo i film di successo della cosiddetta Ostalgie (nostalgia per l’est), quali Sonnenallee (1999) e Good bye, Lenin! (2003) che ritraevano un quadro, tutto sommato, positivo della DDR, è la prima volta dopo la caduta del Muro che gli aspetti oscuri della Repubblica Democratica Tedesca, in primis la famigerata polizia segreta di stato, la Stasi, vengono affrontati con coraggio dal cinema tedesco; impresa tanto più ammirevole in tempi in cui il revisionismo storico imperante vuol far cadere nel dimenticatoio i misfatti di un regime totalitario come quello della DDR. [...]

di Paolo Boschi, articolo completo (3724 caratteri spazi inclusi) su che la redazione ringrazia.