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Rassegna stampa di Martin Scorsese

Martin Scorsese è un attore statunitense, regista, produttore, produttore esecutivo, scrittore, sceneggiatore, è nato il 17 novembre 1942 a New York City, New York (USA). Martin Scorsese ha oggi 81 anni ed è del segno zodiacale Scorpione.

DANIELE DI UBALDO
MYmovies.it

Scorsese nasce a Little Italy, quartiere italiano di New York, nel 1942. Sulla strada osserva la violenza, quella degli uomini che sgomitano per arrivare. A casa impara la preghiera, quella sostenuta dalla fede con cui affronta ogni difficoltà. Questi luoghi si trasformeranno in ossessioni nei primi film del regista. Chi sta bussando alla mia porta? (1969) mostra le repressioni, il moralismo, il maschilismo che consegue da un'educazione religiosa troppo rigida. Main Streets (1974) chiarisce invece il personaggio cardine della poetica di Scorsese: un cattolico che, mentre cerca di salvare dagli eccessi chi gli vive intorno, è preda di crisi religiose ed è impacciato con la sua ragazza con cui instaura un rapporto basato sulle regole che gli impone l'ambiente. Il cinema di Scorsese, già da questi primi lavori, si manifesta dinamico, dotato di uno stile visionario capace di eccitarsi soprattutto a contatto con materiale autobiografico.

DANIELE DI UBALDO
MYmovies.it

Scorsese nasce a Little Italy, quartiere italiano di New York, nel 1942. Sulla strada osserva la violenza, quella degli uomini che sgomitano per arrivare. A casa impara la preghiera, quella sostenuta dalla fede con cui affronta ogni difficoltà. Questi luoghi si trasformeranno in ossessioni nei primi film del regista. Chi sta bussando alla mia porta? (1969) mostra le repressioni, il moralismo, il maschilismo che consegue da un'educazione religiosa troppo rigida. Main Streets (1974) chiarisce invece il personaggio cardine della poetica di Scorsese: un cattolico che, mentre cerca di salvare dagli eccessi chi gli vive intorno, è preda di crisi religiose ed è impacciato con la sua ragazza con cui instaura un rapporto basato sulle regole che gli impone l'ambiente. Il cinema di Scorsese, già da questi primi lavori, si manifesta dinamico, dotato di uno stile visionario capace di eccitarsi soprattutto a contatto con materiale autobiografico.

IRENE BIGNARDI
La Repubblica

Che piaccia o no, che disturbi o annoi, Scorsese siede, con Spielberg, Altman - e un gradino sopra Oliver Stone - nel pantheon cinematografico dell’America di oggi.
Come Spielberg e in parte come Stone, ai suoi meriti di regista aggiunge quelli di produttore - per esempio di Rischiose abitudini (1990) -, di talent scout, di innamorato del cinema pronto a investire piccole fortune per la conservazione del patrimonio cinematografico, di appassionato collezionista. E se talvolta la sua irruenza, la sua frenesia narrativa e la sua crudezza rendono impegnativo il rapporto con il suo mondo, non si può non restare in ammirazione davanti al suo cinema, alla potenza di costruzione e al superbo artigianato dei suoi film, alla grandezza della sua visione. Dall’altra parte, l’insistenza di Scorsese su temi e mondi lontani dalla comune esperienza dello spettatore e comunque “non seducenti” - le “mean streets”, i “bravi ragazzi”, i retrobottega della mafia - mette il suo pubblico nella posizione singolarmente voyeuristica di chi osserva le esplosioni dell’umana violenza nelle sue molte possibili manifestazioni ammirando la forma in cui gli sono proposte e dovendo inevitabilmente respingerne il modello: con un effetto straniante, che si sia nelle strade di New York(Taxi Driver, 1976), nel mondo della boxe -nel film che resta il suo capolavoro, Toro scatenato (1980) - nei tinelli dei mafiosi(Quei bravi ragazzi, 1990), negli uffici di Las Vegas(Casinò, 1995).

EDOARDO BRUNO

Stravolgendo la tradizione americana dei film gangster degli anni trenta e lo stesso 'romanticismo' della Grande Famiglia dominata dal Padrino, Martin Scorsese affronta con Good Fellas il discorso sulla mafia americana scegliendo l'ottica di una cronaca di vita. Penetrando nelle pieghe di un mondo occluso, affida il racconto in prima persona, allo stesso giovane protagonista; con una eccezione di inusuale rilievo stilistico: ad un certo punto è la donna a prendere in mano il racconto, quasi sovrapponendosi. In questo racconto di un io in evoluzione, Scorsese (anche nel rispetto di una autobiografia) introduce inventivamente la forma di un'epica straniante, attraverso il muoversi della mdp, con le sue ampie carrellate in panoramica, l'alternarsi dei piani, l'uso del colore intenso, dal rosso violento al blu gelido e con un montaggio sempre più serrato a ridosso dei fatti e dei personaggi. La città e vista con un'impronta dura, nervosa, e, come altre volte in Scorsese, ha un senso inquietante. La secca legge del vivere, in una totale assenza di pietà, sembra togliere ad ognuno dei personaggi il senso della morale, fuori dal clan, mentre all'interno domina una morale spietata, quasi giansenista. Scadenzato come una cronaca, con la memoria che deposita sui fatti una dimensione turbata di rapporti connettivi e di tempi sconnessi, il film segue un percorso a ritroso, scandendo i ritmi dell'azione con l'accentuazione dei rumori, delle voci, delle musiche d'epoca in un manto di registrazioni sonore che ricopre il 'vedibile' segnandolo di tanti punti di interpunzione, quasi a scandire il passaggio cronologico, come in un caleidoscopio. Così la malinconica forza degli eventi si riflette come attraverso frammenti di vetro, nel mutare stesso dei personaggi, nell'appesantirsi delle loro espressioni, sempre più cupe, nel loro vivere schizoide, rintanati dentro case di pessimo gusto., sempre attorno ad una tavola apparecchiata o fuori, di corsa, sempre in preda al sospetto e alla paura. In questa epica familiare, la donna nel suo ruolo di moglie e di amante, segna il confine degli anni, col dissolversi di quella gioia di vivere per cui 'fare il gangster' era stata espressione di potenza e di sicurezza. Si avverte nel trascorrere dei fatti, una ineluttabile stretta finale, uno svuotarsi dell'elemento vitalistico, in un rapporto sempre più solitario. Nella parabola di Henry Hill, Scorsese ritrova il tragico destino del traditore, la inconsapevole 'innocenza' di Giuda dell'Ultima tentazione di Cristo più che la disperazione solitaria del protagonista di Mains Street. I fatti si snodano senza fascino nell'orrore più gelido e con il secco ritmo di After Hours, inseguendo nella finzione il folle rigore di una cronaca. L'apertura del film con la corsa nella notte dei tre uomini in macchina e i sordi rumori del morto chiuso nel portabagagli e poi quell'improvviso tornare indietro negli anni, danno alla diegesi una dimensione di tragedia dell'incoscienza, tra queste vite perdute nel vortice di una mediocrità ricercata per evadere dalla mediocrità. Emblematica e la sequenza finale nella quale il protagonista si chiude nell'anonimato di una persona qualunque, in una morte civile, dopo aver attraversato esultante i sogni nevrotici di una macabra potenza. La realtà si scontra con la irrealtà di una vita vissuta sopra le righe, in una falsa immagine speculare che riflette il niente.

PRESSBOOK

È nato nel 1942 a New York, ed è cresciuto nel quartiere di Little Italy, da cui ha poi tratto ispirazione per molti suoi film. Si è laureato in Cinematografia nel 1964, e poi specializzato nel 1966 alla Facoltà di Cinema della New York University. In questo periodo, ha realizzato diversi cortometraggi vincitori di premi, tra cui La grande rasatura (The Big Shave).
Nel 1968, Scorsese ha diretto il suo primo lungometraggio, intitolato Chi sta bussando alla mia porta? Nel 1970 ha partecipato al documentario Woodstock, come assistente alla regia e come supervisore del montaggio del documentario, e nel 1973 ha ottenuto un grandissimo successo di pubblico e di critica con Mean Streets. Scorsese ha diretto il suo primo documentario, Italoamericani, nel 1974. Nel 1976, con Taxi Driver ha vinto la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Successivamente, ha diretto New York, New York nel 1977, L’ultimo valzer nel 1978 e Toro Scatenato nel 1980, film che ha ottenuto 8 candidature agli Oscar, tra cui Miglior Film e Miglior Regia.

FERNALDO DI GIAMMATTEO

Per questo figlio di siciliani immigrati gli inizi sono difficili. A Little Italy, dove la famiglia vive, Martin soffre d'asma, non ha amici, entra in seminario, ne esce subito, frequenta la scuola di cinema della New York University, ha un paio di occasioni per emergere ma le spreca. Solo quando ha superato i 30 anni riesce a farsi una ragione del suo amore per il cinema e del suo tormentoso legame con le origini italiane e cattoliche. E realizza un film - Mean Streets (1973) - di sicura originalità, violento, percorso dall'ossessione del peccato e interpretato con quasi disperata energia da Harvey Keitel e Robert De Niro. Lo stesso De Niro che disegnerà mirabilmente la figura di un nevrotico reduce dal Vietnam in un film desolato e «sporco» (colori sottoesposti, riprese notturne, interni squallidi, uso insistito della macchina a mano) al quale il festival di Cannes assegna la Palma d'oro: Taxi Driver (1976).

News

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In occasione della consegna del premio sarà proiettato Mean Streets.
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