"Il modo migliore per imparare a fare cinema è quello di fare un film". Con questa frase del grande Stanley Kubrick il giovane cineasta Vincenzo Marra spiega ciò che lo ha spinto nel 1996 a cimentarsi con il mondo del cinema, abbandonando la carriera di fotografo sportivo.
Vincenzo Marra, nell'arco di una ancora giovane ma proficua carriera, lavora con grandi registi come Mario Martone e Marco Bechis dai quali riesce a carpire quell'esperienza che lo porta nel 1996 a realizzare due validi cortometraggi: Una rosa prego e La vestizione, molto apprezzati dalla critica e dal pubblico. È però nel 2001 con il film Tornando a casa che consolida il contatto con il mondo cinematografico, aggiudicandosi, tra l'altro, il premio per il miglior film alla Settimana della Critica a Venezia.
Vincenzo Marra vive a Roma ma le sue origini napoletane e l'amore per la sua terra lasciano una traccia tangibile in ogni suo film, è il caso, ad esempio, del documentario Estranei alla massa prodotto e diretto tra il 2001 e il 2002 in cui racconta le giornate di sette ultras tifosi del Napoli, offrendo al pubblico la possibilità di saggiare i sapori ambigui e affascinanti della capitale del sud Italia. Apprezzato dalla critica, il film, viene selezionato e proiettato al festival di Torino e a quello di Locarno.
Accostato più volte a registi come Pasolini e Visconti, il cineasta, con estrema modestia, risponde: "Sarei uno stupido se volessi scimmiottare dei grandi maestri come Pasolini. Ho un mio stile personale ed una mia visione del modo di fare cinema. La verità è che io giro molto d'istinto, con la pancia e non mi vado a studiare la filmografia di un autore per poi copiarlo". Ed è proprio l'istinto che lo porta successivamente a dirigere film come Paesaggio a sud nel 2003, Vento di terra nel 2004 e L'udienza è aperta nel 2006, tutte pellicole che, in maniera diversa e multiforme, raccontano e dipingono la vita di quel meridione fatto anche di gente per bene che vive tutti i giorni a contatto con le difficoltà della propria terra.
Artista sensibile, Marra, punta lo sguardo anche al di là del mediterraneo realizzando, infatti, nel 2005 un documentario sul mondo palestinese 58%, titolo scelto per ricordare la porzione di terra sottratta ai Palestinesi dal muro eretto dal premier israeliano Ariel Sharon. La pellicola, attraverso il racconto della vita della gente comune, propone uno sguardo su di una Palestina tinta di nero dall'enorme quantità di lutti degli ultimi anni, incontrando, tra l'altro, per ben due volte, Yasser Arafat.
Un percorso artistico e umano, quindi, profondamente legato al sud ed al meridione, terra che riesce ad "abbandonare" solo nel 2006 quando, per girare L'ora di punta, sceglie una città come Roma, già più volte messa in discussione.