Insieme a Sjöström fu il più valido esponente del cinema nordico muto. Dopo una decina d'anni d'attività in teatro quale attore e regista, debuttò nel cinema nel 1912. Dal 1916, e sino al 1923, ebbe la direzione artistica, con Victor Sjöström, della casa produttrice "Svenska" e proprio in quegli anni diede al cinema alcune tra le più belle pagine. Il suo primo film importante fu Il tesoro d'Arne (1919) tratto da un'opera di Selma Lagerlöf. Vi si narra una vicenda drammatica e cruda ambientata in una natura bellissima, dove il paesaggio si veste di colori poetici e lirici. In confronto con quella di Sjöström, la sua è un'arte più sfumata, allusiva e indiretta: tra i suoi personaggi e la sua cornice si crea talvolta un'antitesi, entro cui s'insinua l'angoscia, prorompe la tensione tragica, oppure affiora il disincanto, il distacco; mentre le sue ricerche di simbolismo intellettuale e certi risultati figurativi maestosi e profondi annunciano Ejzenstejn. A questo film altri seguirono, notevoli per dignità formale e vigore drammatico, come Verso la felicità (1920), Foban (1921) e La favola di G. M. (1923). Specialmente il primo, insolito come tema e genere, conteneva motivi di grande interesse, sul piano della commedia a sfondo amaro. Con questi film egli tendeva ad allontanarsi dai temi tradizionali, cosa che fece poi completamente quando, nel 1926, si trasferì in America. Qui però non riuscì a mantenere il livello artistico raggiunto in patria. L'ultimo, La strada del peccato (1928), fu terminato da von Sternberg. Prima di partire per l'America il regista finlandese aveva realizzato uno dei suoi film più notevoli e caratteristici, I cavalieri di Ekebu (1923, da un celebre romanzo della Lagerlöf). Si tratta di un film diseguale e suggestivo, violento e drammatico, imperniato sul dramma del pastore Berling che lotta per soffocare l'amore che lo allontana dalla sua missione. In esso appariva per la prima volta come attrice Greta Garbo, poi trasferitasi con lui a Hollywood, ma con assai maggiore fortuna.