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Seijun Suzuki

Seijun Suzuki è un regista, è nato il 24 maggio 1923 a Tokyo (Giappone) ed è morto il 13 febbraio 2017 all'età di 93 anni a Tokyo (Giappone).

Un piatto di ramen in salsa pop

A cura di Roberto Donati

Seijun Suzuki, all'anagrafe Seitaro Suzuki, nasce a Nihonbashi, uno dei quartieri storici di Tokyo. A vent'anni si arruola nell'esercito per combattere al fronte. Tre anni dopo, nel 1946, passa l'esame di ammissione per entrare, come aiuto regista, alla Kamakura Academy.
È il precoce inizio di una carriera lunghissima. Si lega alla celebre casa di produzione Nikkatsu e, come regista in carica, debutta nel 1956, guadagnandosi subito fama di essere esecutore veloce, professionale, di successo: nei primi anni dirige una media di tre o quattro film all'anno, spaziando su vari generi ma prediligendo, di base, il genere 'yakuza-eiga', i film sulla malavita giapponese.
Sono dieci anni di produzioni intensissime e di alterna qualità: a Suzuki, sembra col senno di poi, interessa girare in velocità e sperimentare il più possibile con la camera, con i colori, con le scenografie, con il montaggio. In una parola, visti i contenuti tutto sommato poco variabili, con la messinscena.
Il suo progressivo sperimentalismo arriva a schematizzare le trame attraverso il montaggio e a trasfigurare i personaggi in figure iconiche che si muovono più in modo coreografico che realistico tra scenografie spesso vistosamente finte. Nel 1967, dopo il flop di La farfalla sul mirino(Koroshi no rakuin), entra in aperto conflitto con il presidente della Nikkatsu, Hori Kyusaku, e abbandona gli studios. In undici anni, ha realizzato ben 39 film, accumulando grande esperienza anche con gli attori e con le star dell'epoca.
Per i dieci anni successivi è costretto a lavorare in televisione, dove peraltro continua la sua sistematica opera di sperimentazione e sovversione dei generi attraverso le forme della regia e della messinscena. Torna al cinema solo nel 1977, con Hishu monogatari. Tuttora pressoché sconosciuto in Italia, Suzuki è uno dei registi più folli e prestigiosi del cinema giapponese: della quarantina di film realizzati con la Nikkatsu, da noi è arrivato soltanto il mirabile La farfalla sul mirino, proprio il suo più infamous.
È tuttavia dell'anno precedente il suo probabile capolavoro, Tokyo Drifter: l'esplosivo e intermittente stile zen del regista, che alterna esplosioni di violenza ad assurde pause metafisiche, anticiperà il concetto di cinema di una folta leva di nuovi registi, giapponesi e internazionali.
Suzuki, in ogni caso, è autore giapponese a 360°. Alla domanda se accetterebbe l'offerta di una buona sceneggiatura da parte di una major hollywoodiana, risponde umile e consapevole: "Il mio stile, ma anche il senso del mio cinema, è troppo differente dalla cultura hollywoodiana, quindi sarei costretto a rinunciare." Il suo universo creativo è retto dalla violenza, ma dietro fa sempre capolino un'ironia impassibile, un umorismo macabro, imprescindibile senso dell'onore, surrealismo di prim'ordine e un umanissimo attaccamento ai valori della vita (come l'amore) e al destino dei solitari, dei disperati, dei perdenti: in una parola, dei gangster.
Se spesso i contenuti sono banali e si assomigliano di film in film, è la forma e i ritmi che Suzuki imprime alle sue opere a connotare la sua originalità e il suo taglio avanguardistico ma classico allo stesso tempo: scenografie pop, architetture bizzarre, costruzione d'immagine astratta e largo campo all'improvvisazione, tanto nella messinscena quanto nella recitazione, e alla casualità, che da cialtrona diventa geniale.
Ancora attivo, questo "Samuel Fuller giapponese" torna a farsi rivedere con Pistol Opera (remake del suo film più celebre e sfortunato), ennesimo tassello pop sull'analisi della yakuza presentato nientemeno che al Festival di Venezia nel 2001. Pistol Opera è un film e come tale la sua prima funzione deve essere quella di mostrare. È questa l'essenza del cinema".
Era dal festival di Berlino del 1981, dove fu premiato dalla giuria per Zigeunerweisen, che non compariva in cerimonie pubbliche, in Occidente. A settantotto anni, con il celebre pizzetto, l'aria gioviale e il sorriso inossidabile, la sua presenza al Lido sembra risvegliare interessi sopiti, ma è entusiasmo estemporaneo: poco incline alla promozione di sé stesso, Suzuki torna a essere conosciuto soltanto dagli aficionados del suo cinema e dagli esperti più esigenti del settore.
Anche Operetta tanuki goten (2005), presentato a Cannes con plausi unanimi da parte della critica, passa poi inosservato quando si tratta di parlare di distribuzione, specie italiana. Il regista è venuto a mancare, all'età di 93 anni, nel febbraio 2017 in seguito a una broncopneumopatia cronica ostruttiva.

Ultimi film

Azione, (Giappone - 2001), 112 min.

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mercoledì 22 febbraio 2017
Emanuele Sacchi

Nella sua lunga vita (avrebbe compiuto 94 anni a maggio 2017) ha combattuto in una guerra mondiale e ha assistito ai mille bouleversements, dal '68 in avanti, occorsi nel Paese del Sol Levante, quasi sempre da protagonista assoluto, discusso, amato e odiato in egual misura. Quando si vuole guardare a un autore folle, visionario e fuori dagli schemi, ma partorito dal cinema più schiettamente commerciale, uno dei primi nomi a venire in mente è sempre quello di Suzuki Seijun

News

Avrebbe compiuto 94 anni a maggio il regista giapponese che ha ispirato - tra gli altri - Jim Jarmusch, Quentin...
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