Agata e la tempesta

Lietta Tornabuoni

Colorata in allegre tinte primarie come una stanza dei bambini, fantasiosa come Big fish di Tim Burton, la commedia di Siivio Soldini Agata e la tempesta mescola divertimento tragedia e magia in una fattura accuratissima.
Una libraia di Genova, Licia Maglietta, bella, efficace, attraente, ha un singolare potere: al suo passaggio le lampadine elettriche si fulminano, i computer esplodono, le luci urbane si spengono, tostapane e asciugacapelli non funzionano. Una donna de-elettrizzante? In un surreale mondo alla rovescia, le sciagure non provocano dolore, le parentele non sono legami di sangue, generazioni diverse amorosamente s’intrecciano, disgrazie come la perdita dell’uso delle gambe possono rendere l’esistenza più calda ed erotica, il passato si affaccia in un bianconero senza nostalgie, una gallina è il più fedele amico dell’uomo e della donna, le orchestre di balera della pianura padana sono più appassionate e commoventi di Chopin, il tempo è scandito («Un mese dopo, due anni dopo ... »), cibi e vestiti multicolori portano gioia, la morte è un incidente.
Silvio Soldini, milanese, 46 anni, debut-tante nel 1990 con L’aria serena dell’Ovest, autore di Brucio nel vento, Le acrobate, Un’anima divisa in due, con un’unica esperienza di commedia in Pane e tulipani ammirato e premiato, stavolta va oltre. Niente realismo tanto caro al cinema italiano, niente politica né drammaticità, nessuna ideologia, neppure una sfumatura di critica sociale o morale, nessuna condanna del disordine, nessuna ricerca di geometrie assolutorie né di “ogni cosa al suo posto”: anzi, esattamente al contrario. La vita come viene èvitale perché è, appunto, la vita, e continua sempre : se la accetti, la ami, e la vitalità è tutto.
Almeno, così sembra di capire. Soldini dice soltanto di aver fatto con “Agata e la tempesta”, insieme con i suoi interpreti e collaboratori benissimo scelti e diretti, un film che gli sarebbe piaciuto vedere per divertirsi, ma scambia i ruoli. Non è lui che deve divertirsi: lui deve far divertire noi, e magari noi possiamo offrirgli un’occasione di divertimento.
Da L’Espresso, 11 marzo 2004


di Lietta Tornabuoni, 11 marzo 2004