Oggi non ci rendiamo conto del putiferio mediatico che scatenarono i suoi Do di petto al Metropolitan Opera di New York, nel 1972. Ma forse, questo grande e moderno artista, in tutta la sua umiltà, nemmeno si rendeva conto che colui che si chiamava semplicemente Luciano Pavarotti era diventato una vera e propria leggenda, assumendo per tutti il nomignolo di "Big Luciano". Il più grande e moderno cantante lirico del Novecento, pari di fama solo a Maria Callas, aveva una voce spietata che conservò integra e pulita fino alla fine dei suoi giorni. Di carattere timido, subì passivamente la sua passione per la musica e per l'opera, così come altrettanto passivamente seguì la sua fama, tirando fuori la belva che era in lui solo sul palcoscenico. Un cuore enorme che batteva sotto un sorriso bonario, un uomo che aveva coltivato un sano buonismo e ottimismo e che è rimasto nei padiglioni auricolari, ma soprattutto nell'anima, di tutti coloro che hanno ascoltato la sua voce... almeno una volta. Sono insorsi tutti ad applaudirlo: teste coronate, colleghi, attori, registi, ma soprattutto gente comune. Persone che si sentivano coccolate dalla sua voce, così fresca e attuale, nonostante cantesse arie scritte secoli fa. Oggi, si rimpiange, non solo per la voce, ma anche per il coraggio di aver sdoganato e rinverdito la lirica.
Figlio di un fornaio dell'esercito e di una operaia in una manifattura di tabacchi, Luciano Pavarotti cresce e si appassiona all'opera lirica grazie al padre, cantate amatoriale nella Corale Gioacchino Rossini, anche se non sembrava particolarmente attirato da una carriera all'interno della musica. Infatti, dopo essersi iscritto all'Istituto magistrale e una volta diplomato, comincia a lavorare come insegnante di educazione fisica nelle scuole elementari. Nonostante lavorasse già da due anni come maestro, non rinuncia agli studi di canto, suo hobby, fatti con il tenore Arrigo Pola e con Ettore Campogalliani. I progressi e le doti di Luciano sono palesi fin da subito, così decide finalmente di lasciare il mestiere di insegnante e provare quello del cantante lirico, ottenendo un primo successo al Festival di Llangollen, in Galles, dove si aggiudica il primo premio per una sua esibizione con il padre. Nel 1960 sposa Adua Veroni (con la quale era fidanzato da 8 anni e dalla quale avrà ben 3 figlie (Lorenza, Cristina e Giuliana), ma è l'anno successivo che ottiene la sua meritata consacrazione interpretando Rodolfo ne "La Bohème" di Puccini. Acclamatissimo come tenore sia in patria che all'estero, segue il ruolo del Duca di Mantova ne "Il Rigoletto" e i primi duetti con il soprano Joan Sutherland, moglie del direttore d'orchestra Richard Bonynge. Affianco alla Sutherland, inizierà una tournée negli Stati Uniti recitando e cantando opere liriche come "Lucia di Lammermoor" e "L'elisir d'amore" di Doninzetti, "La sonnambula" di Bellini e, infine, "La Traviata" di Verdi.
Ritornato in Italia, ebbe un applaudito successo al Teatro alla Scala di Milano portando ancora una volta "La Bohème" e la "Messa da Requiem" di Arturo Toscanini. Diretto da Claudio Abbado interpreterà poi "I Capuletti e i Montecchi" (1965-1966) di Vincenzo Bellini, seguita da "La Fille du régiment" di Doninzetti, legata fra l'altro al picco più alto del suo successo, arrivato quando, il 17 febbraio 1972, al Metropolitan Opera di New York, segue ben nove Do di petto nell'opera sopraccitata, ricevendo una standing ovation senza precedenti. Il nome Pavarotti comincia a fare il giro del mondo e arrivano i primi fruttuosi riconoscimenti, fra cui diversi Grammy e i dischi di platino e d'oro. Amatissimo dal pubblico debutta come attore cinematografico nel pessimo Yes, Giorgio (1982) di Franklin J. Schaffner, ribattezzato però dalla critica "No, Giorgio" per scarsa qualità dell'opera, tanto è vero che sarà plurinominato ai Razzie Award.
Vincitore di un Emmy, in barba alle invidie professionali, si diverte a intrattenere il pubblico con una serie di concerti che lo vede affiancato ad altri due grandi tenori, Placido Domingo e José Carreras, e si mette in luce per dei concerti a scopo benefico tenuti dal 1992 al 2003, noti al grande pubblico come "Pavarotti & Friends" che riunivano sul palco i migliori artisti della scena musicale ed internazionale, chiamati a duettare con il tenore: da Ricky Martin a Irene Grandi, da Sting a Zucchero, passando per le Spice Girls. Separatosi dalla prima moglie nel 1996, per via di una relazione con la sua segretaria poco più che ventenne, Nicoletta Mantovani, avrà dei guai con il Fisco Italiano, per via di una residenza fittizia a Monaco, voluta per sfruttare l'esenzione fiscale. Ritenuto colpevole, il tenore salda il suo debito con l'Italia firmando un assegno di 24 miliardi di lire e procedendo con il processo penale che però si concluderà con la caduta in estinzione per prescrizione dei reati contestati.
Grande amico di Lady Diana e di altri grandi miti del Novecento, Pavarotti sposerà infine la sua segretaria, che le darà ben due gemelle nel gennaio del 2003. Disgraziatamente però, una delle due, per delle complicazioni, non sopravvivrà. Rimane la piccola Alice, ultima erede dell'impero del tenore italiano. Nel 2004, dà l'addio ufficiale alle scene e, nel 2006, viene operato d'urgenza a New York per l'asportazione di un tumore maligno al pancreas. Ristabilitosi, tornerà alla sua Modena, dove lotterà in maniera molto privata con il cancro, ma nonostante la positività di famiglia e medici, il 6 settembre 2007, all'età di 71 anni, l'"anarchico" Big Luciano muore. Addio ai suoi bellissimi numeri musicali, addio a quelle arie che letteralmente fa a pezzi con la potenza della sua voce, addio a quel metodo che mischiava l'avanguardia pop al vecchio rigore dei cantanti d'opera, addio al lusso di sentirlo cantare, ancora una volta.
