Stefano Reggiani
La Stampa
Ci sono dei film che si scavano da soli la propria strada, contro le regole del mercato o del grande spettacolo. Stranger than Paradise è un film generazionale, piace per contagio e per protesta, aggrega i nuovi cinefili. È un'opera povera o, come direbbero i frequentatori della nuova musica, minimale: usa la scarsità di mezzi come condizione stilistica, è raccontata per lunghe frasi autonome, separate da racconti neri, in una finzione di non-montato, di accadimenti spontanei.
L'autore, Jarmusch, è un trentenne che ha fatto l'attore, il direttore di fotografia, il tecnico del suono, l'assistente per Wenders in Nick's Movie, che ha già diretto un Permanent Vacation e che per questo Stranger è stato premiato a Cannes e a Locarno. [...]
di Stefano Reggiani, articolo completo (2943 caratteri spazi inclusi) su La Stampa 23 febbraio 1985