Sangue - La morte non esiste |
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Un film di Libero de Rienzo.
Con Elio Germano, Emanuela Barilozzi, Luca Lionello, Libero de Rienzo
Drammatico,
durata 104 min.
- Italia 2006.
uscita venerdì 5 maggio 2006.
MYMONETRO
Sangue - La morte non esiste
valutazione media:
2,63
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Maria Pia Fusco
La Repubblica
Ci sono incesto e droga nel film d’esordio nella regia dell’attore Libero De Rienzo Sangue - La morte non esiste, eppure non è un film-scandalo. Accolto con pareri discordi dai critici, ha avuto un lungo applauso (solo un paio di «buh») dal pubblico (in gran parte giovane) di Locarno, che ha colto con risate i momenti divertenti del film. È la storia di Stella (Emanuela Barilozzi) che sogna un altrove, determinata ad affermarsi in qualche modo, lontano dal padre, dal dolore perla perdita della madre e di Turi (Elio Germano), il fratello maggiore, che vive con paranoia la ribellione ad ogni autorità e l’ansia di inventarsi un’esistenza degna di uno dei tanti libri che ha letto. Prodotto da Roberto Buttafarro e Valentina Pozzi, distribuito da Mikado, costato poco più di 700 mila euro, girato tra Torino e Roma, è un film in tre atti, che sono anche tre stili e toni diversi, e che, passando dai tempi del ricordo ai tempi reali, racconta il rapporto con la droga e le corse in motorino, improbabili san-toni e pusher aristocratici, un rave party e l’irruzione della polizia, la fuga forsennata e una tragico-mica messa funebre, celebrata da Iuri, che si improvvisa prete e in Un appassionato sermone esprime drammaticamente tutte le sue paure, tutta la sua rabbia.
Al centro il legame d’amore, fortissimo e disperato, tra Turi e Stella, cresciuti insieme, con gli stessi giochi e le stesse fantasie, un legame che, dice De Rienzo, «rappresenta l’intensità del primo amore che a 17, 18 anni ci sembra definitivo, l’idea che possa finire è impossibile,ci fa pensare alla morte».
Libero De Rienzo ha 28 anni e negli ultimi Otto, mentre si affermava come attore - la rivelazione fu con Santa Maradona di Marco Ponti - ha sempre pensato a questo film, anche mentre, poco più che ragazzo, appariva avido di spaghetti in uno spot pubblicitario. Perché Sangue «è il film della vita, è il momento doloroso e difficile del passaggio all’età adulta, è l’abbandono delle paure». E di tanti film «della vita», troppo a lungo desiderati, Sangue ha i pregi della libertà di fantasia e il difetto degli eccessi di citazione, della confusione, del «troppo». «Sono cresciuto tra cinema di qualità e fumetti giapponesi, libri, musica e arte contemporanea, memorie di parrocchia dove andavo a giocare a pallone e discorsi sulla morte. Nel film ho rivomitato tutto, forse confusamente, forse con presunzione, ma con l’onestà di voler usare il cinema per fare arte», dice il regista e rifiuta l’etichetta di film generazionale o film sulla droga: «Non è un film su qualcosa, ma dentro le cose. Non c’è il problema della droga, né io né gli attori, con cui ho lavorato in perfetta simbiosi, ce lo siamo posto. E’ una consuetudine e basta. Del resto ricordo benissimo che negli anni Novanta, quando è arrivata la droga chimica, acidi e pasticche, in qualunque casa di amici in cui arrivavi c’era sempre qualcosa. Era un normale elemento della serata».
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