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Nato a Vienna, Lang è stato nel primo dopoguerra tedesco uno dei registi che ha saputo creare una serie di film, densi di atmosfere cupe e terrorifiche. Giovanissimo, abbandonò l’Austria, deciso a girare il mondo come pittore ambulante. Scoppiata la prima guerra mondiale, fu ferito in combattimento. Durante la convalescenza scrisse racconti e soggetti. I suoi primi lavori di carattere cinematografico furono infatti alcune sceneggiature realizzate per conto del produttore Erik Pommer. Nel 118 Lang ebbe occasione di lavorare con la scrittrice Thea von Harbou che, divenutane la moglie, collaborò attivamente alle sceneggiature dei suoi film. L’incontro con la scrittrice rappresenterà per il giovane regista una svolta radicale. Assidua collaboratrice in quegli stessi anni di Murnau, la Harbou contribuì a definire infatti il mondo del regista. Come osserva giustamente Sadoul (Storia del cinema) il vero esordio di Lang avvenne neL1922 con Der müde Tod, un’opera che, attraverso le drammatiche avventure di una giovane donna desiderosa di strappare alla morte il proprio fidanzato, tendeva a sottolineare la natura inesorabile del Destino. Col Dottor Mabuse, 1921-1922, Lang doveva creare una storia allucinante su di un superdelinquente pazzoide. Nel film Lang introdusse elementi raffinati - la pazzia, l’ipnosi, la scienza medica, le trasformazioni del dottore-criminale. «La sequenza della pazzia del conte Todd, uno dei protagonisti, che, ossessionato dalle visioni della camera buia, si suicida, era nello stile dei film fantastici e raccapriccianti di quel tempo» (Rudolf Arnheim, in «Cinema»‚ n. 28, 1949). Mabuse fu «un’opera glaciale, ed insieme crudele, uno dei prodotti più singolari e velenosi della costante vocazione tedesca per il disumano, realizzato attraverso il diabolico» (R. Paolella, Storia del cinema muto, Napoli, 1956).
Dopo Mabuse la parabola tedesca di Lang toccherà il suo vertice con M, in cui l’individualità del regista tesa a ricercare un senso del terrore raggiungerà veramente i suoi migliori risultati. Ispirato ai delitti del mostro di Düsseldorf, un maniaco sessuale, il film fu dominato dalla maschera ossessionante dell’interprete del mostro, Peter Lorre, e fu il primo film sonoro del regista, che seppe usare di questo nuovo mezzo in modo mirabile. Valendosi del montaggio e soprattutto del sonoro, egli riuscì infatti a creare un’atmosfera di orrore represso, ad esempio nella sequenza in cui una madre aspetta a casa la propria bambina, che invece è stata uccisa dal maniaco. Dopo ore di attesa essa esce sul pianerottolo e urla il nome della sua Elsie. Mentre risuona « Elsie! »‚ passano sullo schermo le seguenti inquadrature: la sala vuota, l’abbaino vuoto, il piatto intatto di Elsie sul tavolo della cucina, un lontano spiazzo d’erba dove giace il cadaverino, un pallone impigliato nei fili di un palo dell’elettricità (lo stesso pallone che l’assassino ha comperato per invogliare la bambina a seguirlo). Il grido accompagna queste inquadrature, altrimenti slegate, fondendole in un cupo racconto.
L’addio di Lang al cinema tedesco avverrà nel 1933, dopo la realizzazione di un secondo Mabuse. Emigrato per ragioni politiche e razziali, egli si stabilì nel 1934 ad Hollywood. La fuga di Lang .dalla Germania coincise pure con la sua separazione dalla moglie, che fervente nazionalista e nazista continuò il proprio lavoro durante il regime hitleriano. Negli Stati Uniti Lang realizzò opere importanti assieme a molte altre puramente commerciali. Rientrato anni fa in Germania, vi realizzò un «dittico» basato su un soggetto, il cui esotismo spettacolare è sempre stato tradizionalmente caro al cinema tedesco: Der Tiger von Eschnapur, 1959, e Das indische Grabmal, 1959 (La tigre di Eschnapur; Il Sepolcro indiano). Più recentemente ancora ha ripresi il personaggio del dottor Mabuse in Die Tausent Augen des Doktor Mabuse (Il diabolico dottor Mabuse). Su di lui hanno scritto Lotte H. Eisner in Lo schermo demoniaco; e Leonardo Autera ii Parabola di Fritz Lang, in «Cinema»‚ 1954.