Un regista che, con i suoi film più recenti, è venuto acquistando una posizione di preminenza nel nostro cinema, è senza dubbio Mario Monicelli. Con I soliti ignoti si era felicemente inserito fra i nostri migliori autori comici, con una disinvoltura, però, una ricchezza di fantasia, un estro, una versatilità che pochi in questo campo potevano eguagliare, tanto più che il film, pur tentando largamente i temi umoristici e pur tentandoli sulla scia della commedia all'italiana, riusciva a nobilitarli con una dignità anche nella caricatura piuttosto insolita e con un brio che, nonostante la complessità di un'azione ad ogni passo fonte di sorprese, non veniva mai meno; quasi sorretto da un inesauribile slancio. E uno stile, d'altro canto, elle, anziché farsi corrivo, data la facilità dei temi, mirava sempre a un severo rigore e a un gusto figurativo serio ed attento.
Quello stesso stile e quello stesso gusto, accoppiati in una vena umoristica più contenuta e raccolta, dovevano imporsi maggiormente -- anzi, quasi clamorosamente - nella Grande guerra che non solo riusciva ad essere la storia divertente di due soldati vigliacchi, ma della guerra '14-'18, delle sue pagine più vive, dei suoi climi più eroici riusciva ad esprimerci un compiuto ritratto, senza epopea ma egualmente vero e sincero, in una atmosfera figurativa che traeva tutta la sua suggestione da immagini in bianco-nero sapientemente ispirate ai toni sfumati delle vecchie fotografie di quei tempi; senza errori di gusto, senza cedimenti di sorta.
Eguali valori pittorici, ma minore interesse drammatico, ne I Compagni, realizzato da Monicelli subito dopo il breve e non molto convincente episodio da lui inserito in Boccaccio '70 (Renzo e Luciana). Qui lo studio delle prime lotte operaie della Torino fine secolo si risolve soprattutto in una ricostruzione d'ambiente; prevale la ricerca dei motivi tipici di un'epoca, il sapore della ricostruzione quasi archeologica; i personaggi sono un poco fittizi e, quando s'impongono, si impongono solo per una certa loro esteriore violenza dialettica. Il filmo comunque nobile e severo e il suo linguaggio conferma le doti migliori del Monicelli eminentemente figurativo.
Da Cinema italiano 1952-1965, oggi, Carlo Bestetti Edizioni d’Arte, Roma 1966