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Rassegna stampa di Sergei M. Eisenstein

Sergei M. Eisenstein (Ejzenšstejn Sergei Michailovišc). Data di nascita 22 gennaio 1898 a Riga (Lettonia) ed è morto il 11 febbraio 1948 all'età di 50 anni a Mosca (Russia).

PIERO DI DOMENICO
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Nasce da una famiglia ebrea di origine tedesca - il padre è architetto. Dopo aver intrapreso studi di ingegneria, ben presto si disinteressa alle scienze esatte e scopre il Rinascimento italiano e Leonardo da Vinci, si appassiona anche a Freud e all'arte drammatica giapponese. Alla vigilia della Rivoluzione si dedica a interessi maggiormente legati all'arte (lavora anche come caricaturista in un quotidiano), in particolare si avvicina al teatro fondando una compagnia dilettantesca che tiene spettacoli per le truppe al fronte. Dopo vari tentativi come disegnatore, inizia a lavorare nel 1920 come scenografo e regista del teatro Proletkult: dopo il servizio nell'Armata Rossa, ciò che più influenzò la sua carriera fu proprio il breve periodo di tempo che passò come allievo di Vsevolod Meyerhold. Il suo primo tentativo cinematografico è costituito dal breve cortometraggio Il diario di Glumov, proiettato come intervallo di uno spettacolo teatrale.

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Uno dei più originali creatori del cinema come arte, che occupò la sua vita sia come attività pratica sia come speculazione teorica. Ingegno irrequieto, crebbe negli anni eccezionali che maturarono nell'URSS la rivoluzione. Studiò ingegneria, pittura, psicologia, scenografia, recitazione. Si accostò al teatro frequentando un maestro come Vsevolod Meierhold, e nutrì una passione vivissima per il Rinascimento italiano. Nel 1923 mise in scena al teatro del Proletkult la commedia di Serghei Tretiakov Ascolta, Mosca. Il fervore degli anni immediatamente successivi alla rivoluzione trovò in E. un terreno straordinariamente fecondo: egli diventò l'alfiere della nuova produzione sovietica. Esordì dirigendo nel 1924 Sciopero, cui seguì nel 1925 uno dei film più famosi della storia del cinema, La corazzata Potemkin; nel 1927 realizzò Ottobre o I dieci giorni che sconvolsero il inondo e nel 1929 La linea generale o Il vecchio e il nuovo. Queste opere non nacquero soltanto in un clima storico-culturale di eccezionale slancio creativo e costruttivo, ma rispecchiarono anche le teorie che E. discepolo come Pudovkin di uno dei primi teorici del montaggio, Lev Kuleshov, andava elaborando. Il regista intese e sviluppò il concetto del montaggio come"base estetica del film", principio sostanzialmente condiviso anche da Pudovkin. Ma mentre in quest'ultimo prevaleva una concezione epica, tendente a considerare il montaggio come lo strumento tecnico-formale per il razionale collegamento delle immagini, in E. la concezione fu di natura dialettica, e il montaggio fu inteso come l'essenziale possibilità di scomporre e ricomporre la realtà, restituendo-ne i conflitti in termini di idee, di cultura, di forma esteticamente raggiunta. E. concepì secondo un analogo principio dinamico anche il sonoro; e fu sostenitore dell'asincronismo, ovvero dell'applicazione non naturalistica ma creativa, non meccanicamente riproduttiva ma"inventata", del sonoro, come nuovo strumento espressivo. Nel 1931-32 il grande autore sovietico si recò al Messico, dove per conto di un produttore americano e con l'intermediazione dello scrittore Sinclair Lewis, girò molti metri di un film dal titolo jQue viva Mexico!, rimasto però incompiuto per una serie di dissensi con la produzione, dai quali E. fu oltremodo amareggiato e indotto ad abbandonare l'impresa. L'opera fu poi messa in circolazione in due montaggi"a posteriori": Thunder over Mexico, del tutto apocrifo, e Time in the Sun, questo curato da una collaboratrice di E., Marie Seton, che avrebbe in seguito scritto una interessante ed estremamente affettuosa biografia del regista. Nel 1934-37, di nuovo in patria, E. lavorò a Il prato di Bezhin, che neppure portò a termine: questa volta, l'amarezza gli venne dalla accuse di formalismo e individualismo che, nel clima politico ormai fattosi pesante, gli vennero rivolte. Nel 1938 realizzò Aleksandr Nevski, che volle essere (a somiglianza di quel che sarebbe stato l'Enrico V per gli inglesi) un contributo all'unità e alla solidità morale del popolo sovietico di fronte alla minaccia nazista, attraverso la rievocazione della guerra combattuta contro i Cavalieri Teutoni nel 1242. Dopo que Tretiakov Ascolta, Mosca. Il fervore degli anni immediatamente successivi alla rivoluzione trovò in E. un terreno straordinariamente fecondo: egli diventò l'alfiere della nuova produzione sovietica. Esordì dirigendo nel 1924 Sciopero, cui seguì nel 1925 uno dei film più famosi della storia del cinema, La corazzata Potemkin; nel 1927 realizzò Ottobre o I dieci giorni che sconvolsero il inondo e nel 1929 La linea generale o Il vecchio e il nuovo. Queste opere non nacquero soltanto in un clima storico-culturale di eccezionale slancio creativo e costruttivo, ma rispecchiarono anche le teorie che E. discepolo come Pudovkin di uno dei primi teorici del montaggio, Lev Kuleshov, andava elaborando. Il regista intese e sviluppò il concetto del montaggio come"base estetica del film", principio sostanzialmente condiviso ari-che da Pudovkin. Ma mentre in quest'ultimo prevaleva una concezione epica, tendente a considerare il montaggio come lo strumento tecnico-formale per il razionale collegamento delle immagini, in E. la concezione fu di natura dialettica, e il montaggio fu inteso come l'essenziale possibilità di scomporre e ricomporre la realtà, restituendo-ne i conflitti in termini di idee, di cultura, di forma esteticamente raggiunta. E. concepì secondo un analogo principio dinamico anche il sonoro; e fu sostenitore dell'asincronismo, ovvero dell'applicazione non naturalistica ma creativa, non meccanicamente riproduttiva ma inventata", del sonoro, come nuovo strumento espressivo. Nel 1931-32 il grande autore sovietico si recò al Messico, dove per conto di un produttore americano e con l'intermediazione dello scrittore Sinclair Lewis, girò molti metri di un film dal titolo jQue viva Mexico!, rimasto però incompiuto per una serie di dissensi con la produzione, dai quali E. fu oltremodo amareggiato e indotto ad abbandonare l'impresa. L'opera fu poi messa in circolazione in due montaggi"a posteriori": Thunder over Mexico, del tutto apocrifo, e Time in the Sun, questo curato da una collaboratrice di E., Marie Seton, che avrebbe in seguito scritto una interessante ed estremamente affettuosa biografia del regista. Nel 1934-37, di nuovo in patria, E. lavorò a Il prato di Bezhin, che neppure portò a termine: questa volta, l'amarezza gli venne dalla accuse di formalismo e individualismo che, nel clima politico ormai fattosi pesante, gli vennero rivolte. Nel 1938 realizzò Aleksandr Nevski, che volle essere (a somiglianza di quel che sarebbe stato l'Enrico V per gli inglesi) un contributo all'unità e alla solidità morale del popolo sovietico di fronte alla minaccia nazista, attraverso la rievocazione della guerra combattuta contro i Cavalieri Teutoni nel 1242. Dopo quest'opera appassionante, che si valse di una splendida partitura musicale di Prokofiev, E. pose mano all'opera più ambiziosa, monumentale e importante della sua carriera: quell'Ivan il terribile di cui realizzò oltre ventimila metri di materiale, sospendendo poi il lavoro dopo la presentazione pubblica della prima parte (gennaio 1945) per nuove accuse di formalismo e di travisamento della storia. In Ivan, lo zar autocrate, despota eppure così affascinante e degno d'amore, E. vide forse alcuni aspetti del complesso rapporto fra Stalin e il popolo russo. La seconda parte del film, concepito come una trilogia, fu La congiura dei boiardi: pubblicata parecchi anni dopo la morte del dittatore, durante il periodo kruscioviano, l'opera appare raggiungere, come e più della prima parte, altezze di una bellezza scespiriana. Fra l'altro, in due sequenze, E. si cimentò per la prima volta con il colore facendone un uso sorprendentemente e completamente creativo. La posizione di quest'autore, nella storia del cinema sovietico e mondiale, è quella di una vetta isolata. E. scrisse numerosi saggi teorici: uno ne dedicò alla figura di Charlot, ed è pubblicatò anche in Italia in La figura e l'arte di Charles Chaplin, Torino, 1949. The Film Sense, raccolta di osservazioni pratico-teoriche a volte discutibili ma sempre originali, uscì in italiano col titolo Tecnica del cinema, Torino, 1950.

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Dopo aver lavorato in teatro come sceneggiatore e regista, passò al cinema e diresse Sciopero (1924), primo film di una progettata serie di opere sulle lotte del proletariato prima della rivoluzione. Convinto che anche nel campo dell'estetica si dovesse applicare il principio del materialismo dialettico, Ejzenstejn teorizzò il montaggio come base del cinema, vedendo in esso la possibilità di assemblare una serie di materiali filmati così di colpire l'immaginazione dello spettatore. Riconobbe un'importanza limitata alla sceneggiatura, che fu sempre essenziale e minimale, dirigendo la propria attenzione verso lo sviluppo di un linguaggio specifico del cinema nella direzione di una «nuova forma materialistica e rivoluzionaria» del mezzo. Queste teorie trovarono la loro più compiuta espressione nei due film successivi, La corazzata Potèmkin (1925) che narra alcuni episodi della rivoluzione del 1905 e Ottobre (1927) che ricostruisce il periodo dal febbraio all'ottobre 1917. In questi film il montaggio è finalizzato a creare contrasti di situazioni in modo che da essi si evinca l'idea-forte che si desidera comunicare. La visione originale e anticonformista del grande regista gli inimicarono ben presto la burocrazia comunista che iniziò a guardarlo con sospetto e a effettuare interventi censori come avvenne in La linea generale (1929), un film sui problemi posti dalla rinascita dell'agricoltura con metodi rivoluzionari. Negli anni successivi Ejzenstejn si dedicò ai problemi del sonoro e iniziò un viaggio in Occidente con l'assistente Alexandrov e l'operatore Tissé. Fu in Francia e poi negli USA dove lavorò a molti progetti mai realizzati. Girò inoltre 70 mila metri di pellicola in vista di un film-epopea che doveva chiamarsi ;Qué viva Mexico!, colossale epos di una nazione, dagli aztechi a Pancho Villa. Questo vasto materiale frammentario fu montato in tre film Lampi sul Messico (1933) di Lesser, Lime in the Sun (1939) di M. Seton, che non trovarono il consenso del regista, e Studi per il film messicano di Ejzenitejn (1955) di Leyda. Tornato in patria, dovette rispondere ad accuse di formalismo, intellettualismo e occidentalismo in nome del realismo socialista. La sua attività subì un'interruzione e dovette rinunciare a molti progetti importanti(MMM, Il console negro, Il prato di Befin, tratto dalle Memorie di un cacciatore di Turgenev - delle cinque ore girate fu dìstribuito, nel 1955, un fotofilm di 25 minuti. Queste divergenze con la politica culturale del suo paese, lo portò a ricercare nuove strade alla sua creatività: dal proletariato l'attenzione si spostò alla radice nazional-popolare dello spirito russo. Ecco allora Alessandro Nevsky (1938) ricco di sperimentazioni sull'uso del bianco e nero e impreziosito dalla musica di Sergej Prokofiev. Le ultime opere Iran il terribile, (1944), La congiura dei Boiardi (1944-46) furono all'insegna della ricerca formale giocata tra sarcasmo e tragedia. Questi film facevano parte di una trilogia incompiuta sulla figura dello zar Ivan il Terribile, omologo di Stalin, che in effetti non gradì il lavoro e lo censurò pesantemente. Ejzenstejn ha lasciato una lunga serie di scritti raccolti in Forma e tecnica del film e Lezioni di regia che assegnano al grande regista anche un posto insostituibile nella teoria estetica.

FERNALDO DI GIAMMATTEO

Cinquant'anni di vita, un'affannosa ricerca di spazio per lavorare e ottenere consenso, una cultura sterminata, la conoscenza delle maggiori lingue europee e asiatiche: Ejzenštejn è tutto questo, prodigiosamente, ma è soprattutto uno dei padri del linguaggio e dell'arte cinematografica, regista e teorico insieme. Figlio di un architetto ebreo tedesco e di una madre russa, divisi da gravi dissapori, vive le esperienze del ragazzo borghese fino a che non scoppia (1917) la rivoluzione, che lo vede combattente nell'Armata rossa (il padre si schiera con i bianchi) e poi attivo nel teatro di avanguardia, persuaso che alla trasformazione della società debba corrispondere la trasformazione del linguaggio e della cultura. Lavora con Vsevolod Mejerchol'd al Teatro del Proletkul't, su posizioni di sinistra estrema. Elabora sulle scene quella teoria del «montaggio delle attrazioni» (l'arbitrarietà degli elementi narrativi messa al servizio di un significato unitario) che trasferirà nel cinema.

PIER PAOLO PASOLINI

Io sono probabilmente uno dei pochi intellettuali che non amano Eisenstein. So bene che egli ha un grande talento, e che la sua figura è forse, culturalmente, il vertice giganteg-giante del Formalismo russo. Ma considero le sue opere tutte mancate, eccettuato Lampi sul Messico perché non è stato lui a montarlo (e chi l'ha montato l'ha fatto in modo sublimemente convenzionale). La corazzata Potemkin è proprio un brutto film, dove il conformismo con cui sono visti i personaggi rivoluzionari è quello della più faziosa propaganda, ma senza il gusto formale dell'«affiche» (in questo, allora, era veramente grande Dziga Vertov). I marinai della Potemkin sono persone senza anima, senza corpo, senza sesso, che si muovono come burattini «positivi». Non basta aver ragione ed essere eroi per essere vivi. Eisenstein si libera da questo suo servilismo propagandistico solo nella famosa «sequenza della scalinata»: lì esplode il suo formalismo (oltre che nel senso storico del termine, anche in quello usuale), e la sequenza è indubbiamente bellissima: ma è proprio essa che mette in luce tutta la piatta e ricattatoria insincerità del resto del film (come la stupenda sequenza dei Cavalieri Teutoni mette in luce la filodrammaticità ridicola di tutto il resto dell'Aleksandr Nevskij, ecc.).

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