Paolo D'Agostini
La Repubblica
Un bell'esempio di come può essere fertile la relazione tra un romanzo e un film. Da "Nemmeno il destino" di Gianfranco Bettin (Feltrinelli) il regista Daniele Gaglianone (quello del brillantissimo esordio con I nostri anni dove, nell'oggi, due vecchi e malandati ex partigiani rintracciano un vecchio e malandato ex aguzzino delle brigate nere e decidono di giustiziarlo) ha preso selettivamente quello che voleva ma si è meritato dallo scrittore un "grazie a lui ho capito meglio il mio testo".
La lettura del regista è dedicata all'adolescenza che crede nell'amicizia, che corre il rischio di perdersi, che cerca un proprio posto lontano dalle delusioni dei genitori, che si ribella rabbiosamente perché solo così si può crescere. Sullo sfondo di una periferia dalla doppia valenza, quella di una città invasa dai resti della sua civiltà ex industriale e quella interiore di un destino segnato dalle infelicità familiari, Ale figlio di una donna marchiata dalla violenza subìta e Ferdi figlio di un ex operaio messo ai margini malato e alcolista, reagiscono insieme alla cappa che li soffoca.
Con la stessa rabbia ma con esiti diversi. Dal gesto di rivolta estrema e autolesionista del secondo il primo trarrà forse la maturazione necessaria per uscire dal riformatorio pronto a un'altra vita. Una combinazione produttiva appassionatamente indipendente, un'opera dura, non facile, che conferma il talento, aspro quanto personale, di un autentico innovatore.
Da La Repubblica, 5 novembre 2004
di Paolo D'Agostini, 5 novembre 2004