Fernando E. Solanas (Fernando Fernando Ezequiel). Data di nascita 16 febbraio 1936 a Buenos Aires (Argentina) ed è morto il 6 novembre 2020 all'età di 84 anni a Parigi (Francia).
Nel 1968 col suo L'ora dei forni sull'ondata rivoluzionaria che scosse l'America Latina alla fine degli anni Sessanta - il film era dedicato al Che -, diventò simbolo e punto di riferimento per tanto cinema politico e militante. Oggi, a distanza di più di trent'anni d'allora, Fernando Solanas padre del «Cine-Liberation», torna a parlarci del suo paese, l'Argentina, per denunciare la drammatica crisi socio-economica «firmata» da Carlos Menem, culminata con la ribellione popolare del dicembre 2001.
S'intitola La memoria del saccheggio ed è un documentario in dieci capitoli che denuncia severa degli orrori della globalizzazione sfrenata. Sì perché La memoria del saccheggio altro non è che un rigoroso atto d'accusa contro quella politica neoliberista sposata da Menem negli anni Novanta che ha portato l'Argentina nel baratro. Un'esperienza tragica vissuta sulla pelle da milioni di cittadini che mai, come in questo momento, tanto più nell'Italia di Berlusconi, appare come un monito.
«Non sono al corrente nel dettaglio di quello che sta accadendo nel vostro paese - spiega il regista - ma so che la politica di Berlusconi è molto allineata a quella degli Stati Uniti, che vive sul degrado dell'istituzione repubblicana e che, cosa da non dimenticare mai, ha appoggiato l'azione criminale dell'intervento in Iraq».
A sessantasette Fernando Solanas non ha perso l'aria da «combattente» di sempre. Costretto all'esilio durante la dittatura militare (vi ricordate Tangos, L'esilio di Gardel?),al suo rientro in patria nell'84, ha scelto la strada della politica attiva come deputato (dal '93 al '97) del Frepaso, il fronte di centro-sinistra. Ed è da allora che ha cominciato, inascoltato anche dalla stampa internazionale, a tirare i suoi strali contro la politica di Menem. «Da dieci anni - racconta il regista - denunciavo l'enorme bugia che nascondeva il governo Menem, mettendo in guardia dal pericolo del genocidio sociale a cui puntualmente si è arrivati. Per questo ho subito persino degli attentati. Nel maggio del 1991 mi hanno gambizzato: è stato il primo attentato politico avvenuto in era democratica. Senza contare, poi, le volte che Menem mi ha trascinato davanti ai giudici per diffamazione».
Adesso tutto questo Fernando Solanas lo può dire liberamente. Anzi lo racconta nel suo La memoria del saccheggio che prende le mosse proprio dalla storica rivolta del dicembre 2001, quando tutto un popolo intero si riversò per le strade di Buenos Aires, perché aveva scoperto che i suoi depositi bancari non esistevano più. «È stata una ribellione spontanea - prosegue il regista - la gente non andava più a lavorare, tutto il paese era bloccato. In piazza non c'erano né leader né politici e il grido nelle strade era: "Que se vayan todos!"». Questo è stato il culmine. Ma il disagio sociale aveva già un lunga storia e si faceva sentire, racconta Solanas. «Negli anni Novanta - dice - sull'onda dei movimenti del Social forum, ci sono stati tanti scioperi, tante manifestazioni, delegazioni di disoccupati che bloccavano il traffico, occupazioni di terre e di case». E anche questo vedremo nella Memoria del saccheggio.
Ma soprattutto seguiremo passo passo il processo di privatizzazione selvaggia che ha messo in ginocchio il paese. A partire da quello delle ferrovie, delle poste, delle televisioni, dell'acqua, della telefonia e persino del petrolio che, spiega Solanas, «neanche il regime militare aveva osato alienare. Così l'Argentina è stato l'unico paese a perdere il suo petrolio, nazionalizzato fin dal 1907, senza alcuna guerra».
«Questo piano di privatizzazioni sfrenate - continua - ha avuto come unici beneficiari le grandi imprese argentine e quelle internazionali. Non solo americane, ma anche europee. Basta pensare alla telefonia, svenduta ai due governi socialisti europei di allora: quelli di Mitterrand e di Gonzales.
Da questa operazione abbiamo portato a casa il canone telefonico più alto dell'America Latina e senza servizi aggiuntivi. E così per tutto il resto. Per l'acqua, svenduta ad un consorzio che non ha provveduto a niente, né alle fognature, che mancano in tutto il paese, nè a portare l'acqua
potabile alle 800mila persone che non ce l'hanno. Uno scandalo continuo. È stato svenduto a pezzi tutto il paese, fino ad accumulare un debito pubblico di 140 miliardi di dollari». E tutto questo, denuncia Solanas, «con la corresponsabilità della Banca mondiale e del Fondo monetario che
sono notoriamente gli organismi ufficiali agli ordini non solo degli Stati Uniti, ma anche della comunità europea».
Il film di Solanas, racconterà questa paurosa discesa agli inferi di una grande nazione. Pilotata da quella che il regista definisce la «mafiocrazia», andata al potere grazie anche «alla straordinaria campagna di bugie diffuse attraverso i media. Guarda caso, infatti, la prima cosa che ha privatizzato Menem è stata la televisione, consapevole del potere della "telecrazia", un modello culturale che voi in Italia conoscete bene».
Eppure, se da una parte la grande scena è saldamente tenuta dalla tragedia, dal crak economico dell'Argentina, dall'altra esiste ed è attiva una coscienza popolare che, nonostante tutto, continua la sua resistenza convinta che un altro mondo sia possibile. È L'Argentina latente, quella nascosta cioè, alla quale Fernando Solanas dedicherà un altro documentario a cui sta già lavorando. «È il paese della solidarietà - conclude il regista - delle persone che si autorganizzano, che tentano altre strade, che reagiscono. E lo racconterò attraverso le testimonianze di dodici protagonisti. Da coloro che lottano contro le inondazioni permanenti, agli operai che hanno riaperto le fabbriche in
regime di autogestione. Insomma, l'Argentina che non si vede, che i media ignorano, ma che esiste davvero». E che interpreta la speranza non soltanto del paese del grande regista, ma dell'intero pianeta.
Da L’Unità, 2 Ottobre 2003
Autore cinematografico e regista teatrale, ma anche musicista, attore, pubblicitario e creatore di storie per fumetti, Fernando Solanas (Buenos Aires, 1936) diventa famoso in tutto il mondo con il film manifesto L’ora dei forni (1968), dedicato all’ondata rivoluzionaria che scuote l’America Latina alla fine degli anni Sessanta. Costretto a lasciare l’Argentina dopo il colpo di stato militare del 1976, vive in esilio in Francia fino al 1984. Di ritorno in patria, si consacra tra i migliori autori cinematografici internazionali con Tangos (1985, premio speciale della giuria a Venezia e della Critica italiana), Sur (1988, palma per la miglior regia a Cannes), IL viaggio (premio della Commissione Superiore Tècnica del Cinema, Cannes ’92) e La nube (Osella di Argento, Venecia ’98). Il suo ultimo film, Memoria del saccheggio che ottiene l’Orso d’Oro alla carriera a Berlino, 2004.