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Rassegna stampa di Friedrich Wilhelm Murnau

Friedrich Wilhelm Murnau. Data di nascita 28 dicembre 1888 a Bielefeld (Germania) ed è morto il 11 marzo 1931 all'età di 42 anni a Santa Barbara, California (USA).

DANIELE DI UBALDO
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Appartiene a quella generazione di registi che iniziano la loro carriera in Germania e poi, a causa dell'avanzare del nazismo, sono costretti ad emigrare negli Stati Uniti. Contrariamente ad altre personalità, però, Murnau non riesce ad entrare nei meccanismi industriali del cinema americano: i suoi quattro film americani (Aurora, 1927, I quattro diavoli, 1928, Il nostro pane quotidiano, 1929, Tabù, 1931) sono altrettanti insuccessi commerciali. Il nome di Murnau tuttavia è legato soprattutto a Nosferatu il vampiro (1922) in cui il mostro è eletto a tipico eroe espressionista, vittima di una solitudine senza confine e di un destino maledetto. Gli altri capolavori di Murnau sono L'ultima risata (1924), sulle disillusioni che la vita dell'uomo è costretta a subire con l'avanzare degli anni, e Faust (1926), nel quale il regista tedesco, per rendere perfettamente credibile la dimensione fantastica del film, spinge alle estreme conseguenze uno degli intenti fondamentali degli autori espressionisti: il controllo totale dell'inquadratura, attraverso il quale disegna i personaggi che diventano ognuno espressione del Male, della tragedia amorosa, della pura e spensierata giovinezza.

A CURA DELLA REDAZIONE
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Fu attore con Max Reinhardt e lavorò in Germania dal 1919 al 1926, quindi emigro a Hollywood. Con Lupu-Pick, Lubitsch e Lang formò lo stato maggiore del cinema tedesco degli anni Venti. Nel momento in cui era di moda creare atmosfere grevi d'ansia e di incubi, M. fece Nosferatu, liberamente ispirato al romanzo Draculadi Bram Stocker. Il film superò ogni altro modello del momento per l'originalità degli effetti escogitati dall'Autore per dare al racconto un senso di favola e di crescente terrore. La scenografia, la fotografia e l'uso di vari espedienti tecnici contribuirono in grande misura a creare la voluta atmosfera. Il film, visto oggi, ha perso gran parte del suo fascino proprio perché affidava troppa parte del risuitato alla tecnica. Migliore senza dubbio il film che girò nel 1925, L'ultima risata, così lineare e comprensibile da non aver bisogno di didascalie. Il film ebbe successo e Murnau e l'attore Jannings lavorarono ancora insieme nei due film successivi: Tartufo(da Molière e Faust(da Goethe). Venuto progressivamente nella convinzione che il linguaggio delle immagini non aveva più grande bisogno di certi artifici tecnici, M. aveva ormai messo a punto uno stile raffinato, tipicamente teutonico, preciso, estremamente personale. Ma l'opera perfetta, il poema in cui ogni immagine è un frammento di poesia, la realizzerà qualche anno più tardi, nei Mari del Sud, insieme con Robert Flaherty: è Tabù, favola narrata con accenti lirici e in chiave simbolica. M. accarezzava ideali di bellezza e ambiva a ridurre tutto a schemi universali, vedendo nella tragedia dei due innamorati del Pacifico, costretti a separarsi e a morire perché il destino ha deciso così, l'eterno dissidio fra le aspirazioni dell'uomo e gli ostacoli che la natura o l'indole stessa dell'umanità creano sul suo cammino. Altri film: Satanas, 1919; Il castello di Vogelòd, 1921; Dottor Jeckyll e Mister Hyde, La terra che fiammeggia, 1922; Espulsione, Phantom, L'ultimo uomo, 1925; Tartufo, Faust, 1926; Aurora, I quattro diavoli, 1928; City Girl, 1930.

PIERO DI DOMENICO
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Friedrich Wilhelm Murnau era nato nel 1888 in Westfalia e il suo vero nome era Friedrich Wilhelm Pumpe. Storico e filosofo d'arte, poi allievo di Max Reinhardt, ha diretto in Germania film fondamentali come Der Januskopf (1920), Die Brennende Acker (1922), Il dottor Faust (1923), il bellissimo Der letzte Mann (1924), e Tartufo (Tartuffe, 1925) con Emil Jannings e Werner Krauss, rilettura dissacrante di Molière. Uno dei film a cui è legata maggiormente la sua fama è Nosferatu, Eine Symphonie des Grauens (1922), ispirato al romanzo Dracula di Bram Stoker, una sinfonia dell'orrore definita "il capolavoro dell'espressionismo". Con Nosferatu, Murnau travalica i limiti del genere horror e rivela le tematiche profonde del suo cinema, il contrasto fra le convenzioni e le pulsioni del desiderio, l'inquietante ambiguità di un mondo privo di sicuri punti di riferimento.
Passato a Hollywood, Murnau diresse Aurora (Sunrise), in cui permangono i segni dello stile espressionistico tedesco: vi si narra la drammatica vicenda di un giovane trascinato da una passione morbosa che tenta di affogare la moglie per convolare a nuove nozze, ma nel momento fatale si ravvede e la moglie lo perdona. In Ragazza di città (City girl, 1930) Murnau studia accuratamente le reazioni di una ragazza di città andata sposa a un campagnolo, tra gente ostile che la isola sempre di più. Tabù (1931) è invece la rievocazione di un dramma d'amore tra indigeni su cui incombe la vendetta della divinità, sullo sfondo paradisiaco delle felici isole dei mari del Sud (siamo a Tahiti, nel 1929), un capolavoro del cinema dell'ossessione. Il film fu prodotto e scritto da Murnau e da Robert Flaherty che però lasciò la lavorazione del film per dissensi con lo stesso Murnau (tra gli interpreti, Anna Chevalier e Matahi). Otto giorni prima della presentazione di questa sua opera, Murnau morì in un incidente automobilistico a Santa Barbara (California), appena quarantatreenne. Nosferatu prima e Tabù dopo contribuirono a consacrarlo come un regista maledetto (non stupisce quindi il fiorire di aneddoti macabri intorno alla sua morte e alla sua sepoltura).

FERNALDO DI GIAMMATTEO

Dopo aver abbandonato gli studi letterari all'università di Heidelberg, cui l'aveva indirizzato il padre - un severo commerciante di tessuti - per dar lustro alla famiglia, diventa assistente di Max Reinhardt a Berlino. Nella prima guerra mondiale è pilota di aerei da caccia. Atterra per errore in Svizzera e ci rimane. Tornato in patria nel 1919 affronta la regia. Dopo alcuni film di cui non resta traccia, gira un forte dramma su un fratricidio ( Il castello di Vögelhod, come suona il titolo originale, tradotto) e nel 1922 realizza il primo dei suoi quattro capolavori, quel Nosferatu il vampiro («una sinfonia dell'orrore» secondo il sottotitolo originale) che rappresenta una tappa fondamentale dell'espressionismo, non solo cinematografico, e che si configura come una «discesa agli inferi» in senso psicologico (un borghese tranquillo scopre la possibilità dell'infrazione della norma morale) e come una allucinante avventura nel paese dei mostri, pronti a scatenarsi e a invadere il mondo. Un film che colloca il male e la paura nei paesaggi naturali della Transilvania e nei canali di Brema: tutto «dal vero».

PAOLO MALTESE

Il suo vero nome era F.W. Plumpe. Nacque a Murnau, in Westfalia, e dal proprio paese prenderà lo pseudonimo. Studiò lettere e filosofia a Heidelberg occupandosi soprattutto di studi storici ed estetici. Si dedicò in seguito al teatro e collaborò col famoso regista Max Reinhardt. Durante la prima guerra mondiale fu aviatore. Iniziò la carriera cinematografica nel 1919. In Murnau, in corrispondenza alla voga che nel cinema tedesco del primo dopoguerra aveva la tradizione dei romantici, si farà strada la tendenza al tragico in chiave fantastica e terrorifica. Questa chiave sarà già evidente in Der Januskopf, 1920 (tratto dal Dottor Jekyll di Stevenson). Con Nosferatu, eine Symphonie des Grauens, 1922, Murnau doveva creare uno dei film dell’orrore più riusciti della storia del cinema. Questa “sinfonia del terrore”‚ basata su una delle più celebri vicende della letteratura vampiresca, porterà inoltre a compimento, con una coerenza esemplare di stile, l’esperienza espressionistica nel cinema, tanto da essere più tardi definita da Sadoul (Storia del Cinema) il capolavoro dell’Espressionismo. Rivedendo anche oggi questo film non si può fare a meno di essere colpiti da quelle che Béla Balasz (Il film) ha definito “le correnti d’aria glaciale dell’aldilà”. A paragone del Nosferatu, il terrore che emana da un famoso classico del cinema espressionista, e cioè Il gabinetto del dottor Caligari, ci appare quasi artificioso. Il vampiro era stato praticamente ignorato dai registi sino a quando Murnau girò questo film, che Henrik Galeen adatterà dal romanzo di Bram Stoker -. Per non pagare i diritti d’autore, Galeen cambiò i nomi dei protagonisti e la località, che da Londra divenne Brema. Nel film Murnau creò la base di questa leggenda cinematografica con i suoi sottofondi di necrofilia, sadomasochismo e omosessualità. Murnau conserverà per tutti i suoi film l’ossessione della morte e di un fato soprannaturale, anche se essi avranno un carattere totalmente diverso da quelli che interessano questo dizionario. Non si può, tuttavia, trascurare di citare il suo capolavoro, nonché uno dei capolavori in assoluto della storia del cinema, e cioè l’ultimo film che girò nel 1931: Tabù, ambientato nei mari del Sud. Murnau, dopo morto, ebbe uno strano destino. Dopo il fatale incidente di macchina di cui rimase vittima a Tahiti, all’epoca in cui girava questo film, i marinai rifiutarono in un primo tempo di trasportare la bara in patria: la scaricarono così ben due volte prima di accettarla sulla nave. Giunta finalmente ad Amburgo, la bara restò a lungo in una cantina. Infine venne sepolta nel cimitero di Stahnsdorf, nel cuore di una foresta, una tomba lasciata poi in completo abbandono. In Nosferatu, il vampiro giungeva a Brema in una bara a bordo di una nave, i cui marinai venivano tutti trovati morti all’arrivo; la bara, poi, rimaneva in una cantina di quella città.

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