La vita che vorrei

Roberto Rombi

Relazioni e conflitti all’interno di una troupe un po’ come in Effetto notte di Truffaut, una storia d’amore tra un attore e un’attrice che rimbalza dalla fiction alla realtà come in La donna del tenente francese di Karel Reisz, AI film nel film è ricorso Giuseppe Piccioni nel suo nuovo lavoro La vita che vorrei che - non preso in considerazione dai selezionatori della Mostra di Venezia («Mi è dispiaciuto e mi ha sorpreso” commenta il regista) - uscirà nelle sale il primo ottobre distribuito in 200 copie. Interpreti, nel doppio ruolo della realtà e della fiction, Luigi Lo Cascio e Sandra Ceccarelli ancora una volta diretti da Piccioni dopo Luce dei miei occhi, premiato a Venezia nel 2001 con la Coppa Volpi alla Ceccarelli.
Il mondo del cinema, così come viene fuori dalla storia ripropone certi stereotipi correnti: l’attrice emergente che scalza quella più affermata, i noiosi rituali mondani, il sospetto che l’interesse per le persone sia una strategia per una scalata nell’ambiente. «Il mio non è un film che racconta il mondo del cinema” mette le mani avanti Piccioni «ho voluto evitare ogni rispecchiamento sociologico di quel mondo. Quella che racconto è una storia d’amore tra due attori che devono interpretare un film in costume, qualcosa tra la Traviata e La signora delle camelie di Cukor con Greta Garbo, qualcosa che fosse già conosciuta dal pubblico perché è entrata nella nostra tradizione popolare.
«La scelta di collocare la storia d’amore nell’ambiente del cinema» continua il regista nasce dal fatto che è un mondo più avventuroso riguardo alle emozioni, i sentimenti sono più minacciati, è un territorio insomma di promiscuità, soprattutto dì corpi» Rigoroso, avaro delle proprie emozioni, sospettoso, attore affermo lui, passionale, generosa, incerta sulle scelte da fare, agli inizi di carriera lei. La relazione inevitabilmente si accende di conflitti, quasi uno specchio della passione travagliata che i due vivono nel film in costume che interpretano. «L’aspetto melodrammatico presente nel mondo della fiction si mescola con quello della realtà quotidiana» spiega Piccioni.
«Appartengo a quel genere di attori che devono vivere sullo schermo esperienze provate nella propria vita o raccontate dal altri” racconta Sandra Ceccarelli. Mentre per Lo Cascio è diverso. «Ho cominciato a teatro - dice - mi attirava il tema della maschera, di tutto quello che ha a che fare con il camuffamento e quindi, in qualche modo, con lo scomparire. Il mestiere dell’attore è più facile da fare che da raccontare. E come chiedere a un chirurgo quali sono i suoi pensieri mentre sta facendo un’operazione a cuore aperto. Il bello dell’attore è che sia anche un po’ mago». Proprio per l’esigenza del camuffamento, dell’oscillazione tra realtà e fantasia «abbiamo scelto una storia in costume per il film nel film» conclude Piccioni che rivela un progetto a cui tiene molto. Con alcuni soci, amici e compagni di lavoro, aprirà alla fine di ottobre a Roma, a Trastevere, una libreria interamente dedicata al cinema. «Forse» dice scherzando «potremmo chiamarla “Fuori dal mondo”».
Da La Repubblica, 21 settembre 2004


di Roberto Rombi, 21 settembre 2004