Giuseppe Marotta
Niente, la primavera non viene. Le si è impigliato il manto, o un tacco a spillo, in un meridiano affiorante dalle parti dell'Equatore: e sta là, immobile, aspettando che qualcuno l'aiuti. Nemmeno l'ombra di una rondine sul tetto: fredde pioggerelle si rincorrono per le vie, frusciando; e il nuovo Governo, regga o non regga all'avversione di mezzo Parlamento (scrivo in data 28 marzo), che diavolo può farci? (Quanti riti, che sfoggio di “procedura”, nelle “crisi” ministeriali. Gli uomini politici vanno e vengono secondo il cerimoniale d'uso, ma tutto è già deciso nelle riunioni delle segreterie dei partiti, mediante la suddivisione anticipata, affannosa, degli incarichi, e mediante i premi alle “astensioni” o ai fiancheggiamenti platonici: Ronzano le macchine da presa della televisione e gracidano i microfoni impugnati dagli alti individui, saturi d'avvenire come le ostetriche quando le doglie sono cominciate; ma è sin troppo evidente che al di là delle mere apparenze ogni levatrice, oggi come oggi, è zero se non ha la benevolenza del parroco. [...]
di Giuseppe Marotta, articolo completo (11197 caratteri spazi inclusi) su 1960