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Rassegna stampa di Liliana Cavani

Liliana Cavani è un'attrice italiana, regista, scrittrice, sceneggiatrice, musicista, è nata il 12 gennaio 1933 a Carpi (Italia). Liliana Cavani ha oggi 91 anni ed è del segno zodiacale Capricorno.

GIAN PIERO BRUNETTA

Le sue opere mostrano una coerente volontà di confrontarsi con grandi temi storici, religiosi, letterari, filosofici. Eclettica è portata a lasciarsi coinvolgere anche dalla dimensione ludica del suo lavoro, che ha una carriera piuttosto variata nelle intenzioni e nei risultati.
La Cavani si diploma al Centro Sperimentale ed esordisce come documentarista televisiva, realizzando, nei primi anni Sessanta, alcune inchieste e documentari (soprattutto una Storia del III Reich che, rispetto al livello medio dei documentari televisivi d'argomento storico, apparve come un avvenimento degno di memoria), prima di passare alla regia del primo lungometraggio a soggetto, Francesco d'Assisi (1966), prodotto dalla televisione.
Un po' figlio del Francesco rosselliniano, un po' del Cristo di Pasolini del Vangelo secondo Matfeo, il personaggio creato dalla Cavani (ottimamente interpretato da Lou Castel) ha dentro di sé una forza e una carica rivoluzionaria non inferiori a quelle del protagonista del film d'esordio di Bellocchio (non a caso interpretato dallo stesso attore). La regista dimostra (come saprà fare anche in seguito) di interpretare i suoi personaggi poggiando su solidi e aggiornati supporti bibliografici e su una esibita competenza professionale. La Cavani è una regista «trasgressiva» sul piano dei contenuti - particolarmente sensibile ai mutamenti dei venti culturali - che sul piano stilistico professionale rispetta le regole e tende a valorizzare gli effetti del montaggio, della fotografia, dei movimenti di macchina... L'impatto del film con la platea televisiva, culturalmente ancora piuttosto sonnolenta, è forte, e, come prevedibile, solleva polemiche da parte cattolica.

BARBARA PALOMBELLI

«Sono una persona libera, non inquadrata. Mi hanno affibbiato tutte le etichette possibili, forse sono soltanto una non agguantabile, non classifcabile. Mi hanno censurato e condannato, negli anni, tanto le destre legate a strane associazioni di famiglie cattoliche, quanto le sinistre ortodosse, i benpensanti del Pci che mi stroncavano sull’“Unità” o su “Paese Sera”. Adesso, fatico a riconoscermi in un leader. Ci vorrebbe un nuovo De Gasperi, ma non ha eredi, purtroppo. Basti pensare che lui poteva leggere e studiare tranquillamente in tre lingue: inglese, tedesco, francese. Ha in mente qualcuno di oggi capace anche soltanto di questo?»
Liliana Cavani abita da sempre in un appartamento in cima a un palazzo accanto al ministero della Marina, in una di quelle che i romani chiamano «le case degli ammiragli». Dopo il successo del De Gasperi televisivo, «che in principio nessuno voleva affidare a me, c’è voluto il coraggio della produttrice Claudia Mori per cominciare a girare senza che la Rai avesse firmato il contratto», si prepara a raccontare un altro grande personaggio: Albert Einstein. «In questo studio» racconta, «scrissi, in un pomeriggio, la storia del Portiere di notte, un film che scandalizzò e insieme affascinò il pubblico italiano e internazionale perché svelava che il nazismo, il male assoluto, è dentro di noi, è il nostro inconfessabile doppio».
I personaggi scelti da una regista irregolare sono, anche loro, scomodi e irregolari. Si va dal San Francesco del 1966, «girato per la Rai su suggerimento di Angelo Guglielmi, venne fuori un tipo hippy e pre-sessantottino; fu soltanto grazie a un prelato dell’Opus Dei, monsignor Angelicchio, se la Rai di allora lo mandò in onda. Ricordo che, dopo la proiezione, fu lui a dire: “Mi assumo la responsabilità della trasmissione”», al Nietzsche di Aldilà del bene e del male, in un’epoca in cui i libri del filosofo tedesco iniziavano a essere stampati dalla Adelphi, «finalmente, dopo decenni di oscurantismo di sinistra», dai nazisti del Terzo Reich alle donne contadine che liberarono l’Italia dal fascismo, «mostrando un impegno per la parità sessuale che allora sembrava imminente e che ancora non c’è... che dispersione di energie la mancata utilizzazione dei cervelli femminili». Dal Galileo censurato dalla Rai, «e poi oggi dicono che Ettore Bernabei fu un dirigente Rai coraggioso. Ma quale coraggio? Ebbe paura di mandare in onda il mio film su Galileo. Nel 1968 fu definito troppo anticlericale e venduto ad Angelo Rizzoli senior, il quale a sua volta sembra che lo ritirò dalle sale per fare un piacere a Giulio Andreotti. Non ho mai avuto il coraggio di chiedergli se quei piacere era stato chiesto davvero o fu offerto, chissà perché Galileo terrorizzava tanto, fu poi trasmesso in tutte le scuole cattoliche», fino a Milarepa e agli ultimi sceneggiati.

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La regista, testimone del sentimento e della cultura di un'epoca, compie 90 anni il 12 gennaio.
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